Compagnia Abbondanza/Bertoni
Di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni
Coreografia Antonella Bertoni
Con Sara Cavalieri, Eleonora Chiocchini, Valentina Dal Mas, Ludovica Messina Poerio
Disegno luci Andrea Gentili
Direzione tecnica Claudio Modugno
Musiche Dysnomia- Dawn of midi
Audio editing Orlando Cainelli
Organizzazione, strategia e sviluppo Dalia Macii
Amministrazione e coordinamento Francesca Leonelli
Comunicazione e ufficio stampa Francesca Venezia
Produzione Compagnia Abbondanza/Bertoni
con il sostegno di MiC – Ministero della Cultura, Provincia Autonoma di Trento, Comune di Rovereto, Fondazione Cassa di Risparmio Trento e Rovereto
si ringraziano Danio Manfredini, Marco Dalpane, Lucio Diana, Nadezhda Simenova
Spazio Rossellini di Roma il 15 Maggio 2024
“FEMINA”, spettacolo finalista Premio Ubu 2023 nella categoria "Miglior spettacolo di danza”, coreografia di Antonella Bertoni, illumina la sequenza coreografica che noi donne esibiamo ogni giorno. Passiamo attentamente per quei gesti che hanno fatto le nostre mamme prima di noi, le nostre nonne e bisnonne ancora prima, e che le nostre figlie ripetono adesso imitandoci, così, per gioco. La nostra è una coreografia così perfetta, ritmica, ripetitiva e meticolosa che è diventata asettica, senza anima, senza voglia ne desiderio. È solo e puramente esibita per quell’egocentrica voglia di essere, o dover essere, instancabilmente belle. Anzi, perfette. Maria Elena Ricci
Le 4 interpreti di “FEMINA” sono l’esempio da seguire: non si stancano mai di eseguire il loop di continui e brevi gesti minuziosamente assemblati all’unisono sulla musica ininterrotta, anche se a volte sembrano impazzite, anche se sembra essere svanita ogni traccia di umana tenerezza, loro non si fermano. Proprio la dimensione emotiva faceva sentire la sua mancanza in “FEMINA”, uno spettacolo costruito con grande maestria e attenzione al dettaglio così come alla varietà sia dal punto di vista coreografico, che quello musicale e tecnico. Eppure qualcosa, nella quasi perfezione dell’imballaggio coreografico, impediva una risonanza emotiva ed umana con le 4 meravigliose performer. I gesti si ripetevano, la coreografia si sviluppava in tutto lo spazio, il ritmo veloce dava la percezione che le danzatrici portassero un compito a termine, un dovere e non un piacere. E così restavano davvero manichini, ed il fondale bianco le lasciava davvero come quelle modelle inanimate con lo sguardo vuoto che non hanno nulla da dire, se non un costante ‘sì’ dato dal loro macchinoso e accondiscendente annuire. E se quei corpi quasi robotici avessero ritrovato la parola? Cosa avrebbero azzardato pronunciare?
Che cosa ci resta
A noi donne, anzi, a noi femmine?
Quando la parrucca casca
Resta la facciata?
Quella della brava ragazza, della cattiva ragazza
La bella ragazza
La ragazza seria
La poco di buono
Ingoio le mie stesse mutande dalla vergogna
Così mi azzittisco pure, visto che mi dicono che parlo sempre troppo
Forse mi vogliono vedere insicura, così almeno potranno dirmi cosa fare
Anche se io obbedisco comunque…
Mio padre e mia madre mi hanno insegnato a non ribattere mai
Così le ragazze per bene fanno
E accondiscendenti diventano quello che non hanno scelto
I tempi sono cambiati
Eppure sono rimasti i gesti che ti sistemano i capelli, che ti schiaffeggiano il viso, che ti rendono bella, che ti rendono la donna ossessionata che sei
Ossessionata costantemente da te stessa
Curarsi non è mica una passeggiata eh, è diventato un lavoro (non retribuito)
Ma alla fine a me piace, davvero, mi piace!
Anche se a volte sono triste e non mi va
Comunque lo faccio
Anche per mio marito, senno chissà che combina quello poi!
Sai come si dice no? Te lo devi tenere stretto
Si si figlia mia, devi
Quindi se io li ripeto e li ripeto e li ripeto all’infinito
Alla fine mi viene così bene e così naturale che sembra che quella lì sono proprio Io!
E non il manichino che sono veramente
…
Scusate, spero di non aver offeso nessuno
…
Le emozioni a volte me le scordo, sopratutto le mie
Anzi, devo dire che mi ero un pò scordata di come fosse parlare
Ve l’ho detto, da piccola parlavo sempre troppo