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GAZZA LADRA (LA) - regia Damiano Micheletto

La Gazza Ladra La Gazza Ladra Regia Damiano Micheletto. Foto Ennevi

di Gioachino Rossini
regia: Damiano Micheletto, scene: Paolo Fantin, costumi: Carla Teti, luci: Mark Truebridge, direttore: Lü Jia
Orchestra Haydn di Bolzano e Trento e Coro da Camera di Praga.
con Mariola Cantarero, Michele Pertusi, Dmitry Korchak, Alex Esposito, Manuela Custer, Paolo Borgogna, Kleopatra Papatheologou, Stefan Cifolelli, Cosimo Panozzo, Vittorio Prato e Matteo Ferrara.
Pesaro, Teatro 2 dell’Adriatic Arena 10, 13, 16 e 19 agosto 2007

Avvenire, 12 agosto 2007
Il Giornale, 12 agosto 2007
ROSSINI FESTIVAL
Divide il pubblico a Pesaro la versione attualizzata del capolavoro
Applausi per il direttore Lu Jia «La gazza ladra» copia Hollywood

L'opera diventa il sogno di una bambina, ma non convince l'eccesso di effetti speciali del giovane regista Michieletto. Ottimo invece il cast, Michele Pertusi in testa

Colpo di scena. La gazza ladra non è una storia vera ma un sogno. I soggetti delle opere liriche sono quasi sempre inventati, comprese le opere di ambiente storico. Poche eccezioni: ad esempio i Pagliacci sono a un fatto di cronaca nera accaduto in Calabria e quest'opera rossiniana porta sulle scene la tragica condanna a morte di una ragazza accusata di un piccolo furto nella Francia dopo la Restaurazione. Per Damiano Michieletto, il giovane regista che ha messo in scena La gazza ladra a Pesaro, protagonista dell'opera non è l'impertinente volatile che, rubando un cucchiaio d'argento, mette nei guai la serva Ninetta, ma una bambina. E lei, in un sogno appunto, la causa e la testimone di tutta la vicenda: ciò che si vede per quattro ore, i furti, le accuse, l'onestà della ragazza, la generosità di suo padre, la prepotenza di un podestà, la tragedia evitata dal lieto fine, è solo frutto dell'esuberanza onirica della ragazza.
Idea interessante: solo che anche il regista pecca di esuberanza ed entra spavaldo nel campo degli effetti speciali di certo cinema post moderno o in raffigurazioni alla Andy Warhol. Notevoli i rischi, anche se rispetto a come 48 ore prima nella stessa Adriatic Arena era stato realizzato l'Otello, il salto di qualità è notevole. Le trasgressioni stavolta almeno hanno un senso, e se non lo hanno è solo perché in un sogno tutto è consentito. Non prima però che esso cominci. La bambina entra in scena mentre l'orchestra esegue la più celebre sinfonia rossiniana: nel suo lettino sul proscenio, non riesce a prendere sonno e scalcia le lenzuola al pari di Sandra Mondaini, e quel che è peggio lo fa a tempo con i ritmi di una musica che invece merita il rispetto di tutti. Poi s'addormenta e comincia la sua avventura nell'opera in un clima erroneo di brillantezza che s'interrompe solo nel secondo atto, quando arriva finalmente il clima tragico.
Pubblico diviso nel giudizio della regia, mentre è stato unanime il consenso per la parte musicale e vocale. E non è poco se si considera lo splendore della partitura rossiniana che alle arie, ai concertati di proverbiale bellezza, unisce un clima profetico impressionante: un duetto fra Ninetta e il padre anticipa Verdi, e la «marcia funebre» addirittura certi impasti mahleriani. Pregevoli l'esecuzione dell'orchestra Haydn di Bolzano e Trento e la direzione di Lu Jia. Il cast vocale era dominato da un imponente Michele Pertusi nei panni del podestà (un po' vampiresco nell'aspetto, però, e con atteggiamenti degni di Scarpia). Ninetta era la brava Mariola Cantarero, più votata al sentimento che al virtuosismo, e suo padre l'eccellente Alex Esposito. Apprezzati anche il Pippo di Manuela Custer e la Lucia di Kleopatra Papatheologou.

