omaggio a Mejerchold
Scritto-diretto-interpretato da Sergio Basile
Catania, Sala Laudamo 26 e 27 marzo 2017
Quel mattacchione di Sergio Basile, attore-regista-drammaturgo napoletano, attivo da almeno trent'anni sulle scene italiane, stavolta s'è inventato un "falso d'autore" con Sincopi deliqui infarti e altri mancamenti, che nel contempo è con quel sottotitolo Cechov fa male, un omaggio a Mejerchol'd e una dedica a Vittorio Gassman alla cui bottega s'è formato come attore versatile in grado d'interpretare i personaggi più strampalati. Lo spettacolo scritto-diretto-interpretato da lui stesso nella Sala Laudamo di Messina in compagnia della giovane e attempata attrice Claudia Natale era inserito quale sesto appuntamento della rassegna Atto unico. Scene di vita, Vite di scena, della QA-QuasiAnonimaProduzioni. Il "falso d'autore", accennato prima, si riferisce ai due personaggi centrali della pièce, rispettivamente Varvara Ozolin e Serghiej Kozinkov le cui vite artistiche sono state completamente reinventate dal Basile, facendole rivivere accanto a personaggi notissimi dell'avanguardia teatrale sovietica della prima metà del Novecento, proponendo pure un video dal sapore antico, ad opera della Spartaco Ripa e Yuri Napoli, in cui appare il monumentale Tolstoi deceduto nella stazione di Astapov, la stessa cittadina a 250 miglia da Mosca dove è nata la Ozolin. Sulla scena di Mariano Ferreri con pochi arredi (un tavolo attorniato con una sfilza di pacchi siglati tutti col n. 557, una panca, una sedia e il ritratto di Stalin che scende giù dalla graticcia) la Natale veste con disinvoltura i panni della Ozolin, Basile quelli di Kozinkov, suo futuro marito, entrambi allevati e cresciuti alla scuola di Stanislavskij, di Majakovskij (di cui si udrà in quel video una sua lirica con la voce di Carmelo Bene) e dello stesso Mejerchol'd, inventore della biomeccanica che ispirerà più tardi il lavoro del Living Theater. Il plot è ambientato nel 1939 durante gli anni delle "purghe staliniane" allorquando la Ozolin e Kozinkov, sono convocati negli uffici del Glavrepertkom, (una struttura istituita da Stalin per il controllo dei lavori teatrali) per fornire lumi sullo spettacolo Sincopi deliqui infarti e altri mancamenti che vogliono rappresentare, ispirato a tre atti unici di Cechov (La domanda di mattrimonio, L'orso, L'anniverasario raggruppati col sottotitolo "33 svenimenti" perché tanti se ne individuano nei tre lavori) che Mejerchol'd, certamente odiato da Stalin, alcuni anni prima aveva messo in scena nel suo teatro di Mosca. Il tempo passa in quegli ostili uffici e la risposta sarà che la coppia di artisti non potrà fare lo spettacolo. A quanto pare Cechov fa male. Non può essere rappresentato. Il vero realismo lo ha inventato Cechov con i suoi vaudeville non Stalin. Non si può ridere sotto il suo regime. Il teatro diventa fatale come il Secondo libro della Poetica di Aristotele che tratta della commedia e del riso, vivificato da Eco ne Il nome della rosa. La repressione si fa sempre più violenta e Mejerchold è arrestato e torturato e con lui verrà pure imprigionato Kozinkov suo collaboratore. Qui Basile, mettendo al naso una palletta rossa, gioca un coup de theatre vestendo clownescamente i panni di colui che vorrà essere giustiziato al più presto per non dovere soffrire, pronto a confessare ai suoi aguzzini tutto ciò che vorranno sapere. Verrà accontentato, giustiziato e fucilato allo stesso modo del suo maestro Mejerchol'd, mentre la Ozolin andrà in America a fare l'attrice prendendo parte al film Ninotchka di Lubitsch accanto a Greta Garbo e ad altri film, morirà a Firenze nel 1982 e il suo corpo verrà sepolto nel cimitero di Los Angeles accanto alla tomba di Marilyn Monroe. Sergio Basile oltre ad avere realizzato uno spettacolo intelligente e fantasioso, i suoi personaggi, completamente reinventati, risultano verosimili e si integrano perfettamente con quelli veri e storicizzati nell'avanguardia sovietica degli anni '20 e '30 e si fa apprezzare per le musiche, non tanto quelle degli inni sovietici, ma per le canzoni in russo di Vladimir Semenovic Vysockij, come dire il De Andrè sovietico, una delle quali cantata nel finale da Eugenio Finardi e per il brano J'entends siffler le train di Richard Anthony.
Gigi Giacobbe