Musica di Ludwig Minkus
Balletto in tre atti
dal romanzo di Miguel de Cervantes
Don Chisciotte della Mancia
Direttore David Garforth
Coreografia Laurent Hilaire
Ispirata alla versione originale di Mikhail Baryshnikov per l'American Ballet Theatre da Marius Petipa e Alexander Gorsky
Scene Vladimir Radunsky e A.J. Weissbard
Costumi Vladimir Radunsky
Luci A.J. Weissbard
Interpreti principali
Kitri Evgenia Obraztsova/ Rebecca Bianchi/Susanna Salvi
Basilio Davide Dato /Simone Agrò /Alessio Rezza/ François Alu Orchestra e Corpo di Ballo del Teatro dell'Opera di Roma
Con la partecipazione degli Allievi della Scuola di Danza del Teatro dell'Opera di Roma
Allestimento del Teatro dell'Opera di Roma
Orchestra, Étoile, Primi Ballerini, Solisti e Corpo di Ballo del Teatro dell'Opera di Roma
Teatro dell'Opera di Roma dal 15 al 20 ottobre 2019
Se il teatro è il regno della fantasia, come affermava Savinio, quale opera migliore di Don Chisciotte per dimostrarlo? Il balletto su musiche di Minkus, da poco andato in scena all'Opera di Roma, è stato un profluvio di invenzione, ironia, precisione coreografica, musiche ottimamente dirette: tutti elementi che hanno incantato e divertito il pubblico.
In questa versione curata da Laurent Hilaire, riprendendo la celebre di Baryshnikov, la particolarità sta proprio nel modo con cui la figura dell'hidalgo di Cervantes è stato interpretato: colui che non partecipa all'azione che si svolge, ma si limita a guardare e, se necessario, ad agire. Il suo regno è il sogno. E anche il pubblico non riesce a capire se la vicenda fra Kitri e Basilio sia chimera o vita reale. E come spiegare il finale, in cui don Chisciotte esce di scena e tutto ha il suo lieto fine? Quasi a voler dire che in questo balletto vi è spettacolo fintanto che il cavaliere ricco di fantasia lo sogna. Al suo risveglio cala il sipario e si torna alla stinta realtà.
Il Basilio interpretato da François Alu è stato eccezionale. Ballerino dotato di una fisicità e agilità incomparabili, verrebbe da dire quasi uniche nel panorama della danza contemporanea, egli e il suo personaggio hanno calcato il palcoscenico da quinta a quinta con la possente leggerezza tipica di chi vuol rendere il ruolo impersonato con quella corporeità appartenente a un mondo a metà via fra il reale e la chimera: il verosimile teatrale.
La Kitri di Rebecca Bianchi: così dolce, a tratti civettuola al punto da ispirare tenerezza ad ogni entrata in scena, ha costituito il controcanto perfetto ad Alu. E tuttavia entrambi hanno saputo giocare i rispettivi ruoli con quel giusto e compiaciuto divertimento, finendo per somigliare, e giustamente, a innocenti bimbi che si divertono a fingere ciò che non potranno mai essere.
E l'Espada di Claudio Cocino? Con quelle elevazioni precise, silenziose, contenute ma ricche di luce e spazialità, questo straordinario e promettente ballerino ha regalato all'intera rappresentazione quel tocco di eroismo secentesco proprio di cavalieri come il prode Orlando.
Le scene di Radunsky e Weissbard, essenziali e fanciullesche, dal tratto vagamente somigliante a quello di Lele Luzzati, hanno costituito un coerente rivestimento visivo all'impostazione tra il giocoso e il fantasioso del balletto.
Le musiche, ottimamente dirette da David Garforth, sono state eseguite con ritmo incalzante e un colore del suono pieno di partecipata gioia. Anche la gestualità del direttore, decisa ma non austera, ha saputo creare un compiaciuto divertimento fra il pubblico, senza però mai eccedere il limite del buon gusto.
Un Don Chisciotte degno del più eccentrico e fantasioso Cervantes, che di fronte a questa esuberante versione di Laurent Hilaire avrebbe anch'egli desiderato non risvegliarsi mai da un sogno così variopinto e colorato per tornare alla banale e sconcertante realtà che tutti i giorni siamo costretti a vivere.
Pierluigi Pietricola