di Wolfgang Amadeus Mozart
direttore: Ottavio Dantone
regia: Michael Hampe - ripresa da Caroline Lang
scene e costumi: Mauro Pagano
maestro del coro: Alfonso Caiani
con Solisti dell'Accademia di canto del Teatro alla Scala, Orchestra dell'Accademia Teatro alla Scala
Milano, Teatro alla Scala, dal 2 al 19 novembre 2007
Ancora acerbi quei giovani per "Così fan tutte"
Torna a risplender nitida, scintillante, struggente, nel cielo della Scala, quella piccola stella sopra il mare del Così fan tutte. E l'acqua palpitante di riflessi lievi, appena al di là della casa ricca e armoniosa d'archi, tende, terrazze, arredi alla napoletana del Settecento, e i costumi d'un'eleganza magnifica e affettuosa, sono le immagini d'uno dei più incantevoli e precisi allestimenti del nostro tempo.
La Scala, che lo presentò tante volte diretto da Riccardo Muti, con compagnie mirabili, lo riempie ora dei bravi ragazzi della sua Accademia di canto; e con successo allegro. Ma io penso che faccia male: l'opera mozartiana, inaffrontabile dall'orchestra giovanile raccolta e un po' raffazzonata in un paio di mesi, è inadatta alle qualità diverse, necessariamente immature, anche quando brillanti, e poco pertinenti dei suoi giovani cantanti.
Per cui si esce con grande rispetto per la buona volontà di tutti gli interpreti e con voglia di incoraggiarli, e con qualche emozione per l'incontro con Mozart. Ma senza l'impressione di trovarsi in un teatro di esemplare riferimento e di qualità garantita. Curiosamente, poi, a condurre quest'ardua operazione, è stato chiamato sul podio Ottavio Dantone, il più geniale clavicembalista che abbia mai ascoltato, musicista eccellente ed artista squisito, ma spesso distaccato e sfiorante come direttore, che ha affrontato questa partitura come se non ci fosse una storia da raccontare, una vicenda fragrante di parole, a cominciare dai recitativi con cembalo e fortepiano smangiati via a rompicollo. E per le tre donne, il cui impasto vocale è così delicato, son stati scelti tre soprani, di voce simile; per il tenore, un cantante volonteroso ma privo d'ogni voluttà, così importante nel suo ruolo, e, per la parte quasi da conversazione del basso, uno tutto accenti e piccoli boati. Mi sembra dunque utile in questa circostanza, anche per stima verso il serio lavoro quotidiano di formazione dell'Accademia, citare qui semplicemente i giovani che hanno dato la prova migliore, a cominciare dalla straordinaria, intensa, calda Teresa Romano, Fiordiligi, e dalla svettante e armoniosa Nino Marchadze, Despina, che ha fra l'altro la gioia di recitare bene; Fabio Capitanucci, Guglielmo, è autorevole di voce e di presenza. Caroline Lang ha ripreso con bravura la regìa salda e tradizionale di Michael Hampe.
Lorenzo Arruga
«Così fan tutte», vivacità e rigore di stile
L' incanto delle luci del mattino sul Golfo di Napoli, la magia di quel cielo quando si accendono le prime stelle, gli splendori del bianco, dell' oro e del purpureo, i costumi magnifici, una regia garbata anche nei guizzi più spiritosi hanno reso il «Così fan tutte» di Mozart nell' edizione Hampe-Pagano un caposaldo della Scala. A quasi un quarto di secolo dal debutto (1983), questo allestimento, in scena fino al 19 novembre, è ora il banco di prova per i nuovi talenti dell' Accademia della Scala: orchestrali, coristi; e solisti di canto, forgiati dalla severa maestria di Leyla Gencer. Scuola esemplare, per il rispetto di una tradizione interpretativa che preserva l' eleganza del vero Mozart, il sorriso di un mondo in cui anche la burla, anche l' allusione piccante occhieggiano dietro cascate di rose. Non pare invece il massimo del rispetto dare un' opera «giocosa» il giorno dei morti (o è stata un' idea di Delio Tessa?); come poco rispettoso è il pubblico di turisti, in camiciola da scampagnata fra gli smoking, che applaude nel mezzo di un' aria («Una donna a quindici anni») e tempesta la recita di flash per foto-ricordo. Questo a margine: la sostanza resta la prova degli allievi dell' Accademia, diretti con finezza da Ottavio Dantone. Dizione perfetta, vivacità sulla scena, rigore di stile: «Lieto canto e suon giulivo». Non chiediamo al Tenore Mozartiano, in via d' estinzione, molto più che la delicatezza «sul fiato» di Leonardo Cortellazzi (Ferrando); sono corretti Francesca Ruospo (Dorabella) ed Elia Fabbian (Don Alfonso); scuro e tornito il Guglielmo di Fabio Capitanucci; più efficace Nino Machaidze, una Despina dal bel timbro rotondo, sicura e sensuale ben oltre il cliché della servetta garrula (e altro che quindicenne!). Teresa Romano, Fiordiligi, cresce, anche vocalmente, nel corso dell' opera. Dai temibili intervalli di «Come scoglio immoto resta» alle ferite della tentazione e del rimorso, è il diplay su cui scorre la morale dell' opera, l' amara diagnosi del terapeuta di coppia don Alfonso, un dottor House in vesti settecentesche: tutti mentono...
Gian Mario Benzing