venerdì, 08 novembre, 2024
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INTERVISTA a FRANCESCO GIAMBRONE - di Mario Mattia Giorgetti

Francesco Giambrone. Foto Rosellina Garbo Francesco Giambrone. Foto Rosellina Garbo

Il coronavirus vi ha sorpresi mentre eravate in prova con Coppélia, coreografia di Roland Petit ripresa da Luigi Bonino e il cui debutto era fissato il 31 marzo scorso. Immagino il grado di sofferenza che avrà sorpreso tutti. Come ha gestito questa interruzione? I ballerini in forza al Teatro Massimo beneficiano della cassa integrazione, hanno ricevuto altre garanzie oppure tutto si è sciolto a data da destinarsi? Il titolo rimarrà in cartellone alla fine della pandemia?
La pandemia e il lockdown ci hanno colti nel corso di una doppia produzione: un’opera, Nabucco, spettacolo che tra l’altro sarebbe dovuto andare anche in tournée in Giappone a giugno e un balletto, Coppélia. I ballerini di Coppélia sono stati posti in cassa integrazione. In una prima fase i contratti sono stati rescissi, alla fine di febbraio, quando non esisteva ancora la possibilità di metterli in cassa integrazione e, pertanto, in quel momento sono stati licenziati. Tuttavia dal momento che avevamo sentore che sarebbe arrivato uno strumento di tutela da parte del legislatore e sembrava possibile che quello strumento avrebbe avuto una retroattività, noi abbiamo pensato di applicare una rescissione del contratto vincolandola all'ipotesi che si potesse recuperare, nel caso in cui la legge lo avrebbe consentito, con lo strumento dell'ammortizzatore sociale in modo da tutelare questi lavoratori. Così è andata e, dunque, anche i nostri ballerini, che diversamente sarebbero stati stati licenziati, con questa accortezza sono stati tutelati e abbiamo garantito loro l'ammortizzatore sociale che è arrivato poi in marzo con valore retroattivo. In questa fase la nostra idea è quella di recuperare tutte le produzioni cancellate ma naturalmente bisognerà capire quando e come poiché al momento è chiaro che non sappiamo nulla. Pensi che proprio Nabucco era una nostra produzione con il Teatro Regio di Torino, è evidente che non possiamo aver prodotto uno spettacolo e non metterlo in scena più avanti. Vedremo quando e come recuperare anche Coppélia e gli altri spettacoli che via via sono saltati. Ci sono produzioni importanti, proprio in questi giorni salta anche Il Pirata di Bellini nell’edizione critica con un cast bellissimo che annovera, tra gli altri, anche Angela Meade, Celso Albelo e Vittorio Prato, è un vero peccato perdere produzioni così belle, le recupereremo, bisognerà capire quando.

Questo periodo di pausa forzata avrà sicuramente avuto dei costi di gestione. Chi si è fatto carico di questi costi? Il Ministero? La Regione? Il Comune? O la Fondazione Teatro Massimo?
Dal punto di vista del bilancio questa è una fase obiettivamente molto confusa poiché viviamo una situazione anomala che è quella della chiusura: alcuni costi vengono meno e altri si aggiungono, determinando una condizione di bilancio molto complessa che richiede sorveglianza e un alto livello di attenzione e monitoraggio. Lo Stato per il momento sta facendo la sua parte poiché, come sappiamo, con il nuovo decreto che arriverà nei prossimi giorni, il Ministro ha garantito la liquidazione dell'intera somma attesa del Fondo Unico dello Spettacolo indipendentemente dai criteri del punteggio di valutazione che erano in vigore nell'era pre-pandemia, quindi, nonostante non si potrà produrre, il Fus verrà erogato ugualmente. È una norma che il Ministro ha annunciato più volte e che entrerà in vigore con questo decreto, sarà evidentemente un impegno considerevole del Governo. In più come sappiamo esiste un Fondo di emergenza per la cultura che in questo momento ammonta a 130 milioni di euro e che riguarda tutto il mondo dello spettacolo, come pure il cinema, e che probabilmente verrà incrementato considerevolmente. È chiaro che lo Stato e il Ministro Franceschini stanno facendo la loro parte con un'attenzione che riguarda non solo le Fondazioni Liriche e i Teatri nazionali - ossia le grandi strutture del paese - ma anche la parte più fragile del mondo dello spettacolo e questa è una cosa che fa onore.

