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ZIO VANJA - regia Leonardo Lidi

"Zio Vanja", regia Leonardo Lidi "Zio Vanja", regia Leonardo Lidi

di Anton Čechov
con Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Angela Malfitano, Francesca Mazza,
Mario Pirrello, Tino Rossi, Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna
regia Leonardo Lidi
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Aurora Damanti
suono Franco Visioli
Teatro Stabile dell’Umbria
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Spoleto Festival dei Due Mondi
Teatro Carignano (Torino) 21 – 26 novembre 2023 

www.Sipario.it, 29 novembre 2023

Una parete di legno di betulla: questo è tutto. Di nient’altro, nemmeno di un oggetto semplice come una lampada, o una sedia, si compone la scenografia di questo Zio Vanja (Anton Cechov), diretto da Leonardo Lidi per il Teatro Stabile di Torino (dal 21 al 26 novembre, Carignano). Eppure, su quella parete – così chiara, levigata e semplice – sembrano spiccare particolarmente i personaggi di questo dramma, nei loro cromatismi e sfumature; nei loro vestiti anni Settanta, fantasie geometriche e tinte accese; nelle loro parrucche gonfie e voluminose, a rappresentare (forse) la pesantezza di una vita fatta di limitazioni invalicabili, di errori che non si riescono a superare, di auto punizioni. Proprio i colori, nella regia di Lidi, si accendono, intendendo (ci sembra) esasperare i protagonisti, collocarli in un registro sguaiato e strillato che sta, esattamente, tra il tragico e il comico. Una luce senz’altro inedita sull’opera eterna del drammaturgo russo.

Cechov scrive nell’autunno del 1896 Djadja Vanja: da subito, il testo si impone come il racconto di individui schiacciati dall’apatia e dalla noia, dall’incapacità di vivere. Vanja è il volto dell’inerzia; Elena personifica il rimpianto, Sonja la rassegnazione. Ospiti nella tenuta di campagna di Vanja, i personaggi conducono qui le loro vite ininfluenti: appunto l’ininfluenza è tra i temi che Leonardo Lidi vuole enfatizzare nel capolavoro di Cechov, accendendo su di esso un faro abbagliante; su ciascuna delle singole storie, che bruciano incandescenti.

La famiglia di Vanja è sconfitta dai propri fantasmi, non fa che vivere (e rinfacciarsi) occasioni mancate, rinunce e rimpianti: e proprio quando i tempi sembrano, finalmente, maturi per una definitiva resa dei conti, si ricomincia da capo, si torna al punto di partenza, nel segno di quel sentimento che pervade l’intero dramma, ovvero l’inerzia. La remota provincia russa e l’enorme (insensatamente grande) dacia in decadenza rispecchiano l’immobilismo dei personaggi, che sguazzano nella noia e nel tormento per i propri fallimenti. 

Ma Vanja e i suoi ristagnano solo apparentemente: in realtà, l’energia e la forza impattante di questi personaggi universali (oltre il tempo) sta nella capacità di riflettere e rimandare le nostre stesse debolezze. 

Zio Vanja di Anton Cechov è la seconda tappa della trilogia – inaugurata lo scorso anno con Il gabbiano (si concluderà nel 2024 con Il giardino dei ciliegi) –, che il regista piacentino Leonardo Lidi, artista associato e vicedirettore della Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino, dedica al compositore russo. 

Giovanni Luca Montanino

Ultima modifica il Mercoledì, 29 Novembre 2023 19:19

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