venerdì, 17 maggio, 2024
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Di scena il presente: i primi vent’anni del XXI secolo. Opere e voci del Teatro dentro la Storia di Rodolfo Sacchettini. -Nicola Arrigoni

Rodolfo Sacchettini. Foto Ilaria Costanzo Rodolfo Sacchettini. Foto Ilaria Costanzo

Storicizzare il presente è un’azione pericolosa e a forte rischio di smentita. È questo un rischio che Rodolfo Sacchettini si è voluto prendere con intelligenza e acume analitico firmando il volume, Il teatro dentro la Storia. Opere e voci dalle Torri Gemelle alla pandemia, pubblicato da Anthology Digital Publishing (pagine 166, euro 15). Ciò che si propone l’autore è una sorta di panoramica degli ultimi vent’anni di teatro, facendo parlare le opere e i protagonisti, facendo una scelta esemplare di spettacoli che secondo Sacchettini hanno rappresentato a tratti un crocevia di pensiero ed emozioni, in grado di offrire il teatro non solo come esperienza estetica, ma anche come strumento di pensiero sul presente. Prima di focalizzare l’attenzione analitica sui singoli allestimenti o dare voce – attraverso interviste approfondite – ad alcuni protagonisti della scena contemporanea, l’autore affida a una composita e articolata introduzione il disegno storico degli ultimi vent’anni di teatro: dal 2001 al 2023 in cerca di sentieri, chiavi di lettura o semplicemente di uno scenario storico/estetico all’interno del quale cercare di leggere le tendenze, i passi in avanti, le tentazioni di cristallizzazione di un teatro affamato di senso, di interrogativi, specchio del mondo e di sé stesso.

La scomparsa di personalità come Giorgio Strehler (1997), Vittorio Gassman (2000), Jerzy Grotowski, e poi Leo de Berardinis e Carmelo Bene (2002) segnano la fine di un secolo, l’addio al Novecento che coesiste con una straordinaria e in via di evoluzione rinascita teatrale che parte dai teatri Novanta per arrivare alla stagione della cosiddetta Romagna Felix, dal magistero di gruppi come la Societas Raffaello Sanzio, Teatro delle Albe, Teatro Valdoca, alla maturità di compagnie come Fanny & Alexander, Motus, Teatro Cladestino, Teatro degli Artefatti per arrivare a realtà come la compagnia Scimone e Sframeli, Costa Sud Occidentale di Emma Dante, Scena Verticale, Fortebraccio, piuttosto che Massimiliano Civica, Antonio Tagliarini e Daria Deflorian, Eleonora Danco e Ascanio Celestini. Ciò che mette in evidenza Sacchettini è come nei primi anni Duemila il «teatro di ricerca allarghi i suoi confini e includa una moltitudine di linguaggi differenti che possono spaziare dalle sperimentazioni più sofisticate sull’immagine visiva ai processi sul corpo e sull’attore propri del terzo teatro». In tutto ciò un ruolo di primo piano viene giocato dai festival, in primis il Festival di Santarcangelo, ma anche da realtà come Drodesera che si offrono come veri e propri luoghi deputati alla crescita delle nuove realtà della scena italiana, spazi di incontri e confronti, ma anche luoghi incubatori per le compagnie, è questo il caso di Dro. 

