coreografia di Nyko Piscopo
musica Arvo Pärt, costumi Rosario Martone
drammaturgia Ciro Ciancio
scenografia Paola Castrignanò
luci Camilla Piccioni
danzatori Nicolas Grimaldi Capitello, Eleonora Greco, Leopoldo Guadagno, Francesco Russo
al teatro Filodrammatici, Piacenza 12 gennaio 2024
Una sorta di monolite a metà fra un catafalco e un metronomo, un oggetto totemico che diventa scala, prigione, finestra da cui guardare il mondo, loculo. Sullo sfondo un cielo che assume i cromatismi di una notte stellata o di un tramonto infuocato, uno spazio astratto in cui si muovono i corpi dei danzatori, anime scure, presenze che cercano di assumere un loro precario equilibrio, di trovare un loro luogo nello spazio e, per metafora, nella vita stessa. A cadenzare le scene una voce fuori campo che incastona quanto accade in una serie di fotografie situazionali Dreaming of, Love Struggle, Playng games, Waiting in hope e Give up! Si tratta di tasselli del vivere: sognando di qualcuno, l’amore che si fa lotta, il giocare come esperienza, sperare che qualcosa accada o muti, lasciare, abbandonare o lasciare. Sono azioni, condizioni che intessono la vita che si svolge malgrado noi, davanti agli spettatori, facendo riferimento al lavoro di Cornelia. Memento, ovvero ricordati! È questo il titolo della coreografia di Nyko Piscopo. Ma di cosa bisogna ricordarsi? Secondo il coreografo Nyko Piscopo il memento del corpo è ricordo delle relazioni, di quel prendersi e lasciarsi che è della vita, che costruisce e scioglie i legami. Si assiste all’affidarsi e allo sfidarsi di quei quattro corpi che si attraggono e respingono, cercano una possibilità di senso, la supplicano guardando al cielo, un cielo in cui gli dei sono assenti. Intorno a quel monolite si costruisce e decostruisce la piramide sociale, si disegnano nello spazio gerarchie, si salgono gradoni verso un vertice che sa di potere o semplicemente di differente visione. Nicolas Grimaldi Capitello, Eleonora Greco, Leopoldo Guadagno, Francesco Russo tutti di nero vestiti, sono corpi in cerca di un loro equilibrio che si può raggiungere solo nel traballante e mai certo affidarsi all’altro. Il disegno coreografico di Piscopo sa essere preciso e ritmato, pulito e desideroso di assurgere a un rigore ed essenzialità di segno che riecheggiano la tradizione, innovandola in uno stile che guarda ai fondamentali del balletto, per farli propri, trasformarli in racconti corporei. Forse un uso eccessivo di controluce, rischia a volte di rendere troppo indistinti i corpi, le musiche di Arvo Pärt ben rendono il flusso senza soluzione di continuità di una narrazione coreutica che si compie in cinque quadri, cinque fotografie che finiscono – come tasselli di un puzzle – col comporre un pensiero sullo stare nello spazio e nella vita, sul muoversi alla ricerca di sé attraverso l’altro da sé. Ma ciò che propongono la compagnia Cornelia e il suo coreografo è un lavoro di puro movimento, in cui lo spazio e l’oggettistica scenica fanno da supporto al nesso semantico e coreografico che Piscopo persegue, costruisce con assoluta fiducia nel linguaggio tersicoreo e nelle mille possibilità espressive dei corpi in movimento. Nicola Arrigoni