da Euripide a Seneca
con Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti, Mariangeles Torres
Drammaturgia e Regia di MITIPRETESE e Luigi Saravo
Scenografo Emanuele (Lele) Silvestri, Oggetti ed elementi di scena Bruna Calvaresi, Costumi Annamaria Porcelli, Direttore Tecnico Mauro De Santis, Direttore di Palcoscenico Alberto Biondi
al XIII Festival del Teatro dei due Mari al Teatro greco di Tindari dal 28 maggio al 7 giugno 2013
Il suono sincopato delle tortore con i loro lunghi uuhhh-uh e quello delle sirene di navi in partenza, il primo casuale il secondo da piano registico, accompagnano verso sera il quartetto de Le Troiane che invadono all'inizio la cavea del Teatro greco, avvolta da un freddo vento di maestrale con in faccia un mare calmo e un cielo grigio, gonfio di foschia all'orizzonte, d'avere solo un'idea delle isole Eolie e della penisoletta di Milazzo.
Alvia Reale è un'Ecuba manicomiale dai capelli corti, tagliuzzati col coltello, con in dosso un lungo cappottone blu e risvolti rossi. Manuela Mandracchia è una Cassandra in delirio con lungo abito color avorio e un chador azzurro attorno alla testa da farla somigliare ad un'iraniana. Mariangeles Torres ha il volto di Andromaca, una mater dolorosa con un impermeabile militaresco sopra una lunga tunica chiara e Sandra Toffolati è un'Elena che sulla skené si presenterà in sottana con un filo di trucco, trafelata di corsa con una valigia in mano, presa subito dopo a colpi di pomodori allorquando agghindandosi con un abito blu-trasparente ( i costumi sono di Annamaria Porcelli, le musiche di Francesco Santalucia) è ritenuta colpevole d'una guerra (di Troia) durata dieci anni in cui sono morti uno per uno tutti gli uomini e gli eroi che contavano nelle loro vite. Momenti frenetici segnati dalla bella Elena che si difenderà a colpi d'accetta senza colpire nessuna delle tre troiane, adducendo a sua discolpa che è stata la dea Afrotide a combinare la tresca con Paride a sfavore del suo sposo Menelao .
La drammaturgia tratta dalle opere di Euripide e Seneca e la regia collettiva in stile post-modern di "Miti Pretese" ( cui evidentemente appartiene l'affiatato quartetto di attrici) assieme a Luigi Saravo, vuole subito chiarire la condizione vissuta da donne e bambini quando ogni guerra, passata e presente, è finita e sono i vincitori a dettare regole e leggi. Uno spettacolo tutto al femminile (concettualmente accostabile a quel Tombeau d'Achille di Thierry Salmon al Festival d'Avignone del 1988, tranche della versione definitiva delle Troiane andata in scena subito dopo a Gibellina, anche se lì le quasi trenta attrici avvolte da tulle bianco recitavano in greco antico, nella stessa lingua antica utilizzata dai protagonisti d'ambo i sessi del Cafè La Mama di New York, diretti da Andrej Serban in un'originale versione de Le Troiane nella sconsacrata chiesa di San Trovaso di Venezia, in un'edizione della Biennale-Teatro del 1975 diretta da Luca Ronconi) interpretato qui a Tindari da quattro validissime e compenetrate attrici che recitano e soffrono in italiano.
Invero nella prima edizione del 2001, il Teatro dei due Mari aveva proposto accanto ad un Edipo di Sofocle una versione de Le Troiane intimista, da camera quasi, simile a quella attuale in cui non c'è però l'ombra di presenze maschili. Evidentemente la crisi economica colpisce anche il teatro e bisogna ridurre i costi per fare d'ogni necessità virtù. Non c'è l'araldo Taltibio e non c'è più Polissena (figlia di Ecuba) che verrà uccisa sulla tomba d'Achille, né Astianatte (figlio di Andromaca) che perirà senza nessuna pietà per mano dei greci vincitori, ma c'è sua madre che salita su un paio di sedie poste su un tavolo, getterà sotto di sé il piumino appartenuto al figlioletto e c'è un'Ecuba, quasi fuori di testa, che ricomposte le ossa d'uno scheletro, vi si getterà addosso abbracciandoli.
E' uno spettacolo che può ben figurare in inverno nei teatri al chiuso, anche per la minimale scena di Lele Silvestri, composta da pochi arredi e un ampio e rettangolare pannello ligneo nel quale, una volta tolto un drappo nero, vi compariranno una sfilza di immagini fotografiche riproducenti il volto dei tanti morti ammazzati nelle guerre d'ogni tempo, che ci ricordano i desaparecidos argentini e cileni o quelli delle Torri gemelle newyorchesi. Sono tanti i momenti che fanno sobbalzare il pubblico, non quelle scolaresche che se ne stanno a frignare e parlucchiare per tutti i 70 minuti dello spettacolo, in particolare quando dei sassi rotondi vengono scagliati su un piccolo blocco di cemento, posto al centro della scena, creando dei suoni simili a colpi di bazooka. Una sintesi efficace, salutata alla fine da molti applausi, mentre le protagoniste con le valigie di cartone in mano si avviano verso le navi: Andromaca schiava di Pirro (figlio di Achille), Ecuba al seguito di Ulisse, Cassandra a quello di Agamennome ed Elena accolta dal suo sposo Meneleo che le risparmierà la vita.
Gigi Giacobbe