Ermanno Olmi VILLAGGIO DI CARTONE (IL) Con saggio introduttivo di Vito Mancuso Archinto, Milano, Euro 12.00, pp. 93
Con Il villaggio di cartone Ermanno Olmi guarda ai "migranti" di oggi in stato di sofferenza e crisi. E lo fa immedesimandosi in un vecchio parroco, cui hanno sconsacrato la chiesa, spostato i banchi, messo da parte l'altare, via i paramenti, giù il Crocifisso. Sconfortato e solo, il prete tenta invano di mimare la messa e predicare ad un auditorio assente. Ma quella femminile voce d'aiuto, quei clandestini in cerca d'alloggio, quel nero ferito mentre fuori urlano le sirene della polizia, per il prete sono un'umanità in pena. La chiesa torna ad essere chiesa, tendaggi sui banchi fanno capanna, l'acquasantiera santifica gocce di pioggia dal tetto sberciato, luci di ceri sono fuoco che riscalda. Il vecchio parroco non è più solo. Non importa che il sagrestano faccia entrare un gruppo di agenti della sicurezza, che fuori stridano le sirene. Il prete resiste e obbediente ad una divina legge di carità, fa della chiesa cenacolo di sopravvivenza. Umanissimo e paterno con migranti in attesa di un pass per la Francia, rinvigorisce lo spirito con un'interiore certezza: "O noi cambiamo la Storia o la Storia cambierà noi".
Del film di Olmi, che respira anche delle "considerazioni" di Claudio Magris e Gianfranco Ravasi, il teologo Vito Mancuso rilegge la sceneggiatura per trafilarne le scene con dialogo e, di contro alla "logica dell'utilitarismo che si ritrova anzitutto nella versione dogmatica del cristianesimo", rilevarne un metamorfico e "non mercantile" bisogno oggi, al di là della fede, di "fare il bene", di "esserci-per-gli-altri".. Di qui, come nel film di Olmi, quel vero spirito "cristico" che sente "Dio non come risposta ma piuttosto come domanda" e Cristo compimento pieno che fa della "relazione assoluta dell'amore il senso ultimo dell'essere e della vita".
Alberto Pesce
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