di Marius Von Mayenburg
traduzione Clelia Notarbartolo
regia Giacomo Bisordi
con Fausto Cabra, Gianluigi Fogacci, Sara Borsarelli, Giuseppe Sartori, Anna Chiara Colombo, Francesco Giordano
e con la partecipazione di Manuela Kustermann
aiuto regia Paolo Costantini
luci e scene Marco Giusti
movimenti Marco Angelilli
scenografa collaboratrice Alessandra Solimene
video Paride Donatelli
suono Dario Felli
realizzazione scene Danilo Rosati
costumi a cura di Francesco Esposito
produzione La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello
con il contributo di NuovaImai
Roma, Teatro Vascello 7 marzo 2023
Il bambino è padre dell'uomo adulto.
(William Wordsworth)
Ci sono spettacoli che mettono genuinamente in imbarazzo l’umile recensore. Davanti alla pagina bianca, sarebbe facile cedere all’umana tentazione di non accettare compromessi linguistici, passando in rassegna l’ampia gamma dei termini estremamente lusinghieri offerti dalla lingua italiana. Farsi prendere dall’entusiasmo, superando le fragilità della messa in scena, è molto semplice. Ci sono, insomma, spettacoli che meritano un periodo di gestazione, una pausa di riflessione per epurare l’animo del critico dagli scarti del personale gradimento. Peng è uno di questi. Dal 7 al 12 marzo il Teatro Vascello di Roma - che ne sostiene anche la produzione - ha nuovamente accolto uno dei prodotti più originali nel panorama artistico nazionale.
Peng è il nome di una famiglia comune, in attesa della nascita del primogenito, il quale medita la sua ascesa politica dal grembo materno, promettendo di mettere a ferro a fuoco il mondo che lo accoglierà. Precoce nella sua abilità di assorbire gli stimoli esterni, dalle contraddizioni alle marce ipocrisie della modernità capitalizzata, come nutrienti della placenta, il piccolo Peng diventa il protagonista di un documentario di successo, un “Truman show” consapevolmente performato da tutti i membri della famiglia. Ogni momento della giornata è un’occasione di reclam e opportunità di profitto, seguendo le indicazioni del regista del documentario. Il piccolo Peng è l’unico membro della famiglia dotato di leadership, in grado di proporre soluzioni semplici a problemi complessi, dall’abuso domestico, alla compravendita delle armi.
Giacomo Bisordi si è misurato con il testo del drammaturgo tedesco Marius Von Mayenburg, pubblicato nel 2017 e messo in scena con una propria regia allo Schaubühne di Berlino. Dalla traduzione, affidata a Clelia Notarbartolo, è evidente il tentativo di ricontestualizzazione, ambientando il soggetto in Italia. Una sfida coraggiosa, ma, come si dice, audaces fortuna iuvat, perché applicando la visione di Mayenburg, per cui “il teatro dovrebbe essere un luogo in cui non sentirsi al sicuro”, e sfruttando l’universalità della metafora politica del drammaturgo, Bisordi riesce nell’impresa con risultati dirompenti. Il piccolo Ralf Peng, interpretato da un ineccepibile Fausto Cabra, è emblema di una nuova classe politica, cinica, nutrita a kefir, ipocrisia e volgarità. È un bambino nato con la camicia sporca di sangue. Anzi, la sporcizia per Bisordi diventa correlativo oggettivo della corruzione morale dilagante in casa Peng. L’intero allestimento, infatti, si pone al servizio della prospettiva di un bambino precoce, sì, ma ancora infantile, sia nell’espressione verbale che nell’elucubrazione. La scenografia, delimitata da una parete di nastri in PVC è una puerile scena del crimine. Ogni scusa è buona per sporcarsi e sporcare l’ambiente circostante, macchiarlo con i propri giochi perversi. Scena dopo scena, caos e sregolatezza trasformano il palco in un infernale reality show, un gioco di sopravvivenza senza regole, capriccioso, conturbante, rumoroso, psichedelico. Manuela Kustermann, direttrice del Teatro Vascello, ha scommesso in prima persona sul progetto. Apprezzabile è la sua partecipazione in alcuni esilaranti intermezzi pubblicitari di questo docu-spettacolo costantemente live. Bisordi, infatti, segue l’esempio registico di Von Mayenburg, ideando un sofisticato apparato tecnico, in grado di filmare e riprodurre su due schermi tutto quello che accade in scena, creando un disorientamento nauseante. Il pubblico, spettatore e testimone di violenze ben note, ha modo di confrontarsi dall’esterno con una realtà cui è assuefatto, dall’infodemia dei media a un cinismo generazionale. Il meccanismo creato da Bisordi sostiene perfettamente anche i colpi del nuovo cast, che non sembra rispondere puntualmente alle sfide di questo testo, perennemente in bilico tra una puerile frenesia borghese e l’ansia della fine, tra la speranza di aver toccato il fondo e la consapevolezza che, purtroppo, al peggio, e dunque anche a questa generazione di Peng, non c’è mai fine.
Serena Spanò