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BAYADÈRE (LA) - coreografia Rudolf Nureyev da Marius Petipa

"La Bayadère", al centro Maria Celeste Losa e Timofej Andrijashenko. Foto Brescia e Amisano, Teatro alla Scala "La Bayadère", al centro Maria Celeste Losa e Timofej Andrijashenko. Foto Brescia e Amisano, Teatro alla Scala

Balletto in tre atti
Libretto di Marius Petipa e Sergej Kudekov.
Coreografia e regia di Rudolf Nureyev da Marius Petipa ripresa da Florence Clerc e Manuel Legris. Supervisione coreografica di Manuel Legris.
Musica di Ludwig Minkus. Orchestrazione di John Lanchbery.
Scene e Costumi di Luisa Spinatelli. Assistente alle scene e costumi: Monia Torchia. Luci: Marco Filibeck.
Con: Nicoletta Manni, Timofej Andrijashenko, Maria Celeste Losa, Vittoria Valerio, Claudio Coviello, Alice Mariani, Virna Toppi, Nicola Del Freo, Svetlana Zakharova, Jacopo Tissi, Martina Arduino, Marco Agostino e il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Manuel Legris.
Nuova Produzione Teatro alla Scala.
Orchestra del Teatro alla Scala. Direttore: Kevin Rhodes
MILANO, Teatro alla Scala, dal 21 dicembre 2021 al 29 gennaio 2022

www.Sipario.it, 27 gennaio 2022

La nuova bayadère alla Scala: una pagina del testamento artistico dell’indimenticato Rudy

