GUIDO FERRARINI LA SCOMPARSA DI UN IRRIDUCIBILE
Il teatro bolognese perde un importante protagonista della scena teatrale
Aveva da pochi giorni compiuto 82 anni ed è morto serenamente nel sonno. Così Guido Ferrarini uomo di teatro, attore e regista, fondatore e presidente Onorario del Centro Culturale Teatroaperto/Teatro Dehon di Bologna ci ha lasciati.
“Gli ho detto: cosa mi hai combinato – dice sua moglie Renata Fiorentini compagna di vita e di arte - te ne sei andato nel sonno perché sapevi che non potevo controllarti”. Il sodalizio tra la moglie e Guido Ferrarini è testimoniato dalla dedica che quest’ultimo le ha riservato nel suo ultimo libro “Volevo fare l’attore” (sottotitolo: un libro di memorie costruttive) edito da Paolo Emilio Persiani: “A mia moglie Renata senza la quale non sarei mai nato”.
Ferrarini veniva dal Teatro Sperimentale Città di Bologna e si unì al gruppo del GTV (Gruppo Teatrale viaggiante) formando con lo scrittore Loriano Macchiavelli, gli attori Paolo Bondioli e Luciano Manini quel gruppo indissolubile nell’arte e nella vita che Luciano Leonesi (parte fondante del gruppo) ben racconta nel suo ultimo libro “I Sullivan” edito da Pendragon.
Poi nel 1974 fondò la compagnia TeatroAperto mettendo in scena numerosi spettacoli di cui è stato autore, regista e attore. Ricordiamo “Duse, Duse… Duce, Duce” con Erio Masina e Nino Campisi “Fantomas” e “Uno, Due, op-là!”.
Ma uno dei personaggi e degli spettacoli che più ha amato rappresentare, anche per l'amore e l'entusiasmo che il pubblico ha sempre dimostrato, è "Il Cardinale Lambertini", opera teatrale di Alfredo Testoni, andato in scena sul palco di Piazza Maggiore nelle estati del 1990 e del 2003.
Nella sua lunga carriera ha avuto l'occasione di collaborare con i grandi del teatro contemporaneo, tra cui Fernando Arrabal e Giorgio Celli, e i due premi Nobel Samuel Beckett e Dario Fo.
Grande visionario ed inventore di tanti progetti culturali e produzioni teatrali ha lavorato, tra l’altro, con Jean Baudrillard, Cesare Garboli, Fernando Arrabal, Claudio Meldolesi, Giorgio Celli, Peter Brook e i due premi Nobel Samuel Beckett e Dario Fo.
Chi lo conosceva bene è stato Luciano Leonesi, 93 anni e regista di lungo corso. Guido Ferrarini ha praticamente iniziato con lui la sua avventura teatrale.
-Cosa è stata per te la morte di Guido Ferrarini?
“Una folgore. Mai avremmo messo in preventivo che Guido dovesse morire. Aveva passato tante di quelle avventure, superato tanti ostacoli ed era stato ferito parecchie volte, ma alla fine lo si vedeva sempre vincente, per il suo carattere, per il suo modo di essere e di affrontare i problemi della vita. Per noi era l’immortale. Siamo rimasti non dico male, ma un po’ delusi. Ce lo dovevamo aspettare perché una settimana prima del decesso la Renata ci aveva detto: ‘Guido oggi ha detto che è stanco’. Voleva dire che oramai non ne poteva più. Prendiamo allora atto della scomparsa di un irriducibile”.
-Il vostro teatro popolare da dove partiva?
“Negli anni ’70, appena usciti dall’esperienza del teatro di massa e del convegno sulla cultura popolare a Bologna, si evidenziarono alcune linee culturali di indirizzo che portarono alla costituzione del “Centro del teatro e dello spettacolo popolare” che doveva favorire e indirizzare le forze teatrali della città. Noi già facevamo questo lavoro e fummo avvantaggiati. Da lì partì l’esperienza di Guido che aveva un carattere visionario e di grande lucidità verso il futuro. Mai avrei pensato che lui fosse una persona colta, perché non lo dava a vedere nei suoi modi bruschi. Secondo me una entità che lo ha spinto e lo ha portato a livelli alti è stata la moglie Renata, una donna da tragedia greca, Una eroina che trovi negli scrittori del teatro greco come Omero. Con la Renata, Guido ha scoperto l’America”.
-Nel tuo libro “I Sullivan” (edizioni Pendragon) parli anche della straordinaria esperienza del “Cardinale Lambertini” e dell’allestimento al Teatro Dehon dello spettacolo di Dario Fo “Isabella, tre caravelle e un vacciaballe”
“ Il Cardinale Lambertini interpretato da Guido fu epocale. Uno spettacolo da record in Piazza Maggiore con diecimila persone a guardare e con la cordiale e affettuosa stretta di mano con l’altro cardinale, quello vero, quello che abitava in Arcivescovado che disse:” Se non ci si saluta tra colleghi”. L’allestimento dello spettacolo di Dario Fo fu un’altra memorabile impresa targata Ferrarini. Fo era molto amico e fu molto generoso. Venne alle prove, ci diede consigli e ci prestò scenografie e costumi originali. Era un grande affabulatore ma disse anche:’ Luciano Leonesi è il solo che riesca e farmi tacere per ascoltarlo’ ”.
-Ma Guido non avrebbe meritato un riconoscimento dalla sua città?
“Per tutto quello che ha fatto nella sua vita sicuramente si. E’ arrivato a fare un film quando ciò era impensabile, anche a dirigere un teatro e per un pelo non ha preso il Teatro Arena del Sole, ma Guido non sapeva trattare con i politici e le istituzioni e ha praticamente litigato con tutti. L’istituzione se l’è sempre caricata sullo “schioppo” e se ha avuto qualcosa è perché sono stati costretti a dargliela. Ma finche hanno potuto lo hanno ignorato”.
