venerdì, 08 novembre, 2024
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LA MEDICINA DELL SPETTACOLO: QUANDO SCIENZA & ARTE FANNO L'AMORE! -a cura di Alessandra Borghese, logopedista

“Il foniatra e il logopedista stanno all’artista come l’allenatore sta all’atleta”. 
Cercando di interpretare questo semplice quanto curioso sillogismo, bisogna partire dal presupposto che il cantante e l’attore sono da considerarsi a tutti gli effetti, degli atleti della voce, e come tutti gli atleti, anche loro hanno bisogno di un allenatore e di un medico specialista. 

Ed è qui che nasce e si approfondisce il concetto di “Medicina dello spettacolo”, e cioè quando la scienza medica viene posta al servizio dell’arte.
Nell’ambito, in particolare, della gestione della recitazione e dell’esaltazione del canto, entrano in gioco competenze più complesse e specifiche che sono bagaglio diagnostico e terapeutico di medici foniatri e logopedisti, in collaborazione con l’intervento fondamentale e prezioso degli insegnanti di canto e di recitazione. 

Chiediamo all’esperto, al Prof. Alfonso Gianluca Gucciardo, medico foniatra, in che cosa consiste la Medicina dello Spettacolo
- “Partendo dal presupposto che ‘Medicina dello Spettacolo vuol dire Medicina della Bellezza’, tanti sono i servizi che possono essere offerti a un artista singolo o a una compagnia intera. Essi vanno da routinarie visite preventive cui sempre un artista dovrebbe sottoporsi, a più specifiche forme di assistenza sia tecnica sia etica. Lavoriamo per visitare gli allievi delle accademie di danza o di conservatorio; per gestire il panico da palcoscenico e lo stress; per assistere in camerino (quando richiesto) il canto o l’attore, lavorando anche sul riscaldamento vocale prima di entrare in scena; per la didattica, al fine di favorire la comprensione e l'applicazione dei principi dell'ergonomia dello strumento”. 

Quali sono i principali ambiti di intervento?
- “Come qualsiasi altro medico, ci occupiamo di prevenire, curare e riabilitare le persone; noi lo facciamo anche con gli attori, i cantanti, i circensi, i danzatori, i musicisti, gli artisti di strada, etc... Ci spendiamo a vari livelli e in vari contesti, spesso senza avere diretta visibilità; altre volte, invece, questa non manca ed è, come nel mio caso, finanche troppa. Lavoriamo non soltanto negli ambulatori ma anche proprio nei luoghi dove gli artisti si formano e vivono: per esempio, nei conservatori, nelle accademie, nei camerini di teatro, in TV. Siamo spesso in tuta e non necessariamente in camice. Studio, didattica e clinica per un medico dello spettacolo, in genere, sono del resto quasi inscindibili”. 


Lei parla di “medicina dello spettacolo” perché possono occuparsene solamente i medici?
- 
“Grazie. Questa domanda è cruciale. No. Anche se precisamente si chiama “medicina delle arti dello spettacolo vivente” (in Inglese nota come Performing Arts Medicine), non è soltanto “roba” per medici. Come sempre dovrebbe accadere in medicina, è soltanto un lavoro di équipe a sancire il risultato terapeutico ottimale. Sono 21 anni ormai che parlo di sostituire il concetto e la prassi della multidisciplinarietà con quelli dell'interdisciplinarietà. È un lavoro che dovrebbe vedere uniti medici, logopedisti, fisioterapisti e psicologi ma anche, non meno importanti, filosofi e pedagoghi delle arti stesse perché ciascuno ha un ruolo preciso e tutti insieme concorrono a comprendere l'artista sia da un punto di vista organico sia psichico”.

Oggi sono oramai numerosi i professionisti dello spettacolo che si affidano già da inizio carriera alla figura del foniatra e del logopedista. Ma attenzione: si parla di un tipo di Foniatria e di Logopedia High-Level! E per questo, si intendono anche logopedisti “artisticizzati”, e dunque non convenzionali, che coltivano l’arte della medicina dello spettacolo. Essi praticano e applicano un intervento educativo didattico che preveda un lavoro sulla postura, sul tono muscolare, sul tipo di respirazione, sulla didattica del canto e della recitazione stessa (emissione di vocalizzi, supporti muscolari, respiratori e posturali), tutte componenti integranti e, allo stesso modo, importanti, appartenenti al profilo individuale dell’artista. 

Saper cantare e saper recitare non costituiscono motivi sufficienti per attribuirsi il ruolo di buon maestro. L’esperienza “sul campo” ha il suo peso, ma essa stessa necessita di essere arricchita di conoscenze più ampie che possano rendere estremamente “versatile” un artista che voglia trasmettere l’arte ma anche la tecnica.

Ed è che qui che scienza e arte si incontrano e possono fondersi in modo efficace e prezioso, attraverso un percorso formativo e performativo comune (per fortuna già esistente!) tra figure mediche, artistiche e riabilitative. 

Alessandra Borghese, Logopedista.

Ultima modifica il Martedì, 19 Gennaio 2021 12:35

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