lunedì, 17 giugno, 2024
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FRANCO ZEFFIRELLI SCENOGRAFO: ANALISI STILISTICA PER L'OPERA "IL TROVATORE". -di Roberto Facchinelli

2021 "TOSCA" BOLSHOI Theatre of Russia. Foto Pavel Rychkov 2021 "TOSCA" BOLSHOI Theatre of Russia. Foto Pavel Rychkov

Franco Zeffirelli scenografo: analisi stilistica per l’opera
Il Trovatore

Fra le diverse opere scenografiche curate e realizzate dal Maestro Franco Zeffirelli, spicca per qualità e fascino, la scenografia per Il Trovatore, presentata per la prima volta nel 2001 nella splendida Arena di Verona. Cercherò adesso di evidenziare i motivi per cui ritengo che tale scenografia possa essere ritenuta tra le migliori mai realizzate dal Maestro fiorentino ove in questa intricata e complessa opera lirica assunse anche il ruolo di regista. Ricordo che questo grandioso lavoro operistico è stato ben ripreso e ripresentato in più occasioni. Diversi critici hanno recensito quest’opera come il capolavoro di Zeffirelli o se vogliamo, come un’opera sicuramente riuscita o tra le più riuscite del Maestro toscano, soprattutto per quanto riguarda la resa scenografica. Un altro aspetto da non tralasciare è l’uso dosato e ben finalizzato di colori e luci. Analizzando gli spezzoni d’archivio, le registrazioni, i bozzetti, possiamo dire che l’aspetto di retro-modernità è stato in questo caso evitato anche se il movimento degli attori presenti nel palcoscenico, comprese la comparse, risultava, nel suo complesso, “statico”. Zeffirelli è riuscito a conciliare in tale opera tradizione e magnificenza, toccando la modernità, alleggerendo così il senso di sfarzo, di eccessiva pienezza o di eccessiva ridondanza scenica. Il Trovatore è un’opera lirica del 1853 di Giuseppe Verdi assai complessa, un dramma composto in quattro atti su riduzione librettistica di Salvatore Cammarano e Leone Emanuele Bardare. L’ispirazione verdiana parte e si sviluppa del dramma El Trobador (1836) di A. Garcia Gutiérrez. Una trama drammaturgica assai intricata e romanzesca dove i personaggi sembrano navigare o affogare tra l’odio, la guerra, l’ira, il possesso, e amori impossibili. La storia originaria si sviluppa in Biscaglia e in Aragona verso gli inizi del XV secolo.

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Ma il primo punto su cui voglio soffermarmi è l’effetto duplice di questa opera scenografica, nel suo insieme, che si contestualizza in diverse modalità sul palcoscenico: in un verso vi è il fatto epico, cavalleresco, guerriero, se non addirittura atavico; dall’altro, invece, una scenografia di stampo gotico-rinascimentale in cui si nota un comparto architettonico e scultoreo absidale con un grande e imponente crocefisso fortemente illuminato: una luce avvolgente, radiosa, forse riappacificante, ma con visioni barocche e dorate, tipiche di Zeffirelli. Il secondo aspetto è l’aspetto legato alla luce lunare e agli effetti cromatici; aspetto che ha reso ancora più celebre Zeffirelli: sapiente uso delle luci che irradiano atmosfere volutamente immaginifiche. Terzo punto si basa sull’aspetto di modernità, di rinnovamento delle modalità stilistiche del Maestro; qui notiamo due aspetti che si incrociano, che si innestano o semplicemente si alternano in una sorta di “bifronte” della presentazione teatrale. Scrigno che si apre; una fortezza fatta di bandiere di battaglia, armi, scudi, un misto di azione e difesa. Guardando il bozzetto scultoreo in metallo saldato si può notare tutta la forza archetipica dove emerge l’idea di frammento anche nel piano orizzontale di sussistenza degli elementi scenografici con una serie di lastre sovrapposte in modo caotico; diversi elementi costituiscono una sorta di accampamenti, torri d’assalto che insieme costituiscono anche l’impressione di fortezza e di difesa alle offensive nemiche. Nell’opera scenografica sono stati concepiti far l’altro due enormi cavalieri armati che si fronteggiano continuamente; concetto ribadito in scena da ripetuti colpi di spada tra cavalieri in duello sempre coperti da possente armatura.

