Fabio Zanello (a cura di) CINEMA DI DON SIEGEL (IL) Edizioni Il Foglio, Piombino (Li) Euro 16.00, pp. 325
L'americano Don Siegel non è che abbia sempre avuto in passato buona stampa, benché, alle prese con film gangster, polizieschi, inferni di guerra, sfondi western, cappe carcerarie, abbia saputo quasi sempre muoversi con vigoria d'immaginario, sapienza di montaggio, icasticità di ritmo, senza lasciarsi sfuggire, se del caso, amari risvolti d'humour, ideomitiche striature di polemico scetticismo, e abbia influenzato di lezione e mestiere il cinema di Clint Eastwood e di Sam Peckinpah. Ora, il volume curato da Fabio Zanello ne è spettroscopica analisi rivalutativa a tutto campo, a cominciare da Rivolta al blocco 11 (1954), dove Zanello marca "differenza fra gli aspetti semantici e sintattici di un genere" rispetto al futuribile Fuga da Alcatraz (1980), per Michelangelo Pasini con "tempo che prima viene espanso, poi immediatamente negato". E se Aurora Auteri precisa i "fuori norma" per Crimine silenzioso (1958) e "tutte le caratteristiche di genere" per Il caso Drabble (1974), tra gli altri saggi in particolare di profondo e minuzioso scandaglio quelli di Massimo Causo per quel "percorso oltre il confine dell'umanità" che è L'invasione degli ultracorpi (1956), di Sebastiano Cecere per Stella di fuoco (1960) con Elvis Presley in tema razziale su sfondo western, di Francesco Asaro e Alessandro Baratti per Squadra omicidi, sparate a vista!(1968) quasi una "riscrittura in chiave poliziesca di The Killers", di Michele Raga per La notte brava del soldato Jonathan (1971, "western da camera altamente claustrofobico", di Domenico Monetti per Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo (1971) notomizzato anche confrontandosi con magari opposti giudizi critici, di Mario Molinari per gli aspetti di continuità, trucchi, ritmo, humour e angoscia di Chi ucciderà Charley Varrick (1973).
Alberto Pesce
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