Musica Pëtr Il’ič Čajkovskij
Balletto in un prologo e quattro atti
direttore Andriy Yurkevych
coreografia Benjamin Pech
da Marius Petipa e Lev Ivanov
SCENE E COSTUMI Aldo Buti
LUCI Vinicio Cheli
IMMAGINI E ANIMAZIONI DIGITALI Ignasi Monreal
PERSONAGGI INTERPRETI PRINCIPALI
ODETTE / ODILE
Maia Makhateli, Alessandra Amato, Susanna Salvi, Rebecca Bianchi
PRINCIPE SIEGFRIED
Semyon Chudin, Claudio Cocino, Michele Satriano
Orchestra, Étoiles, Primi Ballerini, Solisti e Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma
Allestimento Teatro dell’Opera di Roma
Circo Massimo dal 22 giugno al 2 luglio 2021
Il lago dei cigni: un classico immancabile. È fra quelle opere la cui assenza si fa notare. E nelle notti calde che si respirano al Circo Massimo questa perla del balletto è riuscita ad incantare il pubblico romano. Malgrado sopra le teste degli spettatori non vi sia un luogo chiuso con tanto di maestoso lampadario che sugella la magia del teatro dandole un tono di verosimiglianza che alimenta l’illusione. La vòlta stellata può distrarre, distogliere la mente. Ma la ripresa della coreografia di Petipa e Ivanov ad opera di Benjamin Pech; la precisione talentuosa e interpretativa di Semyon Chudin e Maia Makhateli; la sincronia incantevole del corpo di ballo dell’Opera di Roma; le scene favolistiche di Aldo Buti associate alle animazioni digitali di Ignasi Monreal: tutto questo ha contribuito, ancora una volta, a realizzare una fra le più belle versioni del balletto di Čajkovskij.
Nella rilettura di Pech, tema centrale della storia è il tradimento: quello di Siegfried nei confronti di Odette, di Benno verso il suo amico Siegfried. Ma ecco Baudelaire: “Non c’è tradimento che non possa essere perdonato”. Pech ne fa il suo vessillo. Dopo che Siegfried ha ucciso, per sbaglio, la sua amata Odette trafitta dalla freccia destinata a Benno (il malvagio, l’anima nera del Lago), quest’ultimo vede attorno a lui un mondo di sola distruzione. Ma Siegfried lo perdona e in modo tutt’altro che sciocco: conducendo, da quel momento in poi, la vita di un eroe ferito per sempre.
Con questa interpretazione, Pech ha impresso alle coreografie riprese da Petipa una dolcezza, una grazia, un candore che emergono anche nelle parti più crudeli del balletto: come l’atto IV, nel quale si consuma l’addio fra Odette – costretta per sempre a restare cigno – e il suo amato Siegfried. Fanciulla inerme che al pianto preferisce un silenzio doloroso, espresso attraverso un ultimo e disperato tentativo di abbraccio: queste le caratteristiche che la Makhateli ha dato al suo personaggio. Quel muovere le braccia con minuscole ma tonde e armoniche ondulazioni; quei piccoli passettini rapidi, uno di seguito all’altro: tutto questo ha trasmesso la sensazione di essere di fronte a un cigno vero. E, dall’altro lato, un Siegfried che Chudin ha tratteggiato come se fosse stato dipinto da Piero della Francesca, facendo sì che fosse il pubblico a esprimere dolore e sofferenza, in tal modo rendendosi lui tramite di siffatte passioni.
Bravissimo Alessio Rezza nei panni di Benno e Rothbart. Mai vista cattiveria, soprattutto in una favola, espressa con tale eleganza, raffinatezza e gentilezza al punto da sublimare questo basso sentimento in qualcosa di più crudele: l’indifferenza al male, anche – soprattutto? – a quello causato da noi.
Straordinario il corpo di ballo dell’Opera: perfetto nei movimenti e con una sincronia miracolosa. Il finale del secondo atto, con i diciotto cigni in scena, è stato l’esempio di cosa vuol dire danzare insieme: trasfondersi tutti in un unico ballerino, in una sola anima.
Pierluigi Pietricola