Fa onore ed è molto bella.
Sì è molto bella, il Ministro in questo momento sta mostrando una grande sensibilità, prima di tutto nei confronti dei più fragili, credo che sia giusto partire da chi non ha tutele e lo affermo dirigendo un'istituzione che è tra quelle più tutelate. Devo riconoscere che anche gli enti locali in questo momento, qui in Sicilia, stanno facendo la loro parte, sia la Regione che il Comune. È evidente che tutti gli enti, e soprattutto i comuni, si trovano in generale a fronteggiare una situazione di emergenza gravissima che ricade molto sulle loro spalle soprattutto con riferimento alle nuove povertà che la pandemia lascerà. Ciò che posso dire è che le istituzioni locali e il Comune in prima battuta nei confronti del Teatro Massimo sono sempre stati molto vicini e molto sensibili, il Comune di Palermo ha sempre investito moltissimo, il rapporto con il Sindaco è un rapporto di grande garanzia e tutela per noi. Il vero tema è che adesso con la riapertura che sembra finalmente vedersi all'orizzonte ci saranno nuovi costi da sostenere e che nessuno di noi avrebbe mai immaginato di dover affrontare: i costi legati alla sicurezza, alla sanificazione, ai dispositivi di protezione, costi rilevanti se pensiamo che, oltretutto, i ricavi non esistono più, non esistono più i ricavi della biglietteria, ormai quasi inesistente, e questo sarà così per molto tempo. Noi, ad esempio, avevamo una voce di ricavi molto importante che era determinata dalle visite guidate - quasi 1 milione l'anno di gettito - e naturalmente anche questo ricavo è venuto meno. Devo dire che temo molto la tenuta del bilancio 2021, anche più di quella del 2020. Andiamo quindi incontro ad almeno due anni di sofferenza e di grande criticità.

Come avete disciplinato gli abbonati alla stagione? Sono stati rimborsati oppure avete fatto ricorso ai voucher da utilizzare per la prossima stagione?
Questo aspetto è normato dalla legge, non è un'opzione per i teatri. È obbligatorio dare un voucher. Non è una scelta, la legge prevede che vada emesso un voucher con validità di un anno dall'emissione e, a breve, verrà estesa a diciotto mesi. Quindi anche noi daremo il voucher. Come lei sa, inoltre, è in atto un’iniziativa, per noi particolarmente pregiata, bella, commovente, emozionante nata da numerosi abbonati che hanno scelto di non richiedere il rimborso dei biglietti.

Ottima soluzione.
L’iniziativa è stata lanciata proprio dagli spettatori con l'hashtag #iononvoglioilrimborso: hanno scritto e hanno rinunciato al rimborso devolvendolo al teatro come forma di sostegno, è una bellissima manifestazione di affetto e di amore per il teatro, lo consideriamo come un vero atto di mecenatismo, infatti inseriremo i loro nomi in un albo apposito di sostenitori del teatro, pensi che sono centinaia.

Complimenti, un ottimo segno di stima.
Sì, di affetto, di fidelizzazione, di rapporto vero con gli abbonati: ciò che rende un teatro forte.

Può spiegarci qual è il contesto artistico della regione Sicilia? Chi sono gli artisti, i cantanti, i compositori, i direttori d’orchestra, i registi, gli scenografi e i costumisti sui quali potete contare qualora un protocollo ministeriale impedisse la circolazione da una regione all’altra?
In questa nuova situazione saremo spinti verso una dimensione di prossimità. Questo è anche comprensibile, non ci sarà turismo, non ci sarà possibilità di muoversi agevolmente con gli aerei. Noi in ogni caso siamo molto fortunati, in Sicilia perché abbiamo una ricchezza di artisti che sono residenti nella nostra regione e che assicura una dimensione di forza in più. Inoltre abbiamo orchestra, coro e corpo di ballo e quindi un patrimonio, un capitale umano interno che è formidabile. Questo è bene ribadirlo, poiché un teatro svolge la propria attività grazie ad un capitale umano che è formato dagli artisti interni e dagli artisti scritturati. Entrambi hanno un ruolo fondamentale, noi abbiamo dunque la nostra ricchezza che oltre ad orchestra, coro e corpo di ballo annovera anche tecnici, amministrativi e le formazioni dei bambini e il nostro direttore musicale Omer Meir Wellber. La nostra regione, inoltre, possiede numerosi talenti, importanti, internazionali, come per esempio Emma Dante e Roberto Andò per la regia, fra i cantanti potrei citare un’enorme quantità e mi dispiacerebbe lasciarne fuori qualcuno, ricordo Desirée Rancatore, Laura Giordano, Giorgio Misseri, Marianna Pizzolato, Nicola Alaimo, Enea Scala. E tanti, tanti, altri ancora.

