ECUBA
di Marina Carr
traduzione Monica Capuani
regia di Andrea Chiodi
Con Elisabetta Pozzi, Federica Fracassi, Fausto Cabra, Alfonso Veneroso, Alessia Spinelli, Alfonso de Vreese
Scene di Matteo Patrucco
Costumi di Ilaria Ariemme
Musiche di Daniele D'Angelo
Luci di Cesare Agoni
Produzione Centro Teatrale Bresciano
VICENZA, teatro Olimpico, 72.mo ciclo di spettacoli classici, 11, 12 e 13 ottobre 2019, in prima nazionale
Come non fosse mai passato nessun tempo, quasi nemmeno nessun luogo, la vittima rimane tale e quale. E anche Ecuba non è risparmiata, quella figura tragica raccontata da Euripide è stata riscritta da Marina Carr per la scena teatrale dell' Olimpico di Vicenza, nell'ambito del 72.mo Ciclo di Spettacoli Classici. E' una tragedia della sofferenza piena, anche se raccontata a sua volta dagli stessi personaggi, quasi come si fosse in un incastro ad incastro, teatro nel teatro. Se non fosse per le tragiche gesta raccontate, morte, sopraffazione, guerra destabilizzante e continua, potrebbe essere una compagnia di giro che sta rappresentando il testo. Ma la cosa invece è più mirata, certamente, e va a rafforzare quelle convinzioni che una persona sana di mente non può non sentire, o provare, di fronte alla più totale decomposizione umana. La guerra è sempre devastante, misera come chi la festeggia e la omaggia trucidando a destra e a manca, l'assassinio è sempre condannabile e miserabile. Ecuba vive e sopravvive in un contesto di grande dolore, ed enormi perdite, come quelle dei figli, con una Cassandra che incalza, un Agamennone a sua volta sempre più disperato per la ragione, il senno di poi. Tutto è comunque narrato dagli stessi ma anche interpretato, e questo va a rafforzare orgoglio, lucidità. Un non luogo, la città, dove Ecuba e i suoi si muovono a volte tesi e astratti, a volte impetuosi, in un crescendo di pathos dopo i primi venti minuti di soggezione, una non bene messa a fuoco. Tocca andare avanti, come per tutti giorno dopo giorno. Le stupende luci di Cesare Agoni fanno da protagonista aggiunto in una tragedia che ormai sta assumendo una sua precisa identità, dove la protagonista non si arrende, e combatte con la sua forza, la verità insegnatale dalla stessa vita. Elisabetta Pozzi ha da parte sua una padronanza di recitazione che trasporta Ecuba in realtà diverse ma uguali, lontane e vicine, misurate e calme. Tutti gli interpreti si muovono tra un ammasso di ciarpame simbolico, dove si prendono e si buttano bambolotti, maschere di scherma, libri, e carriole dove i corpi degli uccisi vanno a posizionarsi, sgabelli, sedie. La regia di Andrea Chiodi trasporta l'azione narrata dalla Carr in un filo d'acciaio dove i protagonisti camminano e oscillano, la narrazione qualche volta scombussola soprattutto per qualche simbolismo di troppo, anche per quelle calzature esibite, ma l'ironia usata in certe battute, la profondità del pensiero e la bravura degli attori consente comunque che la nave vada dritta in porto come scivolando sul velluto. Ecuba rappresenta la disperazione tutta, rappresenta gli altri. Scoprendo inoltre, da una Cassandra interpretata con grande efficacia da Federica Fracassi, la bestialità degli Achei, l'origine di tanto dolore. Ottima lo colonna sonora di una percezione minimal perlopiù, di Daniele D'Angelo, e da citare tutti comunque, da Fausto Cabra a Alfonso de Vreese, al naturale Alfonso Veneroso, Valentina Bartolo, Alessandro Bandini, Luigi Bignone, Alessandro Bandini, Alessia Spinelli.
Francesco Bettin