Nella vita di Giorgio La Pira, spicca l'eccezionale personalità di un uomo ispirato dalla vocazione, votato alla pace e alla fratellanza, che seppe coniugare gli ideali del cattolicesimo con il valore di realizzazioni tangibili.
Nato nel 1904 a Pozzallo (RG), Giorgio La Pira vive un'autentica esperienza di conversione e nel 1926 si trasferisce a Firenze al seguito del professor Betti, per terminare i propri studi in giurisprudenza. Nel 1934 è nominato professore ordinario, e nel 1939 fonda la rivista "Principi" di ispirazione antifascista, che gli vale l'ostilità del regime fino al termine della Seconda Guerra Mondiale.
Con la nascita della Repubblica, La Pira è chiamato a prendere parte all'Assemblea Costituente, eletto deputato nel 1948 diviene sottosegretario al Ministero del Lavoro di Fanfani.
Il 6 luglio 1951 la città di Firenze lo sceglie come nuovo sindaco, e qui La Pira mette in opera il suo personalissimo, innovativo programma politico.
Nel 1953 la fabbrica del Pignone, una importantissima realtà industriale nella Firenze postbellica, rischia la chiusura per il disimpegno del proprietario e della destra vicina a Confindustria.
Giorgio La Pira si schiera nella protesta a fianco dei lavoratori e dei sindacati, e convince il presidente dell'ENI Enrico Mattei ad acquistare l'azienda: il Pignone è salvo.
Giorgio La Pira sembra conciliare i suoi ideali cristiani con la politica concreta, dedicandosi senza pregiudizi alla sfera sociale, tradizionalmente appannaggio della sinistra, cercando il dialogo con gli avversari politici. Per questo è considerato come un democristiano atipico, o addirittura viene deriso come un "pesce rosso nell'acquasantiera", ma la sua amministrazione illuminata ottiene importanti risultati, come la costruzione del quartiere popolare dell'Isolotto.
Il progetto di pace universale di La Pira trova attuazioni concrete nel "Convegno dei sindaci di tutto il mondo" organizzato a Firenze nel 1955, nel viaggio del 1959 a Mosca, dove parla davanti al Soviet supremo, nei negoziati pieni di speranze intrapresi per pacificare arabi ed israeliani, per convincere Stati Uniti e Vietnam del Nord all'armistizio.
Il 5 novembre 1977, Giorgio La Pira muore a Firenze e la sua gente lo saluta con affetto e una straordinaria partecipazione che mobilita tutta la città.
Giovanni Paolo II commentò la sua vita, definendola come una "straordinaria esperienza di uomo politico e di credente". Infatti una frase celebre e che ricordiamo tutt' oggi, di Giorgio la Pira, era "Oggi, se vuoi fare del bene, devi fare politica". Per lui dunque, la politica non era sinonimo di furbizia, compromesso o calcoli elettorali. Era passione e amore per la verità. Per un radicato senso di giustizia che pervade ogni attimo della vita. Politica come "il modo più efficace per aiutare il prossimo". Ecco la carità, ecco la misericordia.
Per lui la contemplazione e la preghiera non erano altro che strumenti posti da Dio nelle mani di un cristiano che poneva se stesso a sua volta nelle mani della collettività. Gli anni che La Pira dedicò allo studio e all'approfondimento devono, soprattutto per noi giovani, essere un esempio stimolante per una costante crescita culturale. La sua attenzione alla sfera sociale, alla politica concreta, al costante dialogo con gli avversari e con i sindaci di tutto il mondo fa dunque percepire l'esigenza di riforma del contesto politico attuale.
Nell' Italia contemporanea, che vive una crisi confusa dalla quale fatica a emergere un passo nuovo per la politica, la testimonianza di Giorgio La Pira è preziosa per ispirare il cammino, invitando a collocare sempre nella dimensione internazionale ogni progetto e a percorrere instancabilmente la via del dialogo per ricercare soluzioni concrete e nuove.
Per seguirla con frutto sono essenziali, però, tre doni di cui La Pira era ricco: una grande libertà interiore, una volontà tenace e disinteressata, una profonda umiltà. Doni che, detto con rammarico, oggi sembrano spesso nascosti.
"Cosa importa se c'è sempre una distanza tra l'ideale eterno e la sua realizzazione nel tempo?"