di Virgilio Sieni
Ideazione, coreografia, scena: Virgilio Sieni
Musica: Igor Stravinskij e Daniele Roccato
Interpretazione e collaborazione: Jari Boldrini, Ramona Caia, Claudia Caldarano, Vittoria De Ferrari Sapetto, Patscharaporn Distakul, Maurizio Giunti, Giulia Mureddu, Giulio Petrucci, Rafal Pierzynski, Sara Sguotti, Davide Valrosso
Luci: Fabio Sajiz, Virgilio Sieni
Costumi: Giulia Bonaldi, Virgilio Sieni
Teatro della Pergola, Firenze, 22/23 ottobre 2015
Da un unico filamento di masse corporee si sfibrano come schizzi di un'onda sei corpi femminili nudi, ognuno con la propria posizione stabilita, con il proprio ordine destinato a mutarsi. Corpi che si contorcono su se stessi in un immaginario estetico che ricorda le donne erotiche e sofferenti disegnate da Egon Schiele. Si muovono nello spazio seguendo delle linee geometriche curvilinee e deformi, come fossero esseri primitivi invertebrati ancora alla ricerca della propria natura. È il risveglio dell'umanità, il preludio di quello che sarà il rito sacrificale per eccellenza.
La sagra della primavera è un balletto risalente al 1913, nato con l'idea di dare una rappresentazione scenica a un antico rito pagano russo che prevedeva il sacrificio di una fanciulla, finalizzato a rendere propizia la primavera. In questa versione di Virgilio Sieni rimangono le musiche di Stravinskij, ma sembra scomparire il senso di morte originario per dare sfogo alla sacralità e carnalità di un collettivo, unito per uno scopo comune. Non c'è contrapposizione tra i sessi: ognuno nella sua diversità fisica, nella sua singolarità espressiva, si incastra all'altro in un susseguirsi di gesti che si ripetono.
Non a caso, nella seconda parte della coreografia, la vera e propria Sagra, nessuno emerge sull'altro. Riconosciamo subito l'Eletta, dal volto dipinto di giallo e dai pantacollant viola scuro, e fino alla fine aspettiamo il suo assolo che non avverrà mai. Siamo inevitabilmente legati all'idea che la vittima scelta farà la sua ultima danza, eleggendosi così a figura sublime disposta alla morte pur di salvare il ciclo della natura, ma iniziamo a capire che gli eventi possono andare diversamente da come sono stati stabiliti in partenza. Il suo corpo magro viene sollevato in aria, fatto scivolare tra le braccia passando da un danzatore all'altro e non viene mai abbandonato. A questo senso di ascensione si contrappone una tensione verso il terreno rosso del palco, che attira a sé i corpi facendoli vibrare in movimenti animaleschi dettati dal ritmo deciso e irregolare della musica o in brevi scatti quasi Zanneschi.
Non vige la regola del mors tua vita mea, non c'è paura di morire, sembra anzi esserci la volontà di ribellarsi al "destino divino", di accettare le peripezie della vita e lottare insieme per la sopravvivenza. Con le braccia di tutti i ballerini protesi verso l'alto si conclude la coreografia, lasciando lo spettatore in un clima di mistero e apparente salvezza.
Sara Bonci