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LE RELAZIONI PERICOLOSE – regia Carmelo Rifici

"Le relazioni pericolose", regia Carmelo Rifici "Le relazioni pericolose", regia Carmelo Rifici

drammaturgia Carmelo Rifici, Livia Rossi
ricerca delle fonti Carmelo Rifici, Ugo Fiore, Livia Rossi
regia Carmelo Rifici
con (in ordine alfabetico) Flavio Capuzzo Dolcetta, Federica Furlani, Elena Ghiaurov, Monica Piseddu, Edoardo Ribatto, Livia Rossi
disegno sonoro Federica Furlani, impianto scenico Carmelo Rifici, Pierfranco Sofia
disegno luci Giulia Pastore, progetto visivo Daniele Spanò, costumi Margherita Platé
drammaturgia del corpo Alessandro Sciarroni
produzione LAC Lugano arte e cultura
Milano, Teatro Elfo Puccini, dal 28 Febbraio al 5 Marzo 2023

www.Sipario.it, 7 marzo 2023

Pierre Choderlos de Laclos e le sue Relazioni pericolose all’Elfo Puccini

Iniziamo, subito, a dire che l’aspetto più interessante de Le relazioni pericolose è il lavoro di rivisitazione drammaturgica del celebre romanzo epistolare di Perre-Ambroise-Francois Choderlos de Laclos.  Carmelo Rifici e Livia Rossi, anche interprete nello spettacolo, pur mantenendo la struttura sostanziale dell’opera, la contaminano attraverso un lavoro di ricerca di testi di filosofi e letterati. Artaud, Pier Paolo Pasolini, Friedrich Nietzsche, Simon Weil e Fedor Dostojevskij sono solo alcuni nomi fra questi. Ne risulta un arricchimento drammaturgico e un valore aggiunto del testo originale che, al di là dei personali gusti, ha il sapore fresco dell’innovazione. Un pregio. Poi c’è la storia; è quella che ritrae la nobiltà e l’alta borghesia francese alla vigilia della Rivoluzione: una società moralmente dissoluta e crudele alle soglie della propria fine. Il Visconte di Valmont è il protagonista al centro di un gioco di vanità e potere in cui lui come le altre pedine sono manovrate dalla passione amorosa. È questo sentimento, emozione o, forse meglio, in chiave più prosaica istinto, a lacerare i suoi “servi”. Un istinto che nella sua natura bestiale si confonde con la violenza dell’uomo alla ricerca di sopraffazione dei suoi simili. Il lupo nell’urna di vetro che a un certo punto vediamo in scena, richiama nettamente l’antica espressione latina di Plauto “homo homini lupus”, poi ripresa da Hobbes, per sottolineare questo aspetto. L’egoismo ci domina e ognuno di noi vuole “far fuoril’altro”: una battaglia ben esemplificata dal duello di scherma sul finire dello spettacolo. Come recita uno degli interpreti, è l’anima ad essere assoggettata al corpo e non viceversa. Messaggi che vengono “buttati in faccia” al pubblico con il loro peso, importanza e soprattutto verità, anche se sempre opinabile. Gli interpreti, bravi, su tutti Edoardo Ribatto con il suo Valmont, sono solo strumenti per far passare questi messaggi. La cornice scenica, scarna e statica è al servizio di questo passaggio. Una scelta registica, una staticità forse troppo estrema, contrapposta ai demoni dei personaggi, ai loro movimenti interiori, difficilmente dominabili ma maledettamente veri.

Andrea Pietrantoni   

Ultima modifica il Martedì, 14 Marzo 2023 22:29

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