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FALSTAFF - regia Franco Zeffirelli

Falstaff Falstaff Regia Franco Zeffirelli

di Giuseppe Verdi
direttore: Asher Fisch
regia e scene: Franco Zeffirelli
costumi: Maurizio Millenotti, coreografia: Carla Fracci, disegno luci: Agostino Angelini
con Renato Bruson, Carlos Alvarez, Myrtò Papatanasiu
Orchestra e Coro del Teatro dell'Opera
Roma, Teatro dell'Opera, dal 23 al 31 gennaio 2010

Il Messaggero, 24 gennaio 2010
Il Messaggero, 24 gennaio 2010
Sapore di Shakespeare

S’apre il sipario sul primo atto del Falstaff di Verdi, spettacolo inaugurale della stagione 2010 dell’Opera di Roma, e piomba in platea, corposo, vellutato come un grande rosso, il sapore di Shakespeare. L’Osteria della Giarrettiera che Franco Zeffirelli, regista e scenografo, ha pensato per il nuovo allestimento del titolo, catapulta ogni spettatore, in diretta e senza mezze misure, all’inizio del Quattrocento, a Windsor, nel covo di legno e vino di sir John Falstaff. L’anziano cavaliere, pingue oltremisura, poggia l’ampio deretano in un tronco di barile, fra i cuscini. Altre botti, di enorme stazza, arredano il locale, fra sedie, tavoli e vasellame. Una scala, a sinistra per chi guarda, sale al piano superiore. Grosse travi annerite sostengono il ballatoio, al quale le serve s’affacciano mostrando la scollatura. Il quadro conquista. C’è, nell’aria di scena, odor d’arrosto e di fumo, sentore d’acquavite, di cera, di sudore. Shakespeare e le sue Allegre comari (è la commedia che, assieme all’Enrico IV, dà materia al libretto) li si avverte presenti, e subito complici.

Il titolo lirico che più d’ogni altro si collega con il teatro d’attore, riporta Zeffirelli ad atmosfere amate, familiari, allo Shakespeare che gli ha ispirato due film-capolavoro quali La bisbetica domata e Romeo e Giulietta. Con il Bardo di Stratford-on-Avon il maestro fiorentino ha un rapporto quasi medianico, di lui conosce i colori, il gusto, il tratto. E usando, per i costumi, la fantasia visionaria e l’eleganza di Maurizio Millenotti, li dispensa a piene mani anche in questa occasione. Per capire, basterà lasciarsi andare al giardino di rampicanti e vasi fioriti del secondo quadro del primo atto, pieno di luce e di gioia attorno alle comari chioccianti, la bella Alice Ford, Meg Page, Nannetta figlia di Alice e la sapida mezzana Quickly. Basterà partecipare, con gli occhi e con il cuore, al gran bailamme che si crea in casa della Ford quando, nel secondo atto, le comari infilano l’imbellettato Falstaff, accorso all’appuntamento amoroso, dentro il cesto del bucato, fra valletti che entrano ed escono, traffico di vicini, la furia gelosa del marito di Alice, Nannetta scoperta in ardente petting con il suo innamorato. Un dipinto d’epoca la visione della Ford che suona il liuto nella sua ricca dimora e riceve, trattenendo a stento le risate, gli omaggi dell’attempato seduttore. E clamorosa l’espulsione della canestra dei panni dalla finestra di casa Ford: tutti immaginano sir John che finisce rumorosamente nelle non limpide acque del Tamigi.

Il terzo tempo colloca Falstaff, fradicio e inviperito, nei pressi dell’Osteria, accanto a un carretto carico di paglia. E’ il momento, per le comari, di abbindolarlo un’altra volta, promettendogli un nuovo appuntamento. Ed ecco il bosco: immane, scuro, attraversato da bassi veli di nebbia, putrido di muschio. Zeffirelli e Millenotti scatenano a questo punto una sarabanda di presenze fate, folletti, elfi, streghe e mostriciattoli degna degli antichi libri di fiabe inglesi, quelli da ritagliare per il decoupage. Ci sono cappelli a punta, mantelli piumati, bacchette magiche, maschere da fattucchiera, zucche ghignanti a mezz’aria illuminate da una luce interna, radici arboree che si animano protendendosi come artigli verso Falstaff vestito da Cacciatore Nero, e persino un cavallo in carne ed ossa, immacolato, che trasporta Nannetta in foggia di Regina delle Fate. Folla. Le danzatrici coreografate da Carla Fracci intrecciano attorno a sir John (ieri sera Bruson, attore immenso) càrole e minuetti. Fino al quadro finale, il famoso tutto nel mondo è burla, che Zeffirelli fissa in un gruppo “da fotografia” capace di occupare l’intero proscenio, da una parte all’altra. L’opera si chiude con questa specie di colossale bandiera della burla, inno alla vita, alle voglie, all’eterna corsa dell’uomo verso la giovinezza che volutamente esclude, dal gioco, ogni tentazione di malinconia. Qualcuno dirà che Zeffirelli ha ecceduto in numero di figuranti e di comparse, e gli si potrebbe dar ragione. Ma di fronte alla “foto di gruppo” dell’epilogo, merce oggi rara, non si può che rallegrarsi di tanta abbondanza.

