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SÜDTIROLFESTIVAL MERAN-MERANO 2019: Ion Marin direttore, Olli Mustonen pianoforte. -di Federica Fanizza

Ion Marin direttore, Olli Mustonen pianoforte Ion Marin direttore, Olli Mustonen pianoforte

Merano, Kursaal, 12 settembre 2019, 
SüdtirolFestival Meran-Merano
St.Petersburg Philarmonic Orchestra
Ion Marin direttore
Olli Mustonen pianoforte

Pëtr Il'ič Čajkovskij, Concerto per pianoforte e orchestra n.1 in si bemolle minore Op. 23
Antonín Dvořák, Sinfonia n. 9 in mi minore Op. 95 "Dal Nuovo Mondo"

In questo tour che ha portato l'orchestra russa in Italia, dapprima a Verona, Merano poi a Milano, Torino, e poi a Lugano, Bucarest e Parigi in un vorticoso giro di programmi, bacchette solisti, a Merano il complesso sinfonico era ospite nell'abito del Südtirol festival Meran-Merano, direttore il rumeno Ion Marin, già noto al pubblico meranese per essersi esibito qualche anno fa con l'orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia, in sostituzione dell'annunciato Yuri Temirkanov, anima fondativa e guida da più di 30 anni della Orchestra sinfonica di San Pietroburgo, con solista al pianoforte nel Concerto n. 1 di Pëtr Il'ič Čajkovskij l'eclettico direttore, compositore e pianista finlandese Olli Mustonen. Si è trattato, dunque, concerto tipicamente "pietroburghese", se non altro perché la musica di Cajkovskij, autore "di casa" non manca mai nei suoi programmi, rappresentata, in questo caso, da una delle sue pagine più popolari in assoluto, il primo Concerto per pianoforte, banco di prova per generazioni di virtuosi della tastiera. Un programma dedicato al tardo romanticismo delle scuole nazionali, rassicurante e scontato come avrebbe dovuto essere. Ma la presenza del musicista finlandese Mustonen ha fatto saltare alcuni luoghi comuni che sorreggono le esecuzioni del concerto di pianoforte di Cajkovskij, che nella consuetudine interpretativa richiede ecclettismo e virtuosismo interpretativo nonchè partecipazione al mondo culturale di quella Russia di corte metà Ottocento nella quale Cajkovskij era parte integrante. Mustonen sostiene che ogni esecuzione debba sempre destare l'interesse di una prima assoluta e si pone di fronte all'autore trattandolo come un suo contemporaneo. Questo si traduce a volte in esecuzioni controverse dal punto di vista interpretativo, cariche di idiosincrasie e originalità tipiche dell'interprete; originale poi il fatto che suoni con lo spartito e che volti lui stesso le pagine: non si assiste per lo meno ad un concerto scontato ma ad una performance interpretativa. Certamente lo sguardo del pianista scorre sulle note stampate come un navigante che getta un occhio furtivo sulla bussola per sapere se tiene la rotta, poi per il resto, della struttura originaria della composizione pianistica rimane poco o nulla alla comprensione del pubblico, tra l'altro quello meranese assai smaliziato, capace di fare raffronti immediati con ciò che è passato sotto le volte del Kursaal o di ciò che si è appena ascoltato nella vicina Bolzano. Mustonen destruttura la forma concerto romantica di Cajkovskij e ricompone le medesime note in altro senso ritmo e combinazione come se volesse mettere in contraddizione questo mondo classico e accademico del concerto con le turbolenze interiori del compositore russo. Emergono, su una traccia melodica del concerto, dissonanze, salti di tempo, accelerate e improvvise interruzioni: c'è da chiedersi se cercate o nessi casuali. Tra l'altro il pianoforte da concerto della sala ha contribuito, con un suono molto stentoreo nella parte alta della tastiera, ad amplificare gli squilibri timbrici e dissonanti ricercati nell'esecuzione. L'orchestra lo segue fino ad un certo punto, abituata come è a quel repertorio tardoromantico che piace al pubblico, ma poco al solista. Lo copre in alcuni passaggi, salta su alcune cadenze, cercando di fare la "sua esecuzione" di un repertorio ormai di consolidata routine, guidata dal gesto misurato e funzionale di Marin che fa emergere nei momenti orchestrali le preziosità strumentali che Cajkovskij insinua nelle parti. La conclusione dell'esibizione di Mustonen è stata accolta da applausi di cortesia dal foltissimo pubblico che esauriva il grande salone delle feste di Merano, concedendo un bis di commiato, per una esibizione che certamente si ricorderà per originalità ed estro creativo. Seconda parte invece dedicata a uno dei grandi capolavori del secondo Ottocento orchestrale, la Sinfonia "Dal nuovo mondo" di Antonìn Dvorák dove la Filarmonica di San Pietroburgo esprime la sua visione estetica. Offre un suono compatto in tutte le sue sezioni, rilievo timbrico e capacità di esaltare i virtuosisti melodici boemi intersecati dalle melodi evocative dei vasti spazi delle pianure americane. Sul versante orchestrale è stata capace di esaltare l'entusiasmo del pubblico, con ripetute chiamate per il direttore Ion Marin e applausi scroscianti per la Filarmonica di San Pietroburgo. Bis ancora all'insegna di Dvorák, con le Danze slave, esecuzione che offriva spazio ad ulteriore richieste da parte del pubblico festante e grato ad una orchestra, ormai presenza consolidata alla manifestazione.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Venerdì, 20 Settembre 2019 08:53

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