Francesco Nappa napoletano d'origine europeo d'adozione, coreografo, pittore, compositore di musica computerizzata, un artista poliedrico. Già apprezzato come danzatore, vanta un prestigioso curriculum come primo ballerino internazionale (dai "Ballets de Montecarlo" al "Royal Danish Ballet", al "Nederlands Dans Theater" di Kylián e ospite nei Roberto Bolle & friends). Dal 2005 intraprende la carriera di artista freelance, conducendo una personale ricerca nell'ambito della sperimentazione stilistica contemporanea che lo ha portato a firmare creazioni per alcune delle principali compagnie europee, tra cui il Teatro San Carlo di Napoli, Aterballetto, Mecklenburgisches Staatstheater, Les Ballets de Montecarlo, Opera di Roma, MaggioFiorentino, Theater Ulm, Ballet Junior Genève, Pfalztheater, Gauthier Dance Company, ecc. Nelle sue creazioni il pubblico ha potuto assaporare l'originale cifra stilistica di Nappa, caratterizzata da una fluidità nei movimenti, da un flusso continuo di energia e poesia. Il mare, sempre presente nel cuore di Nappa, segna la dinamica del suo movimento, un fluire ondoso che non finisce mai, che distorce i corpi in disarticolazioni contemporanee, li annoda in trame intricate, li piega in nuove forme di equilibrio.
Caro Francesco, per iniziare, vorrei che tu aprissi il libro dei ricordi, ripercorrendo la tua scoperta dell'arte della danza, dagli insegnamenti alle prime emozioni in palcoscenico... Come si è creata questa passione che poi si è trasformata in professione?
Più piccolo tra le mie sorelle, sbirciavo da una porta scorrevole di legno e guardavo attraverso lo specchio loro e gli altri fare la lezione di danza. In uno di quei pomeriggi mia mamma mi chiese se volessi provare anch'io, visto che oltre a sbirciare spesso combinavo guai, domandò dunque al Maestro Ricardo Nuñez - che al momento si trovava in sala - di poter constatare se fossi portato ed idoneo all'arte coreutica. In quel momento ebbe iniziò la mia storia d'amore con la danza che ancora oggi continua.
Cosa ricordi del tuo primo giorno in sala danza?
Ricordo bene l'odore della pece, la goccia di sudore che mi colava sulla tempia, la calzamaglia che mi stava un po' larga e mi scendeva e naturalmente la mia prima insegnante Alessandra Matarrelli.
Sei nato nella splendida Napoli, un tuo personale ricordo legato agli anni di formazione?
La scuola dove ho iniziato i miei primi studi di danza - una delle migliori a Napoli - è il "Lyceum" diretta da Mara Fusco la quale mi ha seguito fino al mio diploma dandomi la preziosa possibilità, anche se giovanissimo, di cominciare ad assaporare il piacere del palcoscenico. Ha creduto in me e già a quindici anni mi ha permesso di integrarmi presso la compagnia del "Balletto di Napoli" facendomi danzare al fianco dei professionisti. Durante questa esperienza ho avuto la fortuna ed il piacere di esibirmi in uno dei balletti di Ricardo Nuñez. La realtà del "Balletto di Napoli" in quegli anni era di alto livello e qualità, i ruoli principali venivano spesso interpretati da ospiti internazionali provenienti dalle più grandi compagnie europee, rammento l'ammirazione e la stima che provai nel condividere il palco con Manuel Legris étoile dell'Opéra di Parigi.
Poi grazie ad una borsa di studio sei andato all'estero e precisamente alla Scuola del "English National Ballet". Cosa ti ha spinto a lasciare l'Italia?
Avevo delle ambizioni che purtroppo ho dovuto cercare all'estero.
In seguito sei entrato a far parte della compagnia dei "Ballets de Monte Carlo", ricoprendo ruoli da solista e principal. Com'è avvenuto il tuo ingresso in un tempio prestigioso della danza internazionale?
