di Gaetano Donizetti
direttore: Antonello Allemandi, maestro del coro: Andrea Giorgi
regia: Pier Francesco Maestrini, scene e costumi: Carlo Savi
con Annick Massis, Roberto Frontali, Stefano Secco, Enzo Peroni
Orchestra e Coro del Teatro dell'Opera di Roma
Roma, Terme di Caracalla, dal 18 al 31 luglio 2008
Dopo quel 1937 in cui trasformò le Terme di Caracalla in un teatro d'opera ( Toti Dal Monte e Beniamino Gigli i protagonisti della storica serata), Lucia di Lammermoor è tornata raramente nel sito archeologico romano. Anche per questo, oltre che per i contenuti dell'opera, per il magico trascolorare dalla malinconia alla concitazione, dalle soavi ornamentazioni all'intrigo drammatico, questa edizione del capolavoro donizettiano era assai attesa. E non ha deluso il pubblico; anzi forse si è rivelato lo spettacolo migliore da quando Caracalla cinque o sei anni fa ha iniziato il suo nuovo corso dopo la lunga, prudenziale stasi.
Gradevole e curata messa in scena ( regia di Pier Francesco Maestrini, scene e costumi di Carlo Savi) e diligente resa musicale. Antonello Allemandi ha guidato con bravura l'orchestra, chiaro nei brani descrittivi, scattante in quelli impetuosi ed espressivo nei nostalgici. Buono nel complesso ed equilibrato il cast vocale che ha superato sia pure con qualche piccola esitazione il proibito sestetto del secondo atto («Chi mi frena…»). Un gradino più su degli altri il baritono Roberto Frontali (Enrico) e i due protagonisti. Soprattutto Annick Massis ( Lucia) che ha dimostrato quanto le acrobazie virtuosistiche non siano inconciliabili con un un fraseggio densamente drammatico e contribuiscano al rilievo della recitazione. Una sorpresa il tenore Stefano Secco (Edgardo), più convincente, anzi impeccabile, sul versante patetico del finale ( « Tu che a Dio…») che gli ha fruttato un lungo applauso. Esemplare il coro guidato da Andrea Giorgi. Quattro repliche da stasera al 31 luglio.
Virgilio Celletti
ma la rivelazione è Secco
La tecnologia è utile ma nasconde delle insidie. L'altra sera a Caracalla, proprio quando il soprano Annick Massis aveva appena attaccato la scena madre della Lucia di Lammermoor, la "pazzia", dagli altoparlanti insieme al suo canto è uscita la voce di qualcuno che chiacchierava. Sembra che un microfono fosse rimasto aperto dietro le quinte. Cose che in un teatro importante non dovrebbero succedere. Dopo un po' dalla platea sono partite delle proteste particolarmente vivaci (poi il microfono malandrino è stato staccato) perché tutti volevano godersi ogni nota della Massis, una Lucia di alto livello, che mantiene una proprietà stilistica impeccabile anche nei virtuosismi più acrobatici. E oltretutto è bella da vedere.
Ma in questa edizione del capolavoro di Donizetti c'è anche un ottimo Edgardo, accorato, sognante e non privo di temperamento: il tenore Stefano Secco, un artista che farà strada perché canta con gusto e bella omogenità vocale. La bravura di entrambi è stata evidenziata dall'amplificazione, discutibile perché altera le prestazioni a livello di potenza ma permette almeno di osservare al microscopio le qualità stilistiche. Una sicurezza l'esperto Roberto Frontali (Enrico); bene il Raimondo di Franco Lufi, a posto gli altri. Insomma dopo un'Aida vocalmente scialba, l'Opera per questa Lucia ha azzeccato il cast. Direzione garibaldina di Antonello Allemandi a cui magari si poteva chiedere, con questi cantanti, qualche sfumatura dinamica e ritmica in più. Ok l'orchestra con un brillante Carlo Macalli nella cadenza del flauto; nella media delle sue prestazioni il coro.
Scozzese che più non si può l'allestimento curato dal regista Pier Francesco Maestrini (scene e costumi di Carlo Savi), tradizionale, pittoresco e un po' bozzettistico: kilt, calzettoni, cappelli con la piuma di fagiano a profusione; e due monumenti di pietra simili ai dolmen. Qualche effetto un po' risaputo come la materializzazione del fantasma della dama, che emerge dalla fontana tipo mostro di Lockness. Per evocare le atmosfere brumose della Scozia, nebbia artificiale in quantità industriale. Piuttosto, non si era mai vista Lucia suicidarsi, anziché svenire, gettandosi dall'alto come Tosca. Accade qui e la trovata sembra funzionare. Il pubblico (non particolarmente folto: Lucia non è Aida) applaude con calore, specie la Massis e Secco. Si replica stasera con Giovanni Meoni al posto di Frontali.
Alfredo Gasponi
L'impianto di amplificazione è rudimentale e i suoni dell'orchestra arrivano distorti. Le rovine imponenti delle Terme fanno da sfondo, ma la scena è un misero palco collocato davanti ai due grandi pilastri che un tempo funzionavano da boccascena. La regia, priva di idee e talora perfino goffa, ignora le possibilità sceniche del luogo (si consiglia una visita ad Avignone per capire come si usa uno spazio storico). Le luci sono di una imprecisione imbarazzante. La bravura dei tre interpreti principali, e in particolare di Annick Massis nel ruolo di Lucia (Roberto Frontali è Enrico e Stefano Secco Edgardo), non basta a salvare lo spettacolo. Improponibile, quasi comico l'Arturo di Enzo Peroni. Quanto alla concertazione di Antonello Allemandi, forse non si poteva fare di più, in quelle condizioni, ma risulta d'una piattezza avvilente. Insomma una Lucia di Lammermoor da dimenticare. Indecente il chiasso dal bar. Roma e il suo teatro, insomma, non perdono un'occasione per dimostrarsi d'una proterva cialtronaggine.
Dino Villatico