-Guido in forma ironica e sincera ti invidiava un po’, perché diceva: “Luciano non muore mai…”
“Per quanto volte sono stato sotto i ferri ho raggiunto un primato. Sono ormai arrivato a 93 anni, mi sono già passati avanti in tanti e non voglio fare nomi per non portare sfortuna, ma si assottigliano le fila. Tutte le volte che ci si incontrava io dicevo a Guido:’ Sto male’ e lui di rimando: ’Tu ci porti tutti alla buca”.
Con la scomparsa di Guido Ferrarini ora tutto è in mano al figlio Piero, Direttore Artistico del Teatro Dehon, che così saluta il padre: “Nella notte tra venerdì e sabato, con discrezione e consumato mestiere, è uscito di scena mio padre Guido Ferrarini. Sono sicuro che ha sorriso per l'ultima volta ripensando a quel pubblico a cui ha dedicato tutta la sua vita. Guido Ferrarini ha creduto sempre, fermamente, incrollabilmente, nel valore della Cultura e del Teatro. Se la scena oggi è un po' più vuota mio padre continuerà per sempre a vivere nel ricordo di quanti lo hanno visto recitare.”
Alcuni protagonisti del mondo dello spettacolo così lo ricordano su Facebook
Nino Campisi direttore del Teatro Navile: “Dolore e profonda tristezza. Lacrime. Per un padre nobile dell’arte teatrale. Per il capocomico, il regista, l’attore e l’interprete di Samuel Beckett, di Molière e di Testoni. Caro Guido, sento ancora sul mio viso la carezza del tuo Cardinale Lambertini. Come un figliuol prodigo in tutti questi anni ho sempre desiderato un ritorno nel seno della tua grande famiglia teatrale che tu hai saputo amare e sostenere con forza e determinazione. Con profonda gratitudine ti ricorderò sempre Guido”.
Franz Ciampi musicista: “Bologna perde uno dei suoi grandi prtoagonisti della scena culturale. Oggi siamo tutti più poveri noi guitti. Grazie per tutto quello che hai fatto per il Teatro e pera la scena bolognese. L’ultimo applauso te lo farà di persona il Cardinale Lambertini quando lo raggiungerai. Aggiungo il personale affetto e ringraziamento per la fiducia che mi hai dimostrato”.
Emanuela Grimalda attrice: “Il teatro Dehon, il teatro di chi con passione persegue i suoi ideali e obiettivi.
Paolo Scotti organizzatore teatrale e promotore di grandi eventi: “Guido era un gran personaggio indipendente, visionario, un matto come i migliori teatranti. Davvero dal cuore un grande abbraccio a Renata e Piero, all’indispensabile Tiziano e a tutta la famiglia del Teatro Dehon”.
Mario Mattia Giorgetti, attore e regista, direttore di “Sipario”: “Sono profondamente addolorato per la scomparsa di Guido. Mi ha dato tanto” .
Tanino De Rosa attore e regista: “Tanti anni fa ho lavorato per due anni con lui ne sono ancora onorato e grato. Ho di lui un ricordo caro di una persona verso di me sempre affettuosa e cordiale. Ricordo la mia partecipazione a quello straordinario Cardinale Lambertini uno spettacolo che girò molto con quindici repliche a Bologna tutte esaurite. Ho imparato molto da Guido che ricordo anche come persona umana e generosa. Ad una delle repliche del “Cardinale” agli applausi finali fermò il pubblico per annunciare la nascita di mia figlia”.
Ma lo piangono anche Nicola Bonazzi drammaturgo e regista del Teatro dell’Argine e Alessandra Cortesi, attrice e regista ,sua “figlioccia”, docente alla scuola Teatro Colli di Emanuele Montagna e anima del gruppo “Dopo…di Nuovo gli amici di Luca” che opera nella Casa dei Risvegli Luca De Nigris". Proprio con Gli amici di Luca Guido Ferrarini è stato molto generoso. Il Teatro Dehon è stata infatti anche la culla del teatro sociale che ha permesso di creare una rassegna “Diverse abilità in scena” che da oltre quindici anni permette l’espressività di chi altrimenti non avrebbe un luogo per dimostrare la propria esperienza e il proprio talento.
“ L’Importanza del teatro che porta avanti la Casa dei Risvegli. – diceva Guido Ferrarini - lo dimostra la Casa dei Risvegli stessa, loro hanno cercato il teatro e non è stato il contrario, perché lo trovavano molto utile nelle terapie curative rivolte alle persone uscite dal coma. Hanno scoperto un mondo che somiglia molto al nostro con lo stesso tipo di problematiche, più evidenti e più tragiche di quelle che portiamo avanti noi con cittadini normali ( se si possono definire tali) della città”.
Guido Ferrarini con la sua morte ha sorpreso un po’ tutti. Pochi forse sapevano che da un po’ di tempo era afflitto da problemi di salute, anche perché fino a pochi mesi fa era possibile vederlo in teatro attivo e lucido come sempre. Ci mancherà la sua presenza e la vicinanza testimoniata da una dedica: “A Fulvio un fulgido esempio di amicizia imperitura con lui ho attraversato infiniti spazi e straordinari silenzi”
Scherzando gli avevo detto di stare lontano dal palcoscenico perché sicuramente come Molière sarebbe morto lì. Invece ci ha voluto sorprendere lasciandoci improvvisamente e lasciando a noi la memoria e il patrimonio di una vita sorprendente.
Fulvio De Nigris