di Amos Kamil
traduzione: Flavia Tolnay
regia: Alberto Oliva
con Gaetano Callegaro, Francesco Paolo
Milano, Teatro Litta, dal 11 al 30 maggio 2010
All' inizio del sottile e profondo testo dell' isreaeliano Amos Kamil «Il venditore di sigari», si ha l' impressione che il doktor Reiter e il venditore Gruber nella Berlino del secondo dopoguerra, siano il primo un ebreo scampato alla Shoah che ogni mattina tormenta un ex dell' esercito nazista per sapere come e da chi abbia avuto quel bel negozio prima appartenuto a un ebreo. Il dialogo è reticente, violento e la pazienza di Gruber sembra rassegnata. Ma la misura si colma e il venditore urla di essere anche lui ebreo. Siamo di fronte a due sopravvissuti per strade diverse: Doktor è scappato all' estero, Gruber è entrato nell' esercito mimetizzandosi. Raccontare impone analisi spietate di se stessi, e il sentimento che si staglia netto in questa messinscena, curata con attenzione, dal giovane Alberto Oliva, è quello della impossibilità di riuscire a vivere per chi è sopravvissuto qualunque sia stata la sua storia. Con bravura e intelligenza Francesco Paolo Cosenza affronta il suo Gruber dandogli toni di segreta sofferenza per un indicibile che deve essere detto. Di fronte a lui il Doktor di Gaetano Callegaro che sceglie nella politica il futuro, oppresso dal passato, dal senso di non aver fatto abbastanza, dalla difficile comprensione di che cosa significhi per lui essere ebreo al di là della «predefinizione nazista».
Magda Poli