di Bertolt Brecht, musiche originali di Hans-Dieter Hosalla, traduzione di Mario Carpitella
con Umberto Orsini, Nicola Bortolotti, Simone Francia, Olimpia Greco, Lino Guanciale, Diana Manea, Luca Micheletti, Michele Nani, Ivan Olivieri, Giorgio Sangati, Antonio Tintis
regia di Claudio Longhi, dramaturg Luca Micheletti, scene di Antal Csaba, costumi di Gianluca Sbicca, luci di Paolo Pollo Rodighiero, altre musiche di Fryderyk Chopin, Hanns Eisler, Friedrich Hollaender, Rudolf Nelson, John Ph. Sousa, Mischa Spoliansky, Johann Strauss figlio, Kurt Weil, fisarmonica e arrangiamenti Olimpia Greco
produzione: Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro di Roma
al Municipale di Piacenza, il 7 dicembre 2011
La svastica proiettata sul sipario inquieta un po' e chiarisce fin da subito il motivo di quella lontananza voluta da Brecht per leggere i meccanismi dell'ascesa di Hitler portandone la vicenda in una Chicago dominata dai gangster e dal cartello del cavolfiore, elaborazione ortofrutticola dei meccanismi stringenti del capitalismo. La resistibile ascesa di Arturo Ui, nella versione registica elaborata con grande incisività e ritmo da Carlo Longhi, percorre un altro passo di questa distanza temporale e sembra – ma è più di un'impressione e di una suggestione – chiedere alla realtà della nascita del Nazifascismo di farsi metafora, rappresentazione della contemporaneità, della crisi economica del '29 e di quella di oggi, della tentazione al totalitarismo che con l'ascesa hitleriana fu più di una tentazione. «Il referente è Hitler, un protagonista 'dinamico': in perpetuo moto pendolare dalla linea della storia a quella della rappresentazione, tra la strage e il discorso, la politica e la stampa che riforma i fatti», scrive Luca Micheletti- attore Premio Ubu proprio per il suo ruolo nell'Arturo Ui ma anche dramaturg - nel corposo e documentatissimo libro che accompagna lo spettacolo, un'appendice non ignorabile per capire questa divertita e intensa rilettura del testo brechtiano, una lettura che più brechtiana non si può ma che non rinuncia ad esprimere una sua funzione didattica rivolta al presente che viviamo. Il testo di Bertolt Brecht vive di questi continui e suggestivi scarti temporali. Carlo Longhi alza il velario brechtiano di quell'America chiamata a rappresentare la Germania nazista e questa a sua volta sembra dover fungere da monito ai giorni che stiamo vivendo, alle incognite di questo presente afflitto da una crisi economica senza eguali. Questo l'impianto di una messinscena semplice che si costruisce con la gestione modulare di casse da ortomercato che disegnano il profilo dei grattacieli, disegnano la città di Chicago, e gli ambienti in cui si muovono la violenza, la malavita che regola la città, i piccoli e grandi sotterfugi affiati a una banda di lestofanti in camicia bruna. Tutto ne La resistibile ascesa di Arturo Ui si richiama al Terzo Reich ed è impressionante Umberto Orsini - che si sdoppia nella figura dell'attore chiamato a insegnare ad Arturo Ui l'arte della seduzione retorica – nel suo prender le fattezze di Adolf Hitler. Orsini è Arturo Ui, maschera, è regista dell'ascesa al potere e presa di possesso del mercato del cavolfiore, ma ciò che si mostra agli spettatori è l'ascesa dell'imbianchino di Monaco a Fhurer. E se Orsini è Arturo Ui al suo fianco c'è una compagnia di giovani attori dalle incredibili e azzeccate doti recitative e canore. La resistibile ascesa di Arturo Ui è uno spettacolo che inchioda, un 'musical ante litteram' che parla all'intelligenza, che dice ed elabora un pensiero con la forza emozionante e contagiosa del teatro. Pur nella compattezza corale della compagnia – e senza nulla togliere agli altri - emerge con incredibile lividezza e istrionismo impeccabile Luca Micheletti, che canta, balla, recita con una presenza scenica che lascia esterrefatti, affiancato da un non meno convincente Lino Guanciale. La resistibile ascesa di Arturo Ui è uno spettacolo ben fatto, che tiene la tensione e diverte ma a cui manca quel pizzico, quello scarto che lo poteva rendere un capolavoro indimenticabile... Peccato.
Nicola Arrigoni