di Luigi Pirandello
regia Luca De Fusco
con Eros Pagni, Maria Basile Scarpetta, Gaia Aprea, Gianluca Musiu,
Silvia Biancalana, Maria Chiara Cossia, Angela Pagano, Paolo Serra,
Federica Sandrini,
Giacinto Palmarini, Sara Guardascione,
Alessandra Pacifico Griffini, Paolo Cresta, Enzo Turrin, Ivano Schiavi
e
con gli allievi della Scuola del Teatro Stabile di Napoli Alessandro Balletta, Dario Rea
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
luci Gigi Saccomandi
musiche Ran Bagno
video Alessandro Papa
movimenti coreografici Alessandra Panzavolta
Teatro Argentina di Roma 6-18 febbraio 2018
I sei personaggi in cerca d'autore per la regia di Luca De Fusco giungono al teatro Argentina di Roma. In questa edizione del capolavoro di Pirandello, non si riscontra alcunché di particolare nella messa in scena. Essa è dignitosa, ben fatta e garbata. Tuttavia manca di quell'impronta che fa riconoscere al pubblico l'interpretazione che l'autore dello spettacolo – il regista – dà dell'opera.
I personaggi alla ricerca di chi concluda la loro storia e la rappresenti, entrano in scena per mezzo di uno schermo cinematografico posto in fondo al palcoscenico. Quando iniziano ad interagire con l'incredula compagnia di attori che sta provando il Gioco delle parti di "un tal Luigi Pirandello", per distinguerli da questi ultimi si è deciso di illuminarli con una luce diafana, in modo da renderli presenze spettrali. A di là di questi due particolari, altre novità da menzionare non ve ne sono.
Incanta la prova d'attore di Eros Pagni nel ruolo del Padre. Dotato d'uno stile recitativo severo austero controllato ed equilibrato, è straordinario osservare come egli, dal momento del suo ingresso in scena, sappia tenere a bada il proprio personaggio, con un equilibrio mimico e vocale frutto della sua bravura e degli svariati anni di esperienza. Se la parte richiede un mutamento repentino di tono, Pagni lo realizza arrivandovi per gradi. Non vi è mai uno scatto improvviso ed immotivato. Ha fatto suo l'intento del "teatro nel teatro" pirandelliano: divenire personaggio per imparare a conoscerlo criticamente, in un andirivieni continuo ma mai fuori luogo da un'interpretazione tutta immedesimata ad una estraniata.
Questa caratteristica di Pagni, permette agli altri attori di ben armonizzarsi fra loro. Gaia Aprea, nel ruolo della Figliastra, è brava ma pecca di equilibrio. È troppo irretita dal suo personaggio, che interpreta con fulminei scatti d'umore ignorando ogni possibile sfumatura.
La severità ai limiti dell'impietoso, tratti tipici del migliore Pirandello, attraverso una regia poco caratterizzata ed un complessivo stile attoriale composto e quasi irrigidito, si stempera sino a diradare. Tant'è che nel finale, quando il Direttore-Capocomico (Paolo Serra) manda tutti al diavolo – attori e personaggi – perché più non distingue il limite fra il vero e il falso, tra vita e rappresentazione, invece d'essere il preludio d'una eventuale disperazione, assume gli aspetti d'una conclusione naturale, alla quale si giunge per via di logica.
Così facendo, pare che i personaggi non siano più messi in una stanza della tortura – per riprendere la magnifica metafora critica di Giovanni Macchia – e lì interrogati fino allo stremo.
Pur coi limiti che si sono riscontrati, questa versione dei Sei personaggi in cerca d'autore rivendica e conferma – a suo modo – ciò che Pirandello stesso insegna e ribadisce più volte. Ovvero: che le ragioni del teatro sono diverse da quelle del testo. Che le une siano più vere e le altre no, è questione che non interessa l'antica arte drammatica.
Pierluigi Pietricola