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TRADIMENTI - regia Andrea Renzi

Tradimenti Tradimenti Regia Andrea Renzi

di Harold Pinter
traduzioni: Alessandra Serra
con Nicoletta Braschi, Tony Laudadio, Enrico Ianniello, Nicola Marchitiello
suono: Daghi Rondanini
luci: Pasquale Mari, scene e costumi: Lino Fiorito
regia: Andrea Renzi
Fondazione del Teatro Stabile diTorino/ OTC Onorevole Teatro Casertano Torino,
Teatro Carignano, dal 10 al 22 novembre 2009 (prima nazionale)

Corriere della Sera, 15 novembre 2009
Il Messaggero, 14 novembre 2009
Nicoletta Braschi tenera per Pinter

Ancora una volta Harold Pinter porta in primo piano una piccola storia per raccontare l' impossibilità di raccontare la vita. In «Tradimenti» del 1977 il classico triangolo amoroso, Emma, suo marito Robert e Jerry, l' amante di lei, diventa un' analisi cruda dell' incapacità di amare. E per evidenziare il vuoto di relazioni dove tutti tradiscono tutti, Pinter si serve di un viaggio a ritroso da un oggi stanco a uno ieri con qualche stupore: «istantanee» che dalla fine del rapporto risalgono il tempo scoprendo luoghi, sentimenti di un passato il cui futuro è noto. E la luce della memoria nello scorrere degli anni fa affiorare la banalità di un gioco vacuo dove i protagonisti sono di volta in volta carnefici e vittime. Una difficile, tortuosa partitura di sentimenti, dall' indifferenza, fasulla, alla passione, illusoria, scritta tra silenzi che assordano per urlo del «non detto», la tensione di dialoghi sul quotidiano che nascondono inesorabilmente menzogne e la viltà di un comodo conformismo che ottunde impedendo di vivere. Di tutto questo molto poco si ritrova in «Tradimenti» che con la regia di Andrea Renzi ha aperto la stagione dello Stabile di Torino, uno spettacolo che soffre di mancanza di tensioni e di scavo nei personaggi nessuno dei quali mostra la sua molteplicità di essere umano senza capacità d' amare persa in un avance di Jerry, in una ritrosia perbenista di Emma, in un compiacimento svagato di Robert. Tutti sono appiattiti su una cifra di stanca ovvietà. Le parole si mostrano scariche, semplici e non falsamente semplici, perché Pinter è al di là della parola. Su una pedana con due sedie e un tavolo tra schermi sui quali vengono proiettate fotografie dei vari ambienti gli attori fanno del loro meglio, Nicoletta Braschi è tenera nel disegnare un personaggio di dolce «gattamorta» mentre Tony Laudadio è un Robert ipocrita come il suo amico Jerry di Enrico Ianniello.

Magda Poli

Quante verità nei “Tradimenti”

Così va il mondo. Capita che un paio di amici, sposati, fra loro diversi, ma sinceramente solidali e cementati da una lunga frequentazione, finiscano per far l’amore con la stessa donna, la moglie di uno dei due. Capita anche che il tradito sia, a propria volta, un fedifrago inveterato. Capita infine che un bel giorno tutto venga allo scoperto e fra i tre poli del tradimento si instauri un meccanismo inarrestabile quanto misterioso: l’andare a ritroso nel tempo alla ricerca delle radici di pulsioni, azioni, sentimenti, abitudini, degenerazioni. Tradimenti (Betrayal, 1978) è uno dei testi-capolavoro di sir Harold Pinter, attore, drammaturgo e premio Nobel che ai “colleghi” ha lasciato terreni favolosi, campi fertili sui quali impiantare l’eterna ricerca, umana e disumana, chiamata teatro. Con la regia di Andrea Renzi e l’interpretazione di Nicoletta Braschi (Emma), Enrico Ianniello (Jerry) e Tony Laudadio (Robert) la pièce assurdo definirla brillante o funzionale ha inaugurato al “Carignano” di Torino la nuova stagione dello Stabile. Letta e rappresentata come un apologo del cervello da una regia analitica, meditativa ma capace di arrivare a una successione di sintesi chiarificatrici, trova appoggi clamorosi nell’ambiente creato dalle scene e dai costumi di Lino Fiorito. Usando la fotografia pittorica su pannelli sghembi, Fiorito accompagna o sbatte i personaggi dentro stanze mute, fissa i colori degli incontri in un esistere oggettivo, dà al percorso delle tre figure verso l’autocoscienza una patina più generale di quella psicanalitica, più individuale di quella filosofica. E veniamo agli attori. Renzi, anch’egli attore, deve averli seguiti con maieutica disponibilità, sezionando le loro elaborazioni fino alla migliore autopsia dei rispettivi personaggi. Abbiamo così una Braschi che disegna, di Emma, l’incolpevole doppiezza della donna sempre e comunque proiettata verso il sogno, dunque capace di forgiare la realtà con il maglio del sentimento (fors’anche del sentimentalismo) e delle piccole armonie quotidiane. Ianniello, Jerry che si specchia in sé stesso dapprima con interesse, quindi annegando gaudiosamente in una sorta di insuperabile tedio, sa diventare il maschio universale cui s’addicono il consumo, la lista, la fiera delle vanità. Laudadio, infine, punta sulla carnalità e sul rigore che la sottomette, e la incanala per dare al suo Robert, traditore incallito e cornuto solidale, la necessaria carica implosiva. Nel ruolo del cameriere, con precisione, Nicola Marchitiello. Bravi davvero. Luci sapienti di Pasquale Mari; suono di Daghi Rondanini.

Rita Sala

Ultima modifica il Lunedì, 23 Settembre 2013 06:53

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