L'esperienza a Napoli, seguita e accresciuta da quella a Londra, mi hanno dato una preparazione tale da ottenere il mio primo contratto, in età molto giovane, nella prestigiosa compagnia di Montecarlo, tant'è che fu mia madre a dover firmare il mio primo contratto. Da quel momento ebbe inizio la mia crescita artistica. Jean Christophe Maillot, tuttora direttore della compagnia, ha cominciato ad affidarmi ruoli principali promuovendomi presto primo ballerino e facendomi danzare al fianco di Paola Cantalupo e Bernice Coppieters étoile della compagnia. Ho ballato i primi ruoli delle sue creazioni e interpretato i capolavori del vasto repertorio della compagnia: da Balanchine a Forsythe, da Fokine a Neumeier, da Duato a Béjart, da Pierre Lacotte a Twyla Tharp, e molti altri.
Qual è, per esperienza diretta, il biglietto da visita del "Balletto Reale Danese" e del "Nederlands Dans Theater"?
In seguito agli anni a Montecarlo, la mia carriera mi ha portato ai balletti reali danesi dove ho approfondito il mio linguaggio classico danzando al fianco di ballerini come Ratmansky e Batalov. Dopodiché arrivò l'invidiabile esperienza al "Nederlands Dans Theater". In balìa di un vortice perpetuo di ispirazione e di stimoli. Il lavoro esponenzialmente multistilistico, con le varie identità coreografiche, mi ha permesso di maturare una nuova consapevolezza del mio corpo, sotto altri aspetti, altre possibilità, ponendomi alla scoperta di un movimento personale e ricercato.
Ad un certo punto sei passato dall'essere un danzatore al lavoro di coreografo. Per molti ballerini è uno sviluppo graduale e completo che avviene in modo del tutto naturale. Per te cosa ha significato e da dove è nata questa esigenza?
Il bagaglio di esperienze e conoscenze maturato negli anni come ballerino e come mezzo di espressione di tanti coreografi mi ha ampliato la necessità di creare e plasmare una realtà secondo le mie idee e la visione artistica, registica e coreografica. L'evoluzione stilistica del mio gesto nasce inizialmente da una ricerca personale, esplorando le varie stanze personali del movimento, spingendomi oltre i limiti.
Quando hai iniziato la tua carriera di esecutore sapevi già di voler diventare coreografo in seguito?
Per niente!
In assoluto qual è stato il tuo primo lavoro coreografico e dove è andato in scena?
"Our Bench" per la serata giovani coreografi al NDT. Una dichiarazione d'amore alla mia ragazza dell'epoca, con una panchina in scena che rappresentava l'incontro del nostro primo bacio.
Da dove trai ispirazione per le tue creazioni?
Cerco dentro me stesso, sono influenzato dalla natura circostante e dalla non natura che sta prendendo il sopravvento e che ci sta soffocando. Mi lascio ispirare da un'installazione in un museo, una musica, una poesia, un quadro e a volte semplicemente da una conversazione.
A tuo avviso quanto è importante la musica nelle tue coreografie, che valore dai ad essa durante la creazione e l'allestimento?
La coreografia e la musica nei miei balletti devono essere in simbiosi. L'una dialoga con l'altra.
Ogni coreografo ha un suo stile ben definito. Nel tuo caso come ti piacerebbe venisse definita l'impronta artistica di Francesco Nappa?
Amo descrivere il mio movimento come un fluire perpetuo che a tratti esplode con scatti di energia mai aggressivi ma potenti al tempo stesso. Una poesia raccontata senza parole.
Parlami di Jiří Kylián, dal tuo personale e privilegiato osservatorio?
L'occasione unica del poter lavorare con il grande Maestro e imparare da lui il rispetto per il ballerino e il valore della semplicità che diventa grandezza. Ho danzato molti dei suoi balletti e ho avuto l'onore di essere scelto per una delle sue creazioni mentre ero al NDT.
Oggi la tua seconda casa è la Costa Azzurra, come ti trovi sotto il profilo sociale, culturale ed artistico?
Un posto abbastanza strategico dove varie realtà come festival e compagnie di danza, eventi musicali e artistici coesistono e propongono sempre circostanze interessanti.
Qual è il balletto legato al grande repertorio classico che prediligi e perché?
"Romeo e Giulietta" per la battaglia in senso figurato dei due in nome dell'amore.
Dell'attuale scena contemporanea a chi rivolgi il tuo sguardo con più interesse?
A tutti... nessuno in particolare!