La bayadère, balletto in quattro atti e sette quadri del 1877 firmato da Ludwig Minkus, Sergej N. Chudekov e Marius Petipa segnò, com’è noto, il preludio e l’epilogo della vita artistica in Occidente di Rudolf Nureyev. Come ricorderanno i più attenti ballettomani e i più appassionati estimatori del divo della danza, nel 1961 Nureyev, nel corso della tournée parigina con il Kirov, fece la sua prima apparizione nella capitale francese vestendo i panni, per l’appunto, del protagonista maschile della Bayadère e nel 1992 - alcuni mesi prima della sua morte - rimontò integralmente il balletto di Minkus proprio su quel palco del Palais Garnier che siglò, in illo tempore, il salto decisivo della sua esistenza. Proprio a Parigi il suo ultimo lavoro, con il décor teatrale firmato da Ezio Frigerio e Franca Squarciapino, fin da subito si configurò come un capitolo cardinale della sua cospicua eredità ed esso continua ancor oggi a rappresentare una colonna irrinunciabile del repertorio della troupe d’oltralpe. Un titolo, questo, che, peraltro, sarà rispolverato nella stagione in corso e che ad oggi era appannaggio unicamente della massima compagnia francese.
La prima stagione di balletto del Teatro alla Scala firmata da Manuel Legris guarda a questo rivolo della storia recente della danza e propone - quasi trent’anni dopo il debutto parigino e grazie alla concessione ottenuta dalla Fondazione Nureyev - la lettura coreografica di Rudy per la compagnia del Piermarini in una nuova produzione con scene e costumi disegnati appositamente per questa prima scaligera da Luisa Spinatelli. Non ci si poteva aspettare scelta più appropriata dal Direttore del Ballo Manuel Legris, fulgido rappresentante della “Generazione Nureyev” nonché interprete del ruolo di Solor fin dalla creazione e per innumerevoli occasioni a Parigi e in tour in questa versione coreografica.
L’esito raggiunto dal Balletto della Scala - pur nelle numerose difficoltà dipese dal protrarsi della situazione sanitaria e dai conseguenti provvedimenti di quarantena che hanno imposto cancellazioni, rinvii delle recite e riadattamenti della produzione - è valido. Alla prima abbiamo ritrovato la fervida dinamica e l’autenticità del movimento di questo titolo riletto dal divo della danza come pure l’ossatura nitida dei personaggi vissuta nella pregnante struttura del gesto caldeggiata dal tartaro volante. Il ruolo di Nikiya affidato a Nicoletta Manni fin dalla prima sognante variazione gode di modulata risolutezza e tempra tecnica che rimane inalterata fino al tormentato assolo del secondo atto e al lirismo onirico del terzo ed ultimo segmento del balletto. Parimenti superata la prova per Timofej Andrijashenko che continuiamo a ritrovare in progressivo miglioramento sia sotto il profilo interpretativo che tecnico: da menzionare la risoluta fluttuazione tra i passi a due condivisi con Nikiya all’inizio e alla fine del balletto e la virtuosistica sezione centrale del secondo atto - inframezzata dall’ardua variazione che nella prima parte giova di salti poderosi - condivisa con il ruolo di Gamzatti proposto da Maria Celeste Losa. La ballerina solista consegna al personaggio l’opportuna gelidezza di temperamento e alla sua variazione quella fermezza tecnica che ritroviamo saldamente governata nella coda, a tratti da ammorbidire il port de bras.
Da rammentare, nel lungo florilegio di sfumature coreografiche proposte, il ritmo vigoroso di Stefania Ballone e Christian Fagetti nell’atavica danza del tamburo, la gradevolissima Danza “Manou” di Agnese Di Clemente, la pomposa variazione dell’Idolo d’Oro di Federico Fresi, l’irresistibile pas d’action, l’immaterialità delle ventiquattro Ombre - esattamente lo stesso numero di ballerine scelto per il debutto di questa versione coreografica all’Opéra Garnier - e l’eterogeneità delle tre variazioni delle Ombre soliste consegnate ad Agnese Di Clemente, Camilla Cerulli e Gaia Adreanò. Soddisfacente il corpo di ballo femminile nella prima e seconda scena del primo atto, a volte migliorabili i sincronismi nel niveo segmento conclusivo del balletto.
Nella rotazione proposta per i cast delle recite di fine gennaio occorre citare il primo ballerino Claudio Coviello che nel corso della terza rappresentazione concede al protagonista virtuosismi da manuale nell’enfatica coda del Regno delle Ombre, la ballerina solista Vittoria Valerio che offre alla sua baiadera pennellature impregnate di irrealtà cui si contrappone la callidità della Gamzatti affidata alla prima ballerina Virna Toppi.
Le scene di Luisa Spinatelli seguono un’idea distinta dal décor scelto per la prima francese adottando, di converso, la linea della leggerezza evocativa dell’Oriente e ricorrendo alla tecnica pittorica - cifra identitaria della scenografa e costumista milanese - e del bassorilievo prospettico. Affascinanti i cromatismi scelti per i costumi.
Vigoria, poderosità e tempra sono le pennellature ravvisabili nella bacchetta di Kevin Rhodes impegnato con la partitura di Minkus nell’orchestrazione firmata da John Lanchbery per la prima parigina del balletto.
Il progetto di portare per la prima volta questa Bayadère alla Scala, già lanciato dal precedente Direttore del Balletto Frédéric Olivieri, aggiunge un capitolo di rilievo nel vasto repertorio scaligero e rispolvera un sogno, un rêve orientalisant, ascrivibile, senza tema di smentita, nelle pagine più belle del testamento artistico dell’indimenticato Rudy.

Vito Lentini

Da non perdere la recita prevista per venerdì 28 gennaio che vedrà il ritorno alla Scala di Svetlana Zakharova. Il suo partner sarà Jacopo Tissi, Principal del Teatro Bol’šoj di Mosca, che torna alla Scala dove si è diplomato e dove ha danzato per la prima volta con Zakharova nella Bella addormentata di Ratmansky nel 2015, tornando poi sul nostro palcoscenico nel 2018 a danzare La bayadère di Grigorovich durante l’ospitalità del Balletto del Bol’šoj alla Scala.

Ultima modifica il Venerdì, 28 Gennaio 2022 00:41

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