Virgilio Celletti

La «Gazza» lascia senza fiato volando sull’altalena dei sogni da Pesaro

La gazza ladra, quasi quasi, è un giallo: c'è una servetta con un padre inseguito dalla polizia per ragioni politiche, invano concupita dal Podestà per ragioni carnali, accusata di furto di posate preziose e fatta condannare a morte da un implacabile tribunale da incubo nella vana speranza ch'ella ceda alle sue voglie; ma con quel titolo, via, siamo preavvertiti su chi si è presa di nascosto i pezzi d'argenteria, e dunque Rossini non vuole che la nostra attenzione vada nella suspense. Quasi quasi è anche un'opera buffa: una buona mezz'ora di feste paesane, banchetti, brindisi, tenerezze, amicizie ed amori, solcati appena dal piccolo dubbio su qualche sparizione; ma poi tutto il clima si trasforma, Ninetta la servetta va in galera e gli incontri diventano segreti e lancinanti, la statura del padre cresce, quasi quasi è un'opera tragica. Ma è ancora un'altra cosa.
È quello che han chiamato «semiserio». Alla vigilia dell'opera romantica, l'opera buffa, che conteneva più di quella solenne e seria i veri contrasti drammatici, salvati nella spinta d'un linguaggio vitalissimo dalla promessa d'un lieto fine, si sgretola, lasciando che non solo gli eventi, ma il suo stesso linguaggio venga intriso dalla paura di perdere la certezza che tutto vada a finire bene, e le traversie dei personaggi diventan gravi e insostenibili, e abbiamo bisogno per salvarci d'un colpo di scena. Accade anche con Beethoven in Fidelio, in Bellini nella Sonnambula.
La storia della Gazza ladra non ha tempo e non ha luogo che non siano quelli del teatro puro: tanto è smaccata l'allegria dei momenti lieti, tanto è scoperta la violenza senza freno di un potere non descritto e non spiegato, tanto è assurda e pretestuosa la presenza della gazza che all'ultimo minuto vien scoperta. È dunque una finzione ardua da mettere in scena, se si vuole che tutto incarni ciò che la musica significa. Al Rossini Opera Festival, qui a Pesaro, il giovane regista Damiano Micheletto, da bravo e attento studioso, capisce che tutto ha la gratuità e la forza paralizzante d'un sogno, e ha l'intelligenza di sfidare gli inevitabili contrasti di parti del pubblico lasciando che lo spazio sia un ossessivo gioco astratto, di cilindri che diventano tutto variamente combinati, e che i personaggi vestano costumi stilizzati del nostro teatro d'oggi, festa d'abiti rossi nelle scene liete, orrore di guerra in quelle minacciose, segnate le une e le altre dall'eleganza dell'ironia. E ha qualcosa di più: il colpo di genio di far sì che il sogno sia d'una ragazza che lo vive nella parte della gazza: e se nell'ouverture si lancia annodandosi in un lenzuolo appeso in cima al palcoscenico, e vola sull'altalena dei sogni di tutti sopra l'orchestra mozzandoci il respiro, per tutta l'opera è presente, non veduta, non capita dai personaggi che si disperano e alla fine la minacciano e costringono al risveglio. È una ragazzina indiana, meravigliosamente inimitabile e leggera, Sandhya Nagaraja.
Vi ho raccontato in qualche modo lo spettacolo e le ragioni della sua grandezza, per la sua novità. Mi piacerebbe avere adesso una pagina a disposizione per spiegarvi la meraviglia della compagnia di canto, e cercare di chiarire perché timbri e colori diversi, senza un modulo ma con uno stile ed un'autenticità, diano forza e varietà allo stile rossiniano. Posso solo presentare un povero elenco, e confessare la soddisfazione di veder crescere, accanto allo stupendo Michele Pertusi, forti personalità giovani che si danno completamente e con tanta autorevolezza alla musica e al teatro: Mariola Cantarero, Kleopatra Papatheologou, Manuela Custer, Dmitry Korchak, Paolo Borgogna, Alex Esposito e tutti gli altri. Lü Jia sembra a volte tagliar l'orchestra Haydn a fette, ma ha diretto ispirato come non mai. Onore anche allo scenografo Paolo Fantin, che ha creato un acquazzone memorabile con acqua vera, alla costumista Carla Teti, al datore luci Mark Thuebridge, e al coro da camera di Praga. Grandi applausi, qualche dissenso allo spettacolo. Se volete, discutiamone, tanto nessuno mi toglierà la ricevuta felicità.

Lorenzo Arruga

Ultima modifica il Lunedì, 22 Luglio 2013 10:43
La Redazione

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