Attrice giovane di temperamento e di gran garbo, figlia d’arte, Lucia Lavia è in tournèe con lo spettacolo “Il costruttore Solness”, con protagonista Umberto Orsini e la regia di Alessandro Serra, ed è fresca anche di Menzione d’Onore al Premio Eleonora Duse come attrice giovane emergente. L’abbiamo incontrata in una pausa degli spostamenti da una città all’altra di questo viaggio teatrale bello e impegnativo, dove interpreta Hilde.
Quanto cambiano gli spettacoli a ogni replica, Lucia? Sono sempre viaggi diversi?
Quando nasce uno spettacolo è come una persona, ha un’anima, però come una persona evolve, cambia, quindi ogni sera è diverso, si’.
Come si è trovata a recitare con Alessandro Serra come regista?
Ha un grandissimo talento, secondo me è il numero uno sulle immagini, il movimento scenico e dei corpi, un regista che è sempre a contatto con lo spettacolo, tanto che viene spesso a vederci, modifica la sua opera.
Il suo personaggio, Hilde, è una prova importante per lei o una delle tappe della sua carriera?
Lavorare con Serra, fare Hilde per me è stato qualcosa di nuovo, perché nasco da un teatro di prosa classico, lavorando ad esempio molto a tavolino. Con lui è stato un cambio totale, un lavoro in cui si parte dal corpo, che mi ha aiutato a lavorare su corde diverse. Una tappa fondamentale perché mi rapporto a un ruolo molto difficile. E’ uno stimolo, uno studio ancora maggiore e una grande prova, molto importante.
Una nuova visione del teatro, dunque.
Assolutamente. Serra non fa regie, mette in scena delle sue opere, tutto nei suoi spettacoli sono sue decisioni. E’ molto interessante stare al servizio di un’opera così. Non è facile ma è molto bello. Sono felice di stare in un’operazione di grande qualità, perché il teatro italiano e il suo pubblico meritano questo.
Figlia di due grandi attori, lei recita ora accanto a un altro grande del palcoscenico, Umberto Orsini. Cosa si prova a lavorare e a stare a contatto con dei monumenti del teatro?
Sono molto orgogliosa di essere nata in una famiglia che a prescindere dall’essere figlia loro, stimo enormemente. A volte guardo i miei e penso che sono veramente tra i miei attori preferiti. Riguardo Orsini, è quasi un parente per me, mio padre lo considera un fratello. Sul lavoro è una macchina da guerra, per un attore o un’attrice lavorare con lui è un fatto, una grande responsabilità.
Oltre al teatro cosa ama di più Lucia Lavia?
Molto la lettura, i romanzi classici, la poesia. Amo anche le cose veramente più semplici della vita, noi facciamo una vita che ci porta sempre a spostarci, quindi quando non lavoro apprezzo la quotidianità. A volte ci sono dei periodi dove non si lavora, questo è fare l’attore, un lavoro super precario, ma lì apprezzo molto le piccole cose, uscire, bere un caffè, andare al mercato. Poi, non c’è una cosa che ami di più del teatro, che è veramente la mia vita.
Cosa occorre avere per fare questo mestiere?
Un grande rispetto prima di tutto, per quello che porti in scena, per il testo, il personaggio che stai interpretando, per il pubblico. E per il palcoscenico che stai calpestando in quel momento. Poi amore e dedizione, questo serve. E precisione, perché è un lavoro di grande precisione.
E’ possibile portare il teatro a essere ancora più popolare? A conquistare la gioventù ad esempio?
Non so se ho sempre fatto parte di spettacoli fortunati ma ho sempre visto teatri pieni, e pieni di giovani. Nell’ultimo periodo c’è stata una così grande crescita di tecnologia,social network che la gente ha voglia di un ritorno alla realtà, a uno spettacolo dal vivo. Quello che secondo me bisogna fare è cercare anche di fare spettacoli per le persone, cercare di andare incontro alla gente non con spettacoli iper impegnati che magari non si riescono a capire, come capita anche a noi del settore delle volte. Quindi, si’, è possibile allargare alla popolarità.
Che differenze vede tra i teatri delle grandi città e la provincia?
Il pubblico è sempre diverso di città in città, ed è veramente interessante a livello antropologico per noi cambiare luoghi, si capiscono le differenze. Qui magari si ride per una cosa e di là per un’altra. Ogni pubblico di ogni città ha un suo carattere.
Le interesserebbe anche fare del cinema? Ne è attratta?
Il cinema mi piace molto, spero di riuscire a lavorare con questo mezzo comunicativo che per me sarebbe nuovo, ho fatto solo una serie quando avevo sedici anni. Io penso che un attore lo è a trecentosessanta gradi. Ma non posso comunque prescindere dal teatro, è proprio il luogo dove voglio stare. L’importante però, in generale, è la passione, il cuore e l’onestà che metti nel tuo lavoro.
Francesco Bettin