Sacchettini cop I

Sacchettini conduce un racconto degli ultimi vent’anni di teatro in cui cronaca e storia s’intrecciano. Il teatro impegnato a riflettere sul proprio linguaggio, la nascita di gruppi che cercano una loro identità e nell’essere gruppo trovano la propulsione creativa sono alcuni aspetti di un panorama vivacissimo e ricco di creatività che arriva almeno fino all’inizio degli anni Dieci. Senza farsi tentare da facili categorie, Sacchettini procede per blocchi, racconta delle emergenze dell’ultima generazione di teatranti, «la prima generazione cresciuta assieme alle televisioni private, la prima ad essere presumibilmente più povera dei propri genitori, la prima a vivere in diretta la rivoluzione digitale, la prima ad essere cresciuta dopo la caduta del Muro e perciò la fine della Guerra Fredda, la prima a passare la giovinezza negli anni del terrorismo internazionale, l’ultima generazione a fare esperienza del Novecento». Le nuove leve della scena di inizi anni Duemila sono una generazione che arriva al teatro in gruppo, che vuole essere autrice, regista, performer del proprio teatro. Anagoor, Babilonia Teatri. Santasagre, Fibre Parallele, Muta Imago, Teatro Soterraneo sono alcuni dei gruppi che emergono e raccontano di un teatro che s’interroga sul proprio linguaggio, che mette in scena e in gioco tutti i linguaggi espressivi. Corpo, video, parola e immagini coesistono in maniera paritetica.

Nel disegno storico, tracciato da Sacchettini, compagnie, gruppi, festival sono gli attori di una ricerca di senso del teatro, sono protagonisti di una necessità – a cominciare dagli anni Dieci – di interrogarsi sul rapporto col pubblico e con la realtà, in cerca di una partecipazione diretta e responsabile, in cui realtà e finzione sono due medaglie di una stessa faccia: il vivere nel qui ed ora del mondo e della scena. Sono questi gli anni dello spettatore, anni caratterizzati dalla necessità di esperire e chiedersi quale sia e come si rinnovi il meccanismo del teatro, quella convocazione laica che porta alcune persone ad accettare l’invito di assistere a uno spettacolo. E tutto ciò a fronte della pervasività dei nuovi device digitali, a fronte dell’esplodere dei social, a fronte di una gestione solipsistica della comunicazione e delle relazioni. A fronte di tutto questo si assiste – con la riforma dello spettacolo dal vivo – a una sorta di controriforma che porta a fare dei teatri nazionali e dei teatri di rilevante interesse culturale, i luoghi deputati, se non esclusivi della produzione teatrale, mettendo ai margini le realtà indipendenti. Si tratta di una sorta di controriforma che affida alle istituzioni la quasi esclusività del fare teatro: dalla formazione alla produzione. Laddove nei primi anni Duemila e fino all’inizio degli anni Dieci il fare gruppo era un modo per costruire un proprio modo di fare teatro, oggi l’ingresso per fare teatro è solipsistico, il singolo va in cerca della propria occasione per formarsi ed esprimersi, cercando di cogliere le opportunità offerte dalle attività formative istituzionali. In tutto questo a sparigliare le carte, a mettere in evidenza le falle del sistema ci pensa la pandemia, con la chiusura e la crisi di tanti gruppi e realtà indipendenti. La grande opportunità ma anche incognita del digitale nei tempi pandemici sembra una soluzione, si offre a dibattiti e polemiche. Ciò che fa Sacchettini è offrirci una cornice all’interno della quale poi legge spettacoli come Rooms dei Motus, il Progetto Ada di Fanny & Alexander, Hamlice della Compagnia della Fortezza o Overload di Teatro Sotterraneo, o ancora Il giardino dei ciliegi di Kepler 452. A questo racconto e alle opere si affiancano le voci di Chiara Guidi, Danio Manfredini, Alfonso Santagata, Giuliano Scabia che in interviste/conversazioni si raccontano e documentano il loro pensiero sul e per il teatro. Ciò che offre Il teatro dentro la Storia è una guida alle vie e trasformazioni di vent’anni di scena italiana, uno spaccato del nostro presente che si offre come documento e memoria condivisa e costruita su un’attenta e riflettuta esperienza diretta di artisti e spettacoli che hanno caratterizzato la scena nei primi vent’anni del XXI secolo. 

R. Sacchettini, Il teatro dentro la Storia, Opere e voci dalle Torri Gemelle alla pandemia, Anthology Digital Publishing, Prato, 2023, pp. 166, euro 15. 

Ultima modifica il Domenica, 26 Novembre 2023 12:03

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