Ideazione Maguy Marin
in stretta collaborazione con Kostia Chaix, Kaïs Chouibi, Chandra Grangean, Lisa Martinez, Alaïs Marzouvanlian, Lise Messina, Rolando Rocha
Luci Alexandre Béneteaud
Direttore di scena Albin Chavignon
Colonna sonora / video Victor Pontonnier
Ricerca documentaria e scenografia Paul Pedebidau
Coproduzione Reggio Parma Festival; Maison de la Danse; La Comédie de Saint Etienne; Théâtre de la Ville de Paris; e con il sostegno di Cndc Angers; Gymnase de Roubaix; RAMDAM, UN CENTRE D’ART
Teatro Cavallerizza, Reggio Emilia 18 novembre 2023
Maguy Marin, coreografa dalla chiara coscienza sociale nel mondo delle arti, in Deux Mille Vingt Trois analizza i meccanismi che manipolano l'opinione pubblica, e pone la domanda: abbiamo ancora la libertà di pensiero in un mondo dominato dal denaro e dai media che colonizzano le menti? La coreografa rinuncia alla danza e in questo spettacolo, che è un lungo pamphlet politico, afferma la sua rabbia inondando il pubblico di parole in una composta denuncia del vuoto infinito dei social network e del capitalismo imperante in cui tutto implode. Lo spettacolo inizia con un muro su ogni mattore del quale è scritto il nome di un brand. Subito questo muro crolla e dietro i ballerini accovacciati ripetono instancabili gesti sempre uguali, quasi inconsapevoli, immersi passivamente nell'oscurità che perdura uguale per tutto l'evento. La citazione è evidente ma è solo il punto di partenza. In questo spettacolo non ci sono passi di danza, solo gesti ripetitivi prodotti dai ballerini quasi invisibili, di cui si sente quasi solo il rumore dell'azione meccanica. Questi incarnano coloro che vogliono costruire, sommersi. Su un lato un' interprete traduce le parole di individui che si succedono in proscenio raccontando senza commenti i più diversi fatti di cronaca, analizzando con lucidità ciò che porta l'umanità a questa sottomissione volontaria e passiva al potere dei media. Sullo sfondo del palco sono proiettate foto di personaggi politici e magnati dell'economia: Putin, Darmanin, Le Pen, Chirac, Mitterrand,... I volti dei potenti sono proiettati accompagnati dalle frasi da loro pronunciate, presentate come <<assurdità di queste persone che sono esse stesse assurdità umane>>, spiega la coreografa. I novanta minuti dello spettacolo sono intercalati dal passaggio di una maschera del teatro giapponese che richiama l'attenzione e denuncia problemi contemporanei diversi, il capo sormontato ora da una centrale nucleare, ora da un carrarmato, da una banca, da un aereo caccia, da giornali….. Questo spettacolo gioca con ritmi, timbri, suoni, azioni e gesti basandosi su una serie di testi che denunciano i meccanismi di sottomissione. Compone, scompone, ricompone immagini ed emozioni e pone l'interrogativo su come possiamo trovare il libero arbitrio nei flussi di informazioni sovrabbondanti e incontrollate a cui abbiamo accesso e sul modo in cui il marketing e i social media ci influenzano. Sorge spontanea poi la domanda: Siamo complici, colpevoli o vittime di un nuovo oppiaceo? Giulia Clai