di Martin Crimp
traduzione Alessandra Serra
regia Jacopo Gassmann
con Lucrezia Guidone, Christian La Rosa, Olga Rossi e con, per la prima volta in scena Lea Lucioli
scene e costumi Gregorio Zurla
luci Gianni Staropoli
disegno sonoro Zeno Gabaglio
movimenti Sarah Silvagni
video Simone Pizzi
produzione LAC Lugano Arte e Cultura, Teatro Stabile del Veneto - Teatro Nazionale, Teatro dell’Elfo, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, TPE - Teatro Piemonte Europa partner di produzione Gruppo Ospedaliero Moncucco - Clinica Moncucco e Clinica Santa Chiara
Teatro Astra, Torino, martedì 19 marzo 2024
Se i commenti del pubblico sono da intendersi come misura del gradimento, su The city dell’inglese Martin Crimp si può immaginare un saggio di antropologia teatrale: penna tra le più̀ apprezzate e rappresentate della scena contemporanea, Crimp è tanto celebrato oltre Manica, quanto poco conosciuto in Italia, fautore di uno stile rappresentativo della realtà sociale ed umana in perenne bilico tra disillusione ed incanto. Scritto nel 2008, per l’occasione riletto dalla regia di Jacopo Gassmann, The city è il classico testo di una drammaturgia contemporanea attenta a non raccontare storie di facile comprensione, o peggio ancora a confortare il pubblico con risposte di comodo ad ansie ed inquietudini di interesse collettivo: semmai, nella narrazione di un uomo e tre donne, trovano spazio interrogativi e domande legate a interpretazioni della realtà anche scomode, fastidiose, secondo una modalità che spiazza e stordisce lo spettatore alla fine costretto ad interrogarsi e scrutarsi nel fondo del proprio ego. Drammaturgia stratificata che prende forma nella simbolica scena di Gregorio Zurla, tre interni dominati dal bianco che scavano la scena restringendosi ad imbuto, gironi infernali abitati da un’umanità “di crisi”, più che “in crisi”, vittima di una generale miopia che impedisce loro di vedere essi stessi prima che il prossimo: è così per Clair e Chris, coniugi e genitori allo sbaraglio prigionieri di egoismi, destinati ad allontanarli sempre più, ed inutilmente arroccati su piedistalli da cui ignorano il mondo loro circostante, educazione dei figli in primis. Ad intorbidire il tutto concorre Jenny, insofferente vicina di casa moglie di un medico di guerra la cui forzata lontananza è vissuta in maniera apatica e distaccata. Servendosi di una lingua smontata, e subito dopo ricostruita, Crimp provoca di continuo lo spettatore interrogandolo su di una possibile identificazione con i personaggi: quanto infatti sono distanti, ovvero simili, le crisi di oggi da quelle di una Clair e di un Chris che al dialogo preferiscono il monologo nel tentativo l’una di sovrastare l’altro? E quanto dietro al delirio di una coppia in apparenza come tante altre è possibile scorgere quell’indifferenza che così tanto abita le nostre coscienze? Domande cui The city non offre, ma può suggerire, risposte, a patto che quello spettatore prodigo in elogi o in critiche all’uscita dalla sala accetti di mettersi in gioco in un meccanismo che può coinvolgere tutti, uomini e donne, giovani e meno giovani, senza distinzione alcuna: contenitore teatrale ora enigmatico ora grottesco, dominato da un’atmosfera a tratti onirica, The city è diretto con rispetto da Jacopo Gassmann e ben interpretato da Christian La Rosa, Lucrezia Guidone, Olga Rossi, cui si aggiunge la prima volta in scena di Lea Lucioli, complessi ingranaggi di una macchina alimentata da nevrosi e manìe, da accessi di rabbia e reciproche derisioni, con gentili concessioni ad un grottesco dai contorni noir che porta a scambiarsi affilati coltelli come preziosi regali natalizi. Roberto Canavesi