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CASSANDRA, IN TE DORMIVA UN SOGNO- regia Daniele Salvo (IN STREAMING)

"Cassandra, in te dormiva un sogno", regia Daniele Salvo. Foto Gallery del Teatro Coccia "Cassandra, in te dormiva un sogno", regia Daniele Salvo. Foto Gallery del Teatro Coccia

musica di Marco Podda
libretto di Daniele Salvo e Giulia Diomede
regia Daniele Salvo
scenografia Danilo Coppola
costumi Daniele Gelsi
disegno luci Ivan Pastrovicchio
trucco e acconciature Rosalia Visaggio con Chiara Sofia Drossoforidis
direttore Petar Matošević
Ensemble strumentale della Cappella Tergestina
Lidia Fridman, Cassandra
Melania Giglio, Thanatos
Giulia Diomede, Ecuba
Maestro alla direzione Riccardo Bisatti
Chiara Valli, Clitemnestra
Matteo Giambiasi, Agamennone
Francesco Pizzeghello, Taltibio
Figuranti STM Scuola del Teatro Musicale
Erica Camiolo/Linda Caterina Fornari/Letizia Panagini/Chiara Romagnoli
Voci del coro Maria Rita Combattelli, Sofio Janelidze, Ilaria Alida Quilico, Elena Serra
allestimento audio, luci e video MG Service Marco Gervaso e Nicolò Damiani
videoproiezioni a cura di Indyca
Prima assoluta, commissione del Teatro Coccia di Novara
Con il patrocinio della Fondazione Inda
In collaborazione con Archivio Fondazione Inda
Novara, teatro Coccia, 28 novembre 2020
(canale YoutubeTeatro Coccia)
https://www.youtube.com/watch?v=iitZGDycGio&t=33s

www.Sipario.it, 30 novembre 2020

Stranamente nessuno dei tre grandi tragici greci (Eschilo, Sofocle, Euripide) ha dedicato un’opera a Cassandra che come è noto aveva la facoltà della preveggenza, un dono acquisito quando rifiutò le profferte amorose di Apollo, di cui forse avrebbe fatto a meno. Tuttavia Euripide la colloca fra i personaggi principali delle Troiane mentre Eschilo la rende protagonista della prima parte dell’Orestea (l’Agamennone appunto) dove lei, dopo aver predetto sanguinolenti epiloghi, verrà scannata con Agamennone dalla moglie Clitemnestra e da Egisto suo amante. Insomma è come se Cassandra avesse vinto l’Oscar di “attrice non protagonista”. Adesso a farle vincere l’ambito premio hollywoodiano di “attrice protagonista” ci ha pensato Marco Podda cui si deve l’ideazione e la partitura musicale, contribuendo Daniele Salvo (pure regista) e Giulia Diomede (pure Ecuba) alla stesura d’un poetico libretto, titolato Cassandra, in te dormiva un sogno, quasi estrapolando la sua presenza dalle due tragedie accennate prima, con un occhietto rivolto ai versi dell’Eneide di Virgilio e all’Iliade e Odissea di Omero. A causa della pandemia del coronavirus ho visto lo spettacolo dallo schermo del PC di casa mia la sera del 28 novembre programmato in streaming sul Canale YouTube del Teatro Coccia di Novara, con la regia-video di Roberto Recchia. Un modo per allenare la mia curiosità e restare alla fine soddisfatto dell’intera operazione che ha visto coinvolte tre ottime prime donne: il soprano di origine russa Lidia Fridman nel ruolo del titolo, l’attrice cantante Melania Giglio una Thanatos vestita tutta di nero (i costumi erano di Daniele Gelsi) comprese le enormi ali e le quattro facce stampate sul petto e agghindata d’un mantello che le copriva per metà il suo capo reso calvo, da farla somigliare a quella morte de Il settimo sigillo di Ingmar Bergman che giocava a scacchi col cavaliere Max von Sydow di ritorno dalle Crociate e non dimentico l’attrice mezzosoprano Giulia Diomede nelle vesti dolenti di Ecuba, sposa del re Priamo e madre di Cassandra. Ho avuto una certa difficoltà a seguire le parti cantate, spesso in greco antico e non sottotitolate, mentre tutto il resto dell’operazione, un po’ opera lirica, un po’ melologo e un po’ teatro di prosa era comprensibile. La messinscena visionaria e misteriosa di Daniele Salvo via via scorrevano i vari momenti mi intrigava e mi affascinava sempre più forse perché realizzata su un ampio spazio come quello d’una platea completamente svuotata delle sue poltrone (scene di Danilo Coppola), illuminata doviziosamente da Ivan Pastrovicchio per dare l’idea d’un campo di battaglia o d’un increspato mare di cobalto solcato, poi, da un barcone che avrebbe condotto a Micene la mitologica eroina mai creduta nei suoi vaticini, in compagnia del suo dominus greco Agamennone che ha sconfitto il popolo di Troia. Per poco più di un’ora ho respirato un’aria di morte, complici le immagini su un grande schermo, che chiudeva il proscenio del Teatro, di volti sfigurati, di fiamme, battaglie, di terre desolate e di palazzi sventrati dalle bombe, viaggiando attraverso un grande antro dell’Averno assieme a Thanatos che brandiva una spada sprizzante lingue di fiamme e in compagnia d’un combriccola mortifera di otto elementi (allievi figuranti del corso per attori dell’STM – Scuola del Teatro Musicale) con le maschere sul viso e con in testa copricapi decorati con corni di cinghiale, bufalo, caproni etc.., che fungeva da coro e pure da ensemble danzante, composto dal dio del sonno Ypnos, dalla notte Nux, dal destino Moros, dalla morte violenta Ker, dal figlio delle tenebre Erebos, da Caos, dalla tessitrice del filo della vita degli uomini Cloto e da colei che lo recide Atropo. Ecuba e Cassandra sono solo un campione di tutte le donne troiane andate prigioniere dei greci vincitori e non si lamentano in greco avvolte da tulle e garza bianca come quelle trenta protagoniste raffigurate da Thierry Salmon in una irripetibile versione delle Troiane durante il Festival d’Avignone del 1988 (poi bissato a Gibellina), ma ugualmente riescono ad emozionare con le loro voci sopranili, merito pure di Podda che propone “una nuova concezione di format di opera lirica in cui sono compresenti alla musica elementi multisensoriali (acustici extra musicali, visivi ed olfattivi)”. Ci si commuove quando si portano in scena i resti del corpicino di Astianatte, figlio di Ettore e Andromaca, sfoderando la nonna Ecuba in ginocchio un grido strozzato e pieno di orgoglio: “avete avuto paura d’un bambino”. E si prova un senso di pietà quando il messaggero Taltibio annuncia il triste futuro di Ecuba e Cassandra, la prima schiava di Ulisse, la seconda di Agamennone, che si sostanzierà ad un tratto sulla scena in groppa ad un cavallo (di cartapesta), ignaro dell’atroce fine che le sta preparando la moglie col suo ganzo, subendo Cassandra la medesima sorte. L’epilogo dal sapore esoterico vedrà Cassandra morta portata su quel barcone da Thanatos che rema verso gli inferi.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Mercoledì, 02 Dicembre 2020 13:12

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