Che tipo di evoluzione ha avuto il tuo lavoro negli anni?
Da un'espressione di linearità ad un andamento dislocato e scomposto attraversato da un flusso costante di morbidi colori.
Attualmente qual è la maggiore qualità estetica che apprezzi applicata al movimento?
La contrapposizione tra precisione e libertà del movimento.
La tua danza si basa su un linguaggio libero da ogni tentativo di rappresentazione o tutto segue sempre un filo logico nella narrazione?
C'è sempre un filo conduttore e una drammaturgia di base.
Cosa hai apprezzato di Roberto Bolle durante la vostra collaborazione artistica?
Sono stato molto contento di aver fatto parte dei suoi "friends". Roberto Bolle è realmente una persone squisita e la sua determinazione è un esempio per tutti.
Quanto è fondamentale nel tuo lavoro saper ascoltare gli altri, relazionarsi con gli elementi e lo spazio?
Primordiale.
Quando ti occupi delle audizioni per la ricerca di danzatori per una creazione, cosa ti colpisce in un candidato/a?
La personalità, lo sguardo, il carattere e la relazione che ha con lo spazio.
Se ti capita di andare a teatro ad assistere ad uno spettacolo, cosa scegli?
Vado a vedere molti spettacoli e spero ogni volta di essere sorpreso e ispirato da qualcosa di nuovo e bello.
Cosa ti affascina, in senso lato, nel "teatro"?
Poter creare un qualcosa che prima non esisteva, vederlo respirare per quei pochi momenti prima di doverlo lasciar andare.
Nel tuo repertorio, il ruolo che hai prediletto?
Sono tanti a dire il vero ma di sicuro "Il figliuol prodigo" di Balanchine dove Frédéric Olivieri mi ha tramandato i suoi segreti, "Romeo e Giulietta" di Neumeier al "Royal Danish Ballet" e "Double You" un assolo che Kylián mi affidò e fece ballare al NDT.
Chi sono i veri "ricercatori della danza", oggi?
Me lo chiedo anch'io!
Quanto è importante ascoltare il proprio corpo al di là dell'estetica in un momento in cui la danza sfocia, spesso, nella ginnastica o nell'atletica?
La difficoltà forse è tirar fuori la danza attraverso l'estetica della ginnastica.
Nel ruolo di docente qual è l'aspetto che ti gratifica?
Il poter condividere il mio bagaglio di esperienze e la mia linea artistica.
Hai danzato in creazioni di Armitage, Brandsen, Cherkaoui, Duato, Forsythe, Godani, Kylian, Maillot, Naharin, Neumeier e molti altri. Tutti grandi nomi già entrati nella storia della danza. Come ti prepari ad un ruolo, non solo tecnicamente ma anche a livello interpretativo?
In primis cerco di capire il loro mondo, poi i caratteri più insiti del ruolo/parte dopodiché lo vivo rendendolo sincero.
Quanto c'è da scoprire ancora nel movimento e nelle potenzialità che il nostro corpo ci offre?
Non si smette mai di scoprire, le strade del corpo sono infinite.
Come si dovrebbe valutare in totale obiettività uno spettacolo di danza?
Soggetto, trattazione, emozione e lasciare un pensiero su cui rimuginare.
Il colore, il gusto, il sapore, il tatto e la luce che ruoli giocano nel tuo quotidiano che in qualche modo si riflettono poi nella professione?
Sono gli ingredienti delle mie ricette di vita a cui aggiungo sempre amore e passione.
Oltre alla danza nella tua vita c'è spazio anche per la pittura e la composizione musicale. Mi vuoi parlare di questi due aspetti e delle loro sfumature che catturano il tuo immaginario?
Sono in continuo movimento, amo la creatività e la manualità e il trasformare qualcosa in qualcos'altro dandogli nuova vita. Per questo il bisogno di dipingere, creare musica o fare sculture per poi esporle anche in gallerie d'arte.
In conclusione, caro Francesco, l'aver scelto da bambino il mondo dell'arte cosa ti ha regalato di più bello fino ad oggi?
Da piccolo volevo fare l'inventore. In un certo senso ci sono riuscito, il poter creare arte continua a far sognare il bambino che c'è in me, giorno dopo giorno!
Michele Olivieri