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(LONDRA). "Midnight Movie" di Eve Leigh, regia di Rachel Bagshaw. Il bosco digitale ed il lupo corporeo: nuovo tema e originale messinscena. -di Beatrice Tavecchio

Nadia Nadarajah in "Midnight Movie", regia Rachel Bagshaw . Foto Helen Murray Nadia Nadarajah in "Midnight Movie", regia Rachel Bagshaw . Foto Helen Murray

Il bosco digitale ed il lupo corporeo: nuovo tema e originale messinscena 
di Beatrice Tavecchio

Midnight Movie di Eve Leigh
Regia di Rachel Bagshaw
Con Nadia Nadarajah e Tom Penn
Royal Court Theatre, dal 27 novembre al 21 dicembre 2019

Ci sono spettacoli che un critico teatrale deve segnalare. Questo è un lavoro originale, inconsueto sia nella sostanza che nella forma, cioè nel contenuto e nella sua espressione visiva. Altamente efficace per il suo ritmo stringato e per la stretta connessione degli argomenti, splendidamente interpretato dai due attori.
Caratterizzato da una notevole indipendenza dalla tradizione o dall’esempio di altre scritture drammatiche, Midnight Movie parla del mondo digitale, dei computer, di chi li usa e di come li usa, dei pregi e dei pericoli dell’internet. Presenta questi temi seguendo un percorso discontinuo. Una serie di storie tronche di morti misteriose, di fantasmi, di miti esotici che si susseguono, narrate senza un collegamento logico, fino a rivelarsi al centro del lavoro messaggi elettronici scambiati da una disabile alle quattro del mattino, quando non riesce a dormire, col resto del mondo che come lei è sveglio e in rete. Da questo centro si dipana, esposta con straordinaria sincerità e volontà di farci partecipi, la visione dell’esistenza dal punto di vista del disabile. È un quadro dall’interno di cosa significhi materialmente, nel passato, nel presente, nel futuro, avere a che fare con un corpo in preda alla malattia, e di come il computer abbia il potere di dare un ‘corpo digitale’, una presenza materiale che sussiste dopo il presente, e che esisterà digitalmente nel futuro, per l’eternità; ‘un corpo digitale’ che va oltre il corpo malato, oltre il dolore, oltre le limitazioni corporali, che può andare in giro per il mondo, non solo con una, ma con qui due identità digitali. Le storie narrate prima, si mescolano ora a riferimenti di adescamenti sessuali, a giochi mortali di temerarietà, a provocazioni ed incitamenti ad azioni pericolose: rischiare di finire sotto un treno, tagliarsi, infierire sul proprio corpo per poter diventare qualcosa altro da quello che siamo.

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Eve Leigh quindi espone nella sua scrittura semplice ed essenziale le qualità entusiasmanti e positive che il computer offre ai disabili e non solo a loro, ma anche i rischi e i pericoli anche mortali a cui la rete ci espone. Appare l’immagine del bosco in cui Cappuccetto Rosso si addentra, il bosco digitale, e del Lupo, che come la malattia all’interno della casa/corpo, tutto divora. 

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L’attualità dei temi si sposa con la messinscena innovativa. Sempre partendo dall’esperienza del disabile e scritto per “chi ha un corpo inaffidabile”  -la regista Rachel Bagshow, la drammaturga Matilda Ibini e la scrittrice Eve Leigh “sono affette da condizioni che rendono loro difficile di andare fisicamente a teatro”- e in consonanza con il tema principale, i dialoghi sono scritti come al computer e proiettati come fossero sottotitoli sulle pareti della stanza da letto in cui è situata l’azione. Ma non linearmente. Le battute proiettate prendono corpo in diversi allineamenti in verticale o in orizzontale, a gradini, ora su una parete o porta ora sull’altra e in diverse dimensioni e caratteri, come a rappresentare anche l’emotività delle parole. In un certo senso funziona come un brano di poesia. Cosí che la scrittura digitale risulta attiva e partecipa al dialogo con gli attori. Di questi Nadia Nadarajah, che interpreta la disabile, è un personaggio muto e traduce le sue battute nel linguaggio dei segni. Pur avendo le mani occupate nel far questo, riesce a mimare col viso e col corpo passioni e frustrazioni con grande bravura. Tom Penn, l’attore che le fa da interlocutore e che rappresenta l’altro al computer e nel mondo, interpreta o i dialoghi di entrambi o  interpreta solo le proprie battute, lasciando agli spettatori il compito di leggere le parole della muta. Cosí che il dialogo sulla scena coinvolge anche lo spettatore, chiamato non solo a interpretare parole e segni degli attori, ma anche ad attivarsi e leggere come fosse lui stesso in rete.
Un esperimento teatrale quindi che riesce a unire le facoltà intellettive ed emotive che lo spettatore di solito usa per decifrare uno spettacolo- visive, acustiche, sensoriali, celebrali- con un’addizionale intensificazione delle sue capacità di lettura e comprensione.  Un altro passo avanti nell’attivazione dello spettatore a teatro.

Ultima modifica il Martedì, 10 Dicembre 2019 10:18

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