Libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
REGIA, SCENE Franco Zeffirelli
COSTUMI Maurizio Millenotti
LUCI Paolo Mazzon
COREOGRAFIA Giuseppe Picone
DIRETTORE Andrea Battistoni
VIOLETTA Nadine Sierra
ALFREDO GERMONT Francesco Meli
GIORGIO GERMONT Ludovic Tézier
FLORA BERVOIX Sofia Koberidze
ANNINA Yao Bohui
GASTONE VISCONTE DI LETORIERES Matteo Mezzaro
IL BARONE DOUPHOL Nicolò Ceriani
IL DOTTORE GRENVIL Giorgi Manoshvili
IL MARCHESE D’OBIGNY Roberto Accurso
GIUSEPPE Francesco Cuccia
UN DOMESTICO DI FLORA/UN COMMSSARIO Stefano Rinaldi Miliani
PRIMI BALLERINI Liudmila Konovalova, Davide Dato
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici della Fondazione dell’Arena di Verona
Verona, Arena Opera Festival, 26 agosto 2023
Si può sorvolare su questo complesso ultimo allestimento de La Traviata di Franco Zeffirelli del 2019, più volte descritto e commentato, al quale va il merito per quell'introduzione con il funerale di Violetta/Margherita/Alphonsine fatto di rintocchi di una campana a morto, di un carro funebre e un piccolo seguito mesto, seguito dalle note lente del Preludio, quasi una marcia funebre, di un opera che inizia con una gran festa a sottolineare il labile confine tra la vita e la morte. Dopo l'ammaliante Violetta del soprano australiano Jessica Pratt, al suo debutto italiano nel personaggio verdiano pochi giorni prima, ecco un altro debutto, questa volta del soprano americano Nadine Sierra, altra voce d'agilità nel panorama sopranile internazionale. In Arena si è conferma in un ruolo che l'ha vista debuttante a Firenze nel 2021 proprio assieme a Francesco Meli, entusiasmando il pubblico di quel teatro, e consolidare il ruolo al Metropolitan di New York all’inizio d’anno. A Verona, in una unica recita, si è conferma come interprete da "manuale", definendo una Violetta belcantista e mantenendo questa connotazione in tutto il corso dell'esecuzione senza cedere a tentazioni drammatiche o naturaliste, mettendo a segno una interpretazione precisa e pulita nei passaggi di agilità. Praticamente perfetta ma alla quale, visto anche il contesto di unica sua presenza tra l'altro in un allestimento di tradizione, la Sierra non concede alcuna riflessione sulla complessa personalità del personaggio di Violetta, ma piuttosto, essendo dotata di una bella coloritura e voce di agilità, ha esaltato l'aspetto giovanile della protagonista verdiana senza inerpicarsi su scelte interpretative che in questo contesto forse non erano neppure richieste, ma lavorando soprattutto di voce. Di aiuto deve esserle stato anche il film realizzato da Zeffirelli stesso, di cui la messa in scena dell’Arena ricostruisce gli ambienti proposti nel film, come modello di gestualità per alcuni assetti scenici che ha dimostrato di aver appreso, come nella scena della morte finale. Accanto a lei, presenze ormai consolidate in Arena, Francesco Meli, come Alfredo Germont, e Ludovic Tézier in Giorgio Germont. Francesco Meli ha dimostrato di possedere e di conservare un canto sorvegliato e sicuro nei momenti di slancio che gli ha permesso di dare prova delle caratteristiche della sua voce dotata di un buon fraseggio, timbro ampio e squillante, lirico e doloroso nel contempo. In pieno possesso della parte scenica in questo allestimento è stato capace di muoversi agevolmente in palcoscenico e di essere stato guida in scena alla sua degna compagna. D'autorità il Giorgio Germont di Ludovic Tézier che colpisce per la sua linea di canto fluida che non cade nella scorciatoia del declamato, dando respiro al duetto con Violetta, proseguendo sul canto nell'aria Di provenza... Del resto è un veterano nel ruolo, dominando la parte con il complesso concertato finale sulle parole Di sprezzo degno sé stesso rende chi pur nell'ira la donna offende... Una bella dimostrazione di essere in possesso di quella cantabilità che nel Gala in onore a Jonas Kaufmann era rimasta compressa. A tenere assieme questa produzione di Traviata in Arena, in 5 delle 6 rappresentazioni previste (l'ultima del 9 settembre è affidata a Marco Armiliato), è stato il direttore Andrea Battistoni che ottiene il giusto riconoscimento di profeta in patria. Prodotto geniale del Conservatorio musicale di Verona, con una buona esperienza maturata in Giappone, si è conquistato giustamente la ribalta alla direzione di questa produzione areniana. Certo il suo gesto è alquanto attoriale e molto dispersivo, ma alla fine ha definito giusti tempi e trovato ispirazione nella difficile gestione dei preludi a cui ha dato il senso dell'attesa: una lettura senza slanci di prestazione o particolari letture interpretative, ma sostanzialmente corretta e dimostrando attenzione ai complessi rapporti tra palcoscenico e orchestra che sembra sia la dominante di questa gestione musicale in Arena. Come sempre funzionali al canto e all'azione scenica le voci di contorno dalla Flora Bervoix di Sofia Koberidze, all'Annina di Yao Bohui. Molto spigliato, anche se attivo solo al primo atto, Matteo Mazzaro in Gastone, consolidato il Barone Douphol di Nicolò Ceriani, il Dottor Grenevil di Giorgi Manoshvili, il Marchese d’Obigny di Roberto Accurso, Giuseppe di Francesco Cuccia, il Domestico di Stefano Rinaldi Miliani. Fondamentale l’apporto del Coro istruito da Roberto Gabbiani, come dei Tecnici areniani per lo spettacolare cambio scena a vista del secondo atto, le cui feste sono animate dal Ballo coordinato da Gaetano Petrosino con Liudmila Konovalova e Davide Dato, primi ballerini dell’Opera di Stato di Vienna. Come sempre il pubblico applaude con sincerità, anche se non ci sono stati grandi momenti di ovazione, ma ha segnato tutti gli interpreti con ripetuti chiamate alla ribalta e non sono mancati gli applausi omaggio alle architetture sfavillanti del palazzo di Flora, con il finale d'effetto di spari di coriandoli luminescenti, un ringraziamento nei confronti dei tecnici dell'Arena per la capacità di ricreare l'immaginazione della finzione teatrale. Federica Fanizza