di Italio Calvino
regia Luca Mazzone
con Vincenzo Costanzo, Silvia Scuderi e Giuseppe Vignieri
costumi Morena Fanny Raimondo
animazioni in stop-motion Valentina Lo Duca
paesaggi sonori Antonio Guida e Luca Mazzone
luci Fiorenza Dado e Gabriele Circo
per conto del Teatro Libero di Palermo
al Monte di Pietà di Messina, 12 settembre 2015
Sul fare degli anni '50 Italo Calvino è avvolto da una nebulosa squisitamente fantastica e fabulosa del reale, partorendo nel giro di poche stagioni Il visconte dimezzato (1952), Il barone rampante (1957) Il cavaliere inesistente (1959), una trilogia di curiosi personaggi riuniti poi sotto il titolo de I nostri antenati. A suo dire Calvino voleva scrivere una storia leggera per se stesso e per gli altri, convinto com'era, in accordo con Brecht, che la prima funzione sociale di un'opera teatrale era il divertimento, inventandosi dunque l'immagine di un uomo tagliato in due, dimezzato appunto, come può essere chiunque al tempo d'oggi, diviso in una sorta di "doppio" tra il bene e il male. Seguendo i suggerimenti dello stesso Calvino, Luca Mazzone per conto del Teatro Libero di Palermo mette in scena con successo nel barocco Monte di Pietà di Messina il fantastico romanzo di Calvino, utilizzando solo tre attori pigliatutto, due ragazzi (Vincenzo Costanzo e Giuseppe Viglieri) e una ragazza (Silvia Scuderi), che vestono i vari personaggi con i costumi grotteschi di Morena Fanny Raimondo, sui quali risaltano ruoli e nomi e avendo come supporto uno schermo dove far passare le immagini d'un video d'animazione ad opera di Valentino Lo Duca. E per meglio differenziare le due metà del visconte, la buona e la cattiva, Mazzone ha fatto imprimere sulle due maniche d'una camiciola gialla i due termini "destro" e "sinistro", in modo che il pubblico capisse subito i caratteri del visconte Medardo di Terralba, una sorta di Don Chisciotte col suo scudiero Curzio, diviso in due parti per via d'una palla di cannone scagliatagli in battaglia dal nemico esercito turco. Lo spettacolo di Mazzone ha i caratteri d'una divertente pantomima e in accordo con l'autore mantiene i risvolti d'una didascalica fiaba in cui l'uomo di oggi, quasi in accordo con l'Io diviso di Laing, si sente alienato, oscillando tra il bene e il male, celando spesso una personalità schizoide. La parte destra del visconte, quella cattiva, soprannominato "il Gramo", torna dalla guerra tutto ricucito dal ridicolo dottor Trelawney, e nel paese farà stragi d'ogni sorta: accuserà ingiustamente la vecchia balia Sebastiana di avere la lebbra scacciandola a Pratofungo, il paese dei lebbrosi, condannerà a morte numerosi cittadini per reati banali o inesistenti, opprimerà gli Ugonotti a causa della loro religione e tenterà più volte, senza successo, di uccidere suo nipote. S'innamorerà poi non ricambiato della contadinella Pamela, sino a quando alla fine, sopraggiungendo la metà sinistra del visconte, quella buona, dopo una serie di accadimenti le due metà per incanto si riuniranno e potranno convolare a nozze con la fanciulla. Le musiche ed effetti sonori erano di Antonio Guida e dello stesso Mazzone, le luci di Fiorenza Dado e Gabriele Circo.
Gigi Giacobbe