Rita Sala

Le voci superano la prova

Il cartellone 2010 dell’Opera di Roma è nell’insieme piuttosto rétro. Niente da dire però sulla scelta del titolo inaugurale. Il Falstaff di Verdi è un capolavoro che si vorrebbe ascoltare ogni anno. La commedia in musica per eccellenza: il dialogo, con il contributo di un’orchestra “leggerissima” (disse lo stesso Verdi), ha la stessa, alta qualità espressiva sonora dei momenti melodici, questi ultimi disseminati in mille luoghi della partitura o concentrati negli assolo come “Quand’ero paggio” e come i due momenti magici dello straordinario “Sonetto” e di “Sul fil d’un soffio etesio”. E per quelli che sanno a memoria le opere di Verdi, ci sono la curiosità e il divertimento delle tante autoparodie: “povera donna” con cui Quickly commemora fintamente Alice, copia ironica del “Povera donna” della Traviata; l’inneggiante “Immenso Falstaff” di Bardolfo e Pistola all’indirizzo del loro padrone, debitore all’”Immenso Fhtà” che si sente in Aida; i corni nell’aria delle “corna” di Ford che ricordano da vicino quelli dell’aria “Dormirò” sol del Don Carlo intonata da Filippo II, anch’egli marito dubbioso.

E dunque è stato bello, ieri, ritrovare questa meraviglia del teatro in musica con la sua vivacità ritmica e la raffinatezza delle armonie, la strumentazione profumata e la bellezza degli incisi melodici, l’abilità contrappuntistica e la potenza raffigurativa degli accenti.

Non altrettanto entusiastica l’impressione destata dall’esecuzione. E’ stato un Falstaff a corrente alternata, come per verità capita spesso con questa partitura stupendamente ambigua, dove la sostanza del tramonto viene esposta sotto il velo del comico: opera, forse, ineseguibile, ovvero impossibile da rendere nella sua totalità.

Asher Fisch è un bravo maestro, l’ha dimostrato nel Viaggio alla fine del millennio di Bardanashvili, diretto qui nel 2008. Ma per Falstaff ci vuole, forse, una maggiore maturità. In generale la sua direzione è parsa voler illuminare i valori strumentali (in effetti l’orchestra ha ben risposto) più che sostenere l’integrazione e l’omogeneità con il discorso scenico.

E’ poi sembrato che il direttore abbia un po’ trascurato quella che si può definire la “regia vocale”: non sempre il testo di Boito ha avuto il risalto che merita, anche perché gl’interpreti non erano sollecitati costantemente alla chiarezza della dizione. E’ stato come se l’esecuzione fosse rimasta, se ci passate l’espressione, un po’ indietro di sale.

Renato Bruson come Falstaff si avvale di un intatto carisma, meno soggetto ad usura della voce, che mostra qualche asprezza: ma nella flemma di “ho fatto ciò che hai detto”, nell’ironia di “se Falstaff s’assottiglia” e nella solennità di “Va’ , vecchio John”, si sente il grande interprete. Buon antagonista, Carlos Alvarez, un Ford eloquente ma misurato, anche quando sente odore di corna. Spiccano i due amorosi, il tenore Taylor Stayton (Fenton) e il soprano Laura Giordano (Nannetta) per l’incantamento vocalistico nel Sonetto e in “Sul fil d’un soffio etesio”. Brava Myrtò Papatanasiu (Alice), specie nel canto disteso come l’aerea frase “Gaie comari di Windsor...”.

Francesca Franci è una Meg d’esperienza e Elisabetta Fiorillo una Quickly pimpante,efficacemenente caricaturale. A posto il Cajus di Mario Bolognesi, il Bardolfo di Patrizio Saudelli e il Pistola di Carlo Di Cristoforo. E bella la prova del coro nell’ultimo atto, chiuso da una soddisfacente realizzazione del fugato “Tutto nel mondo è burla”.

Alfredo Gasponi

Ultima modifica il Lunedì, 22 Luglio 2013 10:39
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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