E’ di recente uscito un libro di Eugenio Barba “Le mie vite nel Terzo Teatro. Differenza, mestiere, rivolta”, a cura di Lluís Masgrau, summa di tutti gli scritti e del pensiero di un regista che è molto più di un regista, dal momento che è uno dei pochi uomini di teatro del secondo ’900 che sia riuscito a trascendere l’ambito della propria pratica artistica per indagare i principi che determinano l’organismo spettacolo e la presenza dell’attore. Organismo è parola che traduce bene certe caratteristiche peculiari dello spettacolo teatrale in questa accezione: metafora biologica per dare un’immagine di qualcosa, lo spettacolo appunto, che si radica nel tempo e nella memoria, suscitato da biografia e bios, complessità e caos, nella convinzione alchemica che “contraria sunt complementa”, che nell’ossimoro alberghino vastissimi mondi. Ma non è questa l’occasione per parlare di un’opera che merita uno spazio a sé. Qui, a dispetto della funeraria tendenza odierna di dare agli eventi culturali il ritmo degli anniversari di chi è scomparso, si vuole scrivere di qualcuno che è vivo come non mai; e non è certo un’età anagrafica che può tener conto della vitalità culturale e della capacità ancora intatta di irradiazione di un’esperienza e di un gruppo di persone e di artisti. Nel 2024 compie infatti sessant’anni l’Odin Teatret, il gruppo fondato a Oslo nel 1964 da Eugenio Barba, poi trasferitosi nel 1966 in Danimarca.
Tebe al tempo della febbre gialla, Odin Teatret. Foto Francesco Galli
Irradiazione, si diceva, perché non solo la pratica e il pensiero di Barba e del suo gruppo hanno influenzato e influenzano una miriade di gruppi e di uomini di teatro, anche in Italia (a questo proposito, recentemente una rivista ha provato a dar conto di questa immensa tela di relazioni, ma pur attestandosi su quelle più evidenti, almeno secondo il proprio punto di vista, ne ha escluse altre. Come dire: l’emersione di nuove terre mette spesso in difficoltà i tentativi di mappatura), ma facendo talea di sé hanno dato vita a un’altra pianta nel sud Italia, a Lecce, dove a ottobre del 2023 è stato inaugurato un archivio vivente dedicato all’Odin Teatret, creato nell’ambito delle attività della Fondazione Barba-Varley, con quell’attenzione dedita e assoluta che il gruppo ha sempre mostrato di nutrire verso il proprio lavoro artistico. E in effetti si tratta meno di un archivio di soli documenti che di qualcosa di più vicino a uno spettacolo dell’Odin. Si chiama LAFLIS (Living Archive Floating Island), un itinerario installativo e interattivo ospitato alla Biblioteca Bernardini di Lecce, e vede ancora una volta il Salento arricchire il proprio tesoro artistico con l’eredità di due tra i maggiori uomini di teatro del secondo ’900, entrambi nati sotto quel sole: Carmelo Bene ed Eugenio Barba appunto.
Per l’occasione dei suoi 60 anni l’Odin non smentisce la propria vocazione disseminante e ha in programma una serie di appuntamenti sparsi per mezzo mondo: Messico, Danimarca, Norvegia, Uruguay, Grecia, Cina, Argentina, Brasile. Non mancherà l’Italia, ovviamente. Gli appuntamenti da segnare sono: 12-18 marzo, Milano, Teatro Menotti; 22-30 maggio, Roma, Teatro India-Teatro di Roma; 4-6 novembre, Lecce, Università, dove al Simposio sui 60 anni dell’Odin Teatret e del Terzo Teatro prenderanno parte, tra gli altri, Ariane Mnouchkine e gli attori del Théâtre du Soleil, altro grande e longevo collettivo teatrale.
Franco Acquaviva