Opera in quattro atti di Alphone Royer e Gustave Vaëz
Musica di Gaetano Donizetti
Prima esecuzione: Londra, Covent Garden, 18 luglio 2018
Edizione a cura di Candida Mantica (realizzazioni di Martin Fitzpatrick)
© OperaRara / Peters, Lipsia;
rappresentante per l'Italia Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano
Cabaletta inedita a cura di Candida Mantica (realizzazione di Federico Biscione) © Fondazione Teatro Donizetti
Direttore Jean-Luc Tingaud
Regia Francesco Micheli
Scene Angelo Sala
Costumi Margherita Baldoni
Lighting design Alessandro Andreoli
Assistenti alla regia Davide Gasparro e Erika Natati
Assistenti ai costumi Silvia Pasta e Valentina Volpi
Orchestra Donizetti Opera
Coro Donizetti Opera
Maestro del Coro Fabio Tartari
Don Fernand d'Aragon Florian Sempey
Don Gaspar Roberto Lorenzi
Leone de Casaldi Konu Kim
La comtesse Sylvia de Linarès Lidia Fridman
Le Moine Federico Benetti
Nuovo allestimento e produzione della Fondazione Teatro Donizetti di Bergamo
Prima rappresentazione assoluta in forma scenica
Bergamo Cantiere Teatro Donizetti (Donizetti Opera Festival), 16 novembre 2019
La storia del melodramma racconta di una moltitudine di titoli di opere, tante rimaste in repertorio, di altre dimenticate, altre ancora disperse, o abbandonate al loro destino dai compositori stessi per un commissione non andata a completamento, cambi di regime politico, fallimento di teatri, musiche che si sono disperse, scomparendo per sempre o trasbordate in altri lavori che il compositore stesso ha riutilizzato per non sprecare idee e tempo. Meglio ancora se poi alla successiva commissione, un nuovo libretto degli stessi autori si adattasse a ciò che era già predisposto per quella musica. In breve, questo è quanto è accaduto per L'ange de Nisida di Gaetano Donizetti, opera in quattro atti di Alphone Royer e Gustave Vaëz, di cui si era persa traccia tra la foltissima produzione donizettiana. Si sapeva che La favorite (1840) aveva un precedente immediato, L'ange de Nisida, che Donizetti aveva scritto per il parigino Théâtre de la Renaissance (1839-1840) ma che non aveva mai raggiunto le scene, dato che quel teatro nel maggio 1840 fallì dopo un brevissimo periodo di attività. Il compositore aveva accantonato quella partitura, senza darle l'ultima mano. Quelle parole e quella musica però non andarono perse, perché di lì a poco confluirono in La favorite, scritta per l'Opéra parigina, dove debuttò il 2 dicembre 1840, con libretto degli stessi Royer e Vaëz. Ambientato sulla costiera napoletana a fine '400, L'ange de Nisida tratta dell'amore di re Ferdinando d'Aragona con Sylvia e del loro futuro matrimonio ostacolato dagli equilibri di potere fra la corte di Napoli e la Chiesa. Con questa storia s'intreccia l'amore che per questa donna nutre un giovane tanto valoroso quanto ingenuo e ignaro. Scoperta la situazione dopo il loro matrimonio, favorito interessatamente dal re, la vergogna per il disonore e il conflitto tra amore ed espiazione, distruggono la giovane. L'ange de Nisida prende avvio come commedia, presente anche un personaggio comico nella figura don Gaspar che già propone alcune situazioni musicali del Donizetti comico posteriore, in corso d'opera incupisce sempre più le sue tinte, fino alla drammatica conclusione con la morte di dolore della fanciulla. Opera ricostruita pezzo per pezzo dal lavoro meticoloso della musicologa Candida Mantica che con un progetto del 2008 sostenuto dall'Università di Southampton attivato dai musicologi Mark Evarist e Francesco Izzo, ha permesso la riscostruzione della partitura perduta. Partitura da rimontare sulla base dell'unica traccia, il libretto manoscritto affidato alla censura parigina, dal quale si sono ricostruite le seguenze incrociando quanto da Donizetti stesso documentato, ricostruendo sezioni da altre sue composizioni quali l'Adelaide che ha utilizzato parte della musica e ciò che in quel periodo aveva elaborato per i teatri parigini (compresa la versione in francese della Lucia di Lammermoor, 1839 per il medesimo Théâtre de la Renaissance). Nel 2014 la casa discografica Opera Rara ha commissionato la registrazione che ha portato alla sua prima assoluta nel luglio del 2018 alla Royal Opera House in forma di concerto con l'inserimento anche di un sinfonia ricostruita da Martin Fitzpatrick, che qui a Bergamo è stato deciso di non riproporla. L'opera si pùò dire ricostruita per il 90 %. Ed ecco che il Festival Donizetti, come giusto che un festival faccia, ha esso in cantiere la novità, in forma scenica, di ciò che si considerava perduto, e lo ha fatto, per un strano gioco di coincidenze, nel teatro Donizetti di Bergamo ancora in corso di ristrutturazione.