E fra i compositori?
Fra i compositori abbiamo Giovanni Sollima, Marco Betta, anche in questo campo abbiamo l'imbarazzo della scelta. Aggiungo anche una nota scherzosa: come lei sa esiste un'opera di Rossini che si chiama Il viaggio a Reims, opera particolarmente impegnativa, ha una distribuzione di cast micidiale e non è mai stata rappresentata a Palermo. Pensi che prima dell'avvento del coronavirus volevamo inserirla in stagione con un cast tutto siciliano; così, quasi per giocare.
Ma questo è un gioco molto interessante e molto bello, la dimostrazione di quanto è ricca la regione.
Esattamente, ferma restando che comunque la bellezza di un cast sono anche gli artisti internazionali, questo è normale, è molto bello ma se per caso dovessimo, purtroppo, rimanere confinati nella nostra regione, non ci mancherebbero certo gli artisti.

Un'altra domanda che riguarda un po' il passato. Il Teatro Massimo quante giornate lavorative doveva rendicontare agli enti finanziatori in ogni stagione? E quante repliche di lirica, di balletto, di sinfonica? Quali erano i parametri a cui dovevate tendere?
Il mondo delle Fondazioni liriche non risponde a questo tipo di parametri, ossia giornate lavorative. Risponde a parametri che sono diversi, quantitativi e qualitativi, ma soprattutto quantitativi e che riguardano il numero di produzioni, ma non c'è un livello minimo da raggiungere. Ciò che le posso dire è che il Teatro Massimo annoverava circa 220-250 alzate di sipario tra sala grande e sale più piccole e che aveva circa 150.000 spettatori all’anno. Raggiungeva anche una percentuale di occupazione della sala dell’85%, consideri che eravamo partiti nel 2014 con il 56% ed eravamo arrivati nel 2019 con l'85% e il Teatro era aperto due giorni sì e uno no. Questo dà la dimensione numericamente molto consistente e significativa. È chiaro che tale paradigma fondato sui numeri, oggi non ha più alcun senso, poiché questi numeri non si possono più neanche immaginare e neppure conteggiare, quindi cambierà tutto ovviamente. In ogni caso, come le dicevo, il Ministro ha assunto la decisione, a mio parere molto corretta e onesta, di distribuire il FUS per il 2020 e il 2021 senza tenere conto di alcuno di questi parametri.

Rispetto al budget del teatro in percentuale quanto andrà adesso alle produzioni, alla promozione, allo stato organizzativo, come verrà distribuito questo budget? La promozione forse assumerà un valore maggiore rispetto a prima. Si tratterà di ricostruire i rapporti con il pubblico, con i giovani, ossia il nuovo pubblico.
Questa è una domanda molto complicata, ma è prematura, noi non sappiamo né quando si ripartirà né come si ripartirà. Se, per un determinato periodo, dovessero rimanere valide le regole che abbiamo letto di recente sui giornali seguendo anche il parere del comitato tecnico-scientifico del governo, dovremo prendere atto del fatto che l’opera lirica, intesa nella sua forma che conosciamo, non è compatibile con quei vincoli, non si potrà fare per come siamo abituati a farla, ed è per questa ragione che l'Opéra di Parigi e tanti altri teatri nel mondo hanno deciso di riprendere l'attività a partire dal mese di gennaio 2021. Dal momento che l'opera non si potrà fare, ci inventeremo qualcosa di diverso che possa soddisfare i criteri di sicurezza e che nello stesso tempo possa tenerci in vita. Su quale parte del budget andrà alla componente artistica non so dirle, non v'è dubbio che occorrerà un investimento promozionale notevole, su questo sono assolutamente d'accordo, servirà a ricostruire un rapporto di fiducia con il pubblico e servirà per veicolare di nuovo l'immagine corretta dei teatri come luoghi sicuri, luoghi dove non si rischia di ammalarsi, luoghi dove c'è la bellezza, le emozioni; quello che i teatri sono sempre stati. È evidente, infatti, che in questo momento la sensazione che si percepisce è che i teatri siano luoghi di pericolo. E questo è un grande problema.

