(ispirato a "La forza del carattere" di James Hillman)
di Nicola Russo
regia Nicola Russo
con Benedetta Barzini, Sara Borsarelli, Teresa Piergentili, Marco Quaglia, Agostino Tazzini, Guido Tonetti
scene e costumi Giovanni De Francesco
luci Cristian Zucaro
foto e grafica Liligutt Studio
organizzazione Isabella Saliceti
produzione Teatro Franco Parenti in collaborazione con Monstera
Milano, Teatro Franco Parenti dal 15 ottobre all'1 novembre 2015
Alla ricerca del tempo perduto, mai.
Affrontare il tema della vecchiaia e della sua accettazione è un'operazione difficile. Nicola Russo, regista e autore dello spettacolo, si lancia in questa sfida ispirandosi a "La forza del carattere" di James Hillman.
La scenografia è scarna: quattro sedie su un panno verde richiamano un non luogo dove si intrecciano le storie di quattro vecchi al tramonto della vita.
I quattro personaggi, interpretati da quattro attori âgées (Benedetta Barzini, Teresa Piergentili, Agostino Tazzini e Guido Tonetti), raccontano di sé, del loro presente, tra i denti che cadono e le ombre di un decadimento fisico sempre più invadente. La prospettiva di terminare la propria esistenza in un ospedale o in una clinica di cura è possibile. Nei ricordi si intravede una fuga piacevole, la salvezza. La luce sul palcoscenico si abbassa, le musiche celestiali segnano il sottile confine tra la vita e la morte, il racconto dei quattro vecchi, ora diventati bambini, si fa più intimo. Alle loro spalle, compaiono i fantasmi dei genitori, impersonificati da due giovani attori, Marco Quaglia e Sara Borsarelli. Riemergono i vecchi conflitti e le tenerezze accennate, come nel caso della madre, splendida nel suo tailleur blu. "Aprire le porte" della mente al passato, si rivela ben presto, però, una fuga illusoria. E allora, come unica cura, è meglio guardare il proprio viso, accettarsi, perchè come dice Hillman, "in un vecchio viso si rivela il carattere. La vecchiaia è la manifestazione suprema del carattere e in questo senso è la manifestazione piena dell'essenza". É significativa, in tal senso, la scena del cimitero in cui il fantasma della defunta sorprende i suoi due ex amanti, che sono venuti a trovarla, a dibattere su chi, veramente, lei fosse in vita. Loro faticano ad accettare, anche da morta, la sua contraddittoria personalità, lei, invece, rivendica l'onore di avere accolto pienamente il suo carattere. Durante lo spettacolo, i toni si fanno anche leggeri. Si strizza l'occhio alla comicità, quando, nelle battute finali dello spettacolo, in una rassegnata ma riappacificatrice accettazione della propria condizione esistenziale, uno dei vecchi chiede all'altro "quando te ne sarai andato cosa vorresti che dicesse la gente di te?" e l'altro "che me ne sono andato troppo presto".
Il pubblico sorride. Tuttavia, lo spettacolo fatica a prendere il volo. La drammaturgia non rende del tutto efficace il messaggio importante di Hilmann a cui si ispira. La relazione fra i personaggi è poco chiara. La regia non compensa le carenze. Le pause eccedono, frenando il ritmo e appesantendolo. Bravi i quattro attori âgées, in particolare Teresa Piergentili, per la capacità, facilitata anche dalla loro età, di interpretare i limiti fisici della vecchiaia. Nella scena finale, la dignitosa accettazione di sé stessi travalica la finzione. Gli attori calano la maschera, ci dicono chi sono e cosa hanno fatto nella vita. É chiaro. Hanno fatto pace con sé stessi, con chi sono diventati. Ci fanno intuire che hanno voglia di diventare, ancora. Non sono vecchi per niente.
Andrea Pietrantoni