Le troiane
di Euripide
Traduzione: Alessandro Grilli
Regia: Muriel Mayette-Holtz
Regista assistente: Mercedes Martini
Progetto scenico: Stefano Boeri
Costumi: Marcella Salvo
Musiche: Cyril Giroux
Disegno luci: Angelo Linzalata
Drammaturgo: Cristiano Leone
Assistente al progetto scenico: Anastasia Kucherova
Direttore del coro: Elena Polic Greco
Direttore di scena: Giuseppe Coniglio
Assistente volontario: Ginevra Di Marco
Interpreti: Massimo Cimaglia, Francesca Ciocchetti, Maddalena Crippa,
Elena Polic Greco, Clara Galante, Paolo Rossi, Marial Bajama Riva,
Elena Arvigo, Riccardo Scalia, Graziano Piazza, Viola Graziosi,
Fiammetta Poidomani, Doriana La Fauci
Accademia d'Arte del Dramma Antico sezione Scuola di Teatro "Giusto Monaco" e "Ferdinando Balestra"
Produzione: Inda di Siracusa 55° Edizione dal 10 maggio al 23 giugno 2019
Lì dove c'erano 25 mila litri d'acqua per la Elena di Euripide secondo Davide Livermore, diventando l'orchestra del Teatro greco di Siracusa quasi una marcita buona per piantarvi piantine di riso, adesso per Le Troiane, sempre di Euripide, con la regia dell'ex direttrice della Comedie Francaise Muriel Mayette-Holtz, lo scenografo Stefano Boeri l'ha popolata con un centinaio di nudi tronchi, la maggior parte tenuti ritti come missili su supporti ferrosi, provenienti dal Friuli in tempesta dell'autunno scorso. Una serie di colpi di cannoni all'inizio danno il via ad una delle tragedie più belle e sconsolate di Euripide che manifesta una profonda e commossa pietà per i vinti, condannando con cupo pessimismo ogni sorta di guerra buona solo a generare morte e orrore. I greci hanno conquistato con l'inganno Troia e le sciagure più profonde le patiscono le donne che diventeranno loro schiave. Appaiono sui due punti più alti della cavea, quasi dirimpettai, gli dei Poseidone (Massimo Cimaglia) e Atena (Francesca Ciocchetti): il primo ha costruito le mura di Troia e lamenta la rovina della città, la seconda pur tifando per i greci, si sente da loro offesa perché Cassandra, devota a lei, è stata strappata in malo modo dal suo tempio e per questo meritano di navigare in un mare in tempesta quando torneranno alle loro case. Al centro della tragedia c'è Ecuba, qui interpretata da una Maddalena Crippa dolente e tuttavia regale nel suo portamento, che maledice la guerra e in particolare Elena, sposa di Menelao, che l'ha provocata quando il figlio Paride gliel'ha sottratta portando scompiglio a Troia, senza sapere la povera donna che Elena è solo un clone, un fantasma di quella vera. L'arrivo dell'odioso Taltibio di Paolo Rossi, completamente decontestualizzato per via dei suoi accenti milanesi, eseguirà gli ordini dei greci vincitori, annunziando che ogni troiana avrà un proprio padrone. Sulla scena si respira un'aria pesante da post terremoto e il coro delle 43 prigioniere troiane appaiono con le facce e i vestiti imbrattati di calce, come sbucati fuori dalla classe morta di Kantor o da un bombardamento subito in un qualunque luogo della terra. La vergine profetessa Cassandra (Marial Bajma Riva) sarà la schiava e concubina di Agamennone, che ad un tratto, sbucando fuori da un chiarore simile ad un incendio, coperta solo da una lunga camicia bianca, si muoverà in mezzo a quei tronchi e pure fra il pubblico della cavea a passi d'una danza sfrenata, celebrando tra disperazione e furore di gioia le nozze da cui sarà violato il suo corpo, cantando per sé l'imeneo, il canto di morte e nel suo profetico delirio profetizzerà le sventure dei greci, compresa l'orrenda fine che farà Agamennone e la stirpe degli Atridi. Polissena verrà sacrificata sulla tomba di Achille, Andromaca (Elena Arvigo) andrà con Pirro e la vecchia Ecuba sarà schiava di Ulisse. Segue il tremendo episodio dell'uccisione di Astianatte (Riccardo Scalia) che verrà fatto precipitare da un'alta rupe, la disperazione della madre Andromaca che non può capovolgere l'ordine emanato da Ulisse, cui fa seguito quell'altro episodio che coinvolge Elena (Viola Graziosi) e il marito Menelao (Graziano Piazza) che è venuto per riprendersela col proposito di ricondurla con sé in Grecia e punirla per averlo tradito. A Menelao gli dà man forte la stessa Ecuba dicendogli di non trattenersi con lei per non ricadere nella trappola del fuggito amore e mentre Elena cerca di discolparsi spiegando al marito che la colpa di tutto è della dea Afrotide, Ecuba nega con sarcasmo ogni coinvolgimento divino, accusando la fedifraga d'avere un animo avido, rapace e insensibile. Insomma finisce che Menelao risparmierà la vita di colei che forse ama ancora. Straziante infine l'episodio che vede ancora Taltibio quando depone il corpicino di Astianatte al centro della scena, esprimendo l'Ecuba di Maddalena Crippa tutto il dolore che può provare una nonna nel ricordare la bellezza e la somiglianza col suo Ettore, ripensando ai dialoghi infantili e biasimando tutte le speranze morte con lui. Infine dopo che il corpicino del bimbo verrà posto sullo scudo appartenuto al padre, le troiane si toglieranno i vestiti che verranno deposti accanto alla piccola salma e resteranno tutte in una sottoveste rossa e si vedranno in fondo alla scena divampare dei fuochi che sanciscono tra il fumo e le fiamme il crollo definitivo di Troia. Spettacolo corretto, molto applaudito alla fine ma che non mi ha emozionato, lontano invero da quelle Troiane di Thierry Salmon di 30 anni fa nel cimitero di Avignone, replicato pure fra i ruderi di Gibellina, con un cast di 30 donne avvolte da bende e fasce bianche che si esprimevano in greco antico e che ancora oggi mi risuonano alle orecchie i loro canti salmodianti.
Gigi Giacobbe