Sì, la gente avrà paura.
Appunto, dovremo recuperare questa dimensione di fiducia con una campagna promozionale e anche con un'attenzione alle politiche dei prezzi, che naturalmente dovranno ridursi poiché è chiaro che non si può far finta di non capire che la società si è impoverita e quindi immagino politiche dei prezzi coerenti con questo impoverimento affinché i teatri svolgano un vero servizio pubblico e siano davvero, di nuovo, inclusivi. Un’altra parte di spesa del budget immagino vada indirizzata nella direzione dell'innovazione tecnologica e del digitale. Questo credo che sia importante, occorre approfittare di questa opportunità per pensare ad un investimento nell’innovazione dei nostri teatri che spesso sono un po' antiquati e ciò non potrà che aiutarci, in un momento successivo, anche da un punto di vista creativo.

Ha qualcosa da aggiungere rispetto a ciò che le nostre domande non hanno affrontato? Così iniziamo con un po' di promozione verso i giovani, verso il nuovo pubblico.
Noi abbiamo sempre inseguito il nuovo pubblico e lo abbiamo anche raggiunto, è stata una delle più grandi soddisfazioni e naturalmente su questa strada continueremo. Penso che questa terribile pandemia potrebbe cambiare molte cose. Non so dirle se in meglio o in peggio, questo è davvero prematuro dal momento che parliamo di avvenimenti che accadono mentre ne parliamo, chi può dirlo..

Siamo certi che un cambiamento ci sarà.
Esatto, ad esempio in riferimento agli artisti, come dicevamo prima forse per un determinato periodo dovremo per forza di cose guardarci intorno, qui a casa nostra, capire se siamo in grado di programmare utilizzando gli artisti “della casa”. Questo fa riflettere anche su un’altra cosa importante: nella nostra missione dovremo recuperare, se ci intendiamo veramente come un servizio pubblico, una dimensione di teatro di prossimità. Cosa vuol dire teatro di prossimità? Possiamo usare forse un altro termine che rende meglio il senso: un teatro di comunità. Se un teatro intercetta i bisogni della comunità nella quale opera, sino al punto da fare in modo che questa comunità si riconosca nel teatro allora esso ha svolto davvero la propria funzione. Questo per noi anche prima della pandemia era un obiettivo fondamentale, siamo andati nei quartieri e portato in scena le opere, ma preciso che non abbiamo portato le opere costruite al Teatro Massimo e inserite come un corpo estraneo all'interno di un quartiere. Abbiamo costruito le opere in quei contesti: siamo andati a Danisinni con L’Elisir d’amore di Donizetti che si chiamava, infatti, L’elisir di Danisinni dal momento che è stato costruito lì, con l’orchestra del Teatro Massimo ma con un coro amatoriale formato da gente di quel quartiere - e che ha continuato a incontrarsi una volta alla settimana con un maestro che si reca lì per provare altre opere -, abbiamo realizzato le scene con i nostri macchinisti insieme agli abitanti del luogo. Lei sa che tutto questo, il cui valore è ovviamente incalcolabile, non era possibile rendicontarlo poiché non rientrava in alcuno dei parametri di cui abbiamo parlato prima? Occorrerà cambiare questo paradigma e rendersi conto che queste attività sono per molti versi più importanti delle altre e hanno un valore non quantificabile ma inestimabile. Dobbiamo pensare a un teatro che non viene valutato solo per quei numeri di cui le ho parlato prima in maniera fiera, orgogliosa, come un grande risultato raggiunto. Ma se noi ci rendiamo conto che accanto a quel risultato, in ogni caso importante poiché i teatri devono essere ovviamente pieni e non vuoti, riveste una grande importanza il fatto che il teatro sia andato ad operare nei quartieri del disagio, dell'esclusione, della povertà educativa, nei territori a rischio di infiltrazione della mafia e non c’è più il problema di non potere trasformare queste attività in un riconoscimento da parte di chi mi finanzia, credo che si sia realizzata una cosa utile e importante.

Una cosa molto utile e molto umana che porta un valore laddove esiste desolazione.

Mario Mattia Giorgetti

Ultima modifica il Giovedì, 28 Maggio 2020 09:10

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