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VETRO DELLA CLESSIDRA (IL) - regia Paolo Valerio

Alessio Bono, "Il vetro della clessidra", regia Paolo Valerio. Foto Simone De Luca Alessio Bono, "Il vetro della clessidra", regia Paolo Valerio. Foto Simone De Luca

testi di Claudio Magris
regia Paolo Valerio
con Alessio Boni
al violoncello Chiara Trentin
produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Trieste, Politeama Rossetti, 4 ottobre 2024

www.Sipario.it, 6 ottobre 2024

Alla sabbia del Tempo urna la mano / era, clessidra il cor mio palpitante… echeggiano nella mente, per la vaga somiglianza del tema, i versi celebri di una poesia dannunziana dopo aver vissuto l’esperienza del progetto internazionale del Teatro Stabile del Friuli Venezia-Giulia dedicato alla drammaturgia di Claudio Magris. Lo spettacolo con Alessio Boni, che ha debuttato in italiano a Trieste, avrà il prossimo 17 ottobre anche un’edizione bilingue (completata dal tedesco dell’attore Peter Schorn) alla Literaturhaus di Francoforte in occasione della famosa Buchmesse. 

“Il vetro della clessidra” invera poeticamente sulla scena tre brevi scritti del famoso germanista, punto di riferimento per la comprensione di tanta letteratura mitteleuropea e, nel contempo, autore di una drammaturgia particolare, caratterizzata dalla ricerca, dalla speculazione ma anche densa di riferimenti culturali.

Le opere di Magris cui attinge la performance di Alessio Boni, per la regia di Paolo Valerio, costituiscono un viaggio nel tempo: la cornice diegetica (parte della raccolta “Tempo curvo a Krems”), abilmente rivissuta dall’attore, si compone dei racconti “Lezioni di musica” e “Il premio” dove regnano le emozioni contrastanti dei protagonisti, costretti con disincanto ad affrontare una situazione assurda in cui non si riconoscono. Al centro del percorso narrativo primeggia il monologo “Essere già stati”, teso a definire l’amara e leggera condizione del ritrovarsi ormai “esonerati dal servizio militare dell’esistere”, riflessione su tutto ciò che è già accaduto a una persona, quando ogni aspettativa è ormai alle spalle. L’ansia e l’ambizione del voler essere che rovina la quotidianità (perché “fuori, nella vita, piove sempre e il vento è tagliente”) è infine scemata, non può succedere più nulla.

Una prosa analitica, cristallina eppur evocativa, che riporta i significati più affascinanti della realtà, che riflette sui temi di un’umanità matura e sull’essenza del tempo. La scrittura di Claudio Magris prende vita in modo magico, improvviso. Ci avvolge subito con atmosfere d’altri tempi, con storie radicate nella Mitteleuropa e nell’”ebreitudine”. Riporta considerazioni irriverenti come disarmanti verità, episodi curiosi che trasudano malinconia. È intrisa di una nostalgia singolare, palpabile, che guarda indietro ai dettagli del passato, a ciò che è già stato e che sentiamo parte di noi, con sequenze descrittive che catturano la nostra immaginazione.

La voce di Boni è corposa, ammaliante, capace di funambolismi, intrigante per restituire tutta la nitidezza e la ricchezza della parola di Magris. Parola a cui il teatro rende un omaggio molto efficace, immersivo, potenziato anche dalle musiche dal vivo affidate al violoncello sofferto di Chiara Trentin e dalle videoproiezioni realizzate da Zunami Film Studio.

Elena Pousché

Ultima modifica il Mercoledì, 09 Ottobre 2024 12:36

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