“Caino e Abele, ultimo atto e Versi diversi”
Al Teatro Parenti di Milano è andato in scena il testo scritto, da Hott-Giorgetti, in versione di lettura. Sul palco lo stesso Giorgetti, è accompagnato da due giovani attori, Alessandro Sorrentino e Matteo Banfi che interpretano Caino e Abele. La lettura offre una struttura drammaturgica binaria, in cui da un lato vediamo il dialogo dei due fratelli che affrontano i temi umani più importanti al centro del loro difficile rapporto, dall’altro, le parole in forma poetica di Giorgetti, in una sorta di commento al suddetto dialogo. Sentiamo parole cariche di una tonalità emotiva in continua ascesa fino all’apice, rappresentato dalla gelosia, la vera chiave di lettura di quella vicenda umana, narrata dalla Bibbia e, ancora oggi, al centro di diverse interpretazioni. Caino ucciderà Abele e questo lo sappiamo già. Le domande che sorgono da questo finale tragico ci conducono lungo il terreno instabile delle riflessioni inerenti il tema del legame di sangue tra fratelli. È questo un sufficiente motivo per creare un rapporto pacifico e d’amore? O, occorre un lavoro in più, un’attività dell’anima, una cura, essenzialmente una volontà come ci insegna Erich Fromm nell’ arte di amare? E quali sono i fattori alla base di questo successo? Portare, oggi, in scena la tragedia di Caino e Abele è una scelta che potenzia questi interrogativi alla luce degli attuali e tragici fatti di cronaca all’interno del nucleo famigliare. Le risposte restano sospese, le interpretazioni psicologiche e sociologiche sono solo possibilità. Non mancano, tuttavia, i percorsi esistenziali che possono tenerci lontano dai sentimenti nefasti dell’anima. Autodeterminazione, libertà, rispetto, sono la cura preventiva dalle malattie dell’anima, come ci suggerisce il poeta Giorgetti, in questo testo apprezzabile per il suo sapore attuale.
Andrea Pietrantoni