Si entra tra transenne, nel foyer già predisposto, ma la platea è ancora grezza come i giriscale che portano ai palchi, ancora senza rifiniture, con a vista ancora condotti di posacavi, eppure si è affascinati dal clima di officina che in genere un cantiere traspare. Situazione che si adatta perfettamente a quel concetto di lavoro di ricostruzione che è stato fatto sull'opera che si andrà a vedere. Una intuizione perfettamente riuscita a Francesco Micheli regista stesso che ha saputo trasformare un spazio teatrale tradizionale, ma ancora incompleto, in un laboratorio teatrale e luogo non conforme per un allestimento di un'opera lirica. Platea come spazio scenico, pubblico nei palchi e, in tribuna, sul palcoscenico, orchestra in buca girata verso il pubblico: uno spazio di 360 gradi che utilizzava il pavimento della sala, coperto dal fogli della partitura come sfondo per proiezioni evocative delle ambientazini degli atti. Tutto scorre sull'entusiasmo dell'evento, con Jean-Luc Tingaud, esperto nel repetorio operistico francese, da capo dell'Orchestra e del Coro, diretto da Fabio Tartari, del festival Donizetti Opera, capace di rendere la complessità e la monumentalità insita nella partitura donizettiana. E' stato il cast vocale che, di fatto, ha trasformato una operazione, da filologicamete accademica, in successo sincero e condiviso. Il baritono Florian Sempey, un don Fernand d'Aragon, frontato nella gestione dei suoi affetti, il basso comico Roberto Lorenzi (don Gaspar, spaccone) il tenore Konu Kim (Leone de Gastaldi, il giovane innamorato) assime al basso Federico Benetti ( Il Monaco, austero inquisitore) sono stati erfettamente aderenti ai personaggi a loro affidati partecipi nei sentimenti con il loro canto. Protagonista assoluta evocata e materializzata nell'Angelo di Nisida, la Sylvia di Lidia Fridman, giovane cantante di origina russa operativa in Italia con debuti recenti nel repertorio barocco in coproduzioni con il Conservatorio di Venezia e Teatro La Fenice e assurta all'attenzione della critica per la sua partecipazione al passato festival di Martina Franca. E' stata capace di rendere emotivamente gli aspetti complessi del suo carattere, da anima di nobile fanciulla evocata, a innamorata a donna tradita nei suoi affetti, dotata di bella voce brunita ma ben proiettata nelle parti alte della partitura. All'essenzialità dell'allestimento delle scene di Angelo Sala ha fatto da contraltare i costumi di Margerita Baldoni, che se per i protagonisti erano abiti poco più che correnti, ha saputo trasformare il coro, nel terzo atto in una rievocazione iconografia del Gotico internazionale con abiti fatti di carta, che riproponevano i tessuti damascati delle iconografie dei cicli di affresci del cultura cavalleresca profana, coinvolgendolo in una evocativa e meccanica danza rinascimentale, una sorta di danza dei tarocchi, certamente il momento più particolare nel complesso dell'allestimeno. Clamoroso successo decretato da un pubblico internazionale che sta sempre di più caratterizzando il festival bergamasco. I costumi di carta strappati sono stati raccolti come ricordo, frammenti di un evento da ricordare.
Federica Fanizza