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Notare l’aspetto metafisico-surreale presente nei bozzetti pittorici; sono esattamente due quelli presi in considerazione: il primo fondato su cromie potenti, bagliori di luce, in un giallo radioso, protagonista assoluto; il secondo (ma non in ordine cronologico) incentrato su un rosso fuoco che predomina ogni orizzonte possibile. Due bozzetti che possono essere visti, tra l’altro, anche come dipinti autonomi; bozzetti edificanti che rendono fortemente le indicazioni del Maestro: un’atmosfera di fuoco e fiamme, di luce abbagliante, tra tenebre e speranza, tra caducità e risollevamento, tra il tramonto di un dramma, fino ad arrivare, forse, per via circolare, all’alba della speranza.  Le forme delle torri sono a base semicircolare e non quadrata;  questo fatto richiama a sua volta la sfericità dell’abside che accoglie la crocefissione.  Sorprendente rimane l’aspetto coloristico: il giallo-dorato diventa protagonista in una visione complessa degli elementi: architettura e scultura sembrano convivere e dialogare.

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La forma plastica vede radiosamente rivivere nelle luci tipiche di Zeffirelli: dal giallo, al rosso fino al blu profondo (simbolo di possibile redenzione o di amore puro e non corruttibile) presente nello sfondo. Il fondale cromatico fa risaltare l’intera scena in un contrasto tra caldi e freddi, tra bagliori e rigorosi chiaroscuri di matrice realistica. Una scenografia che sa ospitare numerose comparse che mediante la loro presenza attoriale sostengono una regia degli accadimenti di vasta complessità. I costumi ben si armonizzano con il contesto giocando molto sull’ alternanza dei colori ma senza travisare in giochi superflui e inutili. In generale possiamo percepire di nuovo un Zeffirelli che sa abbracciare la congiunzione tra passato, tradizione e modernità in modo più evidente e concreto. Si concede all’astrazione, vedi il senso costruttivo presente nel modello plastico che tocca una visione dell’arte informale ma senza stravolgere la sua caratteristica che lo ha reso famoso nel mondo e cioè essere “classico e immaginifico” allo stesso tempo, con un amore mai dimenticato verso l’estetismo. Alcuni critici e commentatori d’opera hanno già sottolineato come il Maestro Zeffirelli abbia voluto dare maggiore risalto all’aspetto scenografico rispetto a quello legato al mondo della regia. Caratteristica che però non lascia lo spettatore solo o abbandonato ma lo porta piano piano a respirare l’atmosfera del racconto; un’atmosfera che par vera e autentica anche se traslata o in parte trasformata. Le immagini di repertorio (seppur alcune frutto di rielaborazione dei bozzetti pittorici e dall’aspetto olografico) fino alle registrazioni filmiche rispecchiano, comunque sia, l’unità di rappresentazione: l’opera e la sua magnificenza. Chiaramente l’opera vista dal vivo è ben altra cosa, e per ora, il plastico in metallo presente alla Fondazione Zeffirelli a Firenze mostra la sua fonte energetica che fa scaturire un insieme di modalità operative tipiche di Zeffirelli; modalità legate fortemente al disegno, alla pittura, all’architettura e all’arte plastico-scultorea.

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Grazie alla Fondazione Zeffirelli ho potuto constatare, vedendo l’archivio, la moltitudine di disegni per la realizzazione delle sue opere. Accanito disegnatore poneva uno studio continuo, amava confrontarsi e cimentarsi con la storia e su moltissime fonti storiche e artistiche in una documentazione bibliografica assai colta e trasversale delle arti: dalla pittura alla scultura, dalla fotografia al paesaggio, ai contesti culturali più svariati. La parte riservata al teatro e a tutte le sue ricerche complementari fanno di questa sua biblioteca privata un luogo di puro incanto e amore per la cultura. Ricordiamo che Franco Zeffirelli ha donato la sua collezione privata di ben ottomila volumi per la creazione di una biblioteca sempre aperta e disponibile al pubblico, proprio a fianco alla sale espositive della Fondazione dedicata al suo nome, nella sua amata città: Firenze. Artista riconosciuto sul piano internazionale, ha ricevuto numerosi e importantissimi riconoscimenti, cha fanno di Zeffirelli, una figura partecipe al “mito” della storia teatrale e cinematografica. Un ringraziamento speciale va posto alla Fondazione Zeffirelli di Firenze che ha concesso, gentilmente, questo articolo e le immagini inedite qui presenti. 

Roberto Facchinelli

Ultima modifica il Domenica, 26 Maggio 2024 23:15

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