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LA CLEMENZA DI TITO - regia Robert Carsen

"La Clemenza di Tito", regia Robert Carsen. Foto Marco Borrelli "La Clemenza di Tito", regia Robert Carsen. Foto Marco Borrelli

Di W.A. Mozart
Regia:   Robert Carsen
Direzione d’orchestra :  Gianluca Capuano
Tito Vespasiano  : Daniel Behle
Sesto :   Cecilia Bartoli
Vitellia :  Alexandra Marcellier
Servilia :   Melissa Petit
Annio :  Anna Tetruashvili
Publio :  Ildebrando D’Arcangelo
Orchestra : Les Musiciens du Prince – Monaco
Salzburg Festspielen 16 agosto 2024

www.Sipario.it, 21 agosto 2024

Non amo granche’ chi manomette le opere per strapparle – dicono - alla archeologia e farle rivivere nel nostro tempo. Perche’ spesso, troppo spesso, l’ego del regista le uccide.  Ma Carsen, con questa sua Clemenza, ha fatto centro. Ha inventato una nuova Clemenza, un nuovo Tito, ha trasposto con coerenza e credibilita’ l’uno e l’altra nel nostro tempo, tratteggiardo una sorta di fenomenologia del potere che da rudimentale diventa raffinato, cinico, implacabile. Nel libretto di Metastasio, adattato da Caterino Mazzola’, Tito perdona Servio che, spinto da Vitellia, tenta di ucciderlo. Perdonera’ anche Vitellia quando questa confessera’ la sua colpa. Perdonera’ con ostinazione: “ Vediamo se piu’costante sia/ l’altrui perfidia o la clemenza mia”, canta Tito nell’aria “ Ma che giorno e’ questo....”. Non so quanto realistico fosse ieri. Ma un potere tanto magnanime e’ oggi inimmaginabile. Il potere, tutti ormai lo sappiamo, non fa mai regali. Ne’ mai perdona. Non puo’permetterselo, perche’ negherebbe se’ stesso. Nel libretto l’opera si conclude con la apoteosi di Tito alla cui generosita’ tutti inneggiano. Nelle scene finali del rimaneggiamento di Carsen, invece,  Vitellia corrompe il pretoriano Publio per uccidere Tito e istallarsi lei sul trono. Qui’ Carsen e’ Machiavelli. E’ il richiamo alla realta’ e agli effetti perniciosi dei buoni sentimenti. Il principe clemente e generoso rimane vittima di quello stesso potere che finora ha esercitato. Perche’ non lo ha usato come va usato. Cioe’: per dominare e punire. E’ il destino delle ‘anime belle’. La logica del potere e’ piu’forte di chi lo esercita. E travolge i buoni, i puri, gli idealisti. Il potere e’ cinismo, e premia i cinici. Certo, l’infedelta’, nel finale, a Mozart e’ eclatante. Ma non irrita, perche’ Carsen non si sovrappone, ma indica nuovi e convincenti sviluppi. C’e’poi la novita’ dell’ambientazione. Siamo nella Roma odierna, si direbbe negli uffici di un ministero (l’allusione all’attuale governo e’ abbastanza esplicita). L’assalto dei congiurati al Campidoglio viene illustrato con le scene, proiettate su un video, dell’assalto del 6 gennaio 2021 a Capitol Hill. I personaggi vestono abiti di buon taglio, Tito ha l’aplomb del gran manager, piglio deciso e nel contempo umano, le donne vestono eleganti tailleurs, ed e’ un grande affaccendarsi a intessere trame, ordire complotti e intrighi. I cantanti si sono adattati a questo quadro narrativo radicalmente mutato, dando il meglio. Vitellia (Marcellier, soprano) e’ splendida nella sua calcolata perfidia, voce compatta, priva di fronzoli, dritta al segno e recitazione da grande attrice. Tito (Behle, tenore) ha dominato la scena per voce e per presenza. Cecilia Bartoli (la più applaudita) ha reso con intensita’ molto latina la natura generosa e appassionata di Sesto. Capuano ha diretto con sensibilita’ e discrezione l’orchestra dei Musiciens di Monaco. Delle cinque opere di questa edizione del festival, questa mi e’ parsa la migliore.    

Attilio Moro     

Ultima modifica il Giovedì, 29 Agosto 2024 07:59

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