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MANON LESCAUT - regia Giuseppe Giuliano

Manon Lescaut Manon Lescaut Regia Giuseppe Giuliano

Dramma lirico in quattro atti
libretto: Giacomo Puccini, con la collaborazione di Marco Praga, Domenico Oliva, Ruggero Leoncavallo, Luigi Illica e Giuseppe Giacosa da Prévost
musica: Giacomo Puccini, maestro concertatore e direttore: Donato Renzetti, maestro del coro: Andrea Giorni, regia: Giuseppe Giuliano, scene: Camillo Parravicini
con Adina Nitescu / Giovanna Casolla /Cristina Piperno, Dario Volontè / Renzo Zulian, Franco Giovine / Marco Camastra,
orchestra e coro del Teatro dell’Opera di Roma
Roma, Teatro dell’Opera, dal 15 al 23 giugno 2007

Corriere della Sera, 17 giugno 2007
Il Tempo, 17 giugno 2007
Mancavano di sensualità quelle trine pucciniane

Nel ritorno della «Manon Lescaut» pucciniana, l' altra sera al Teatro dell' Opera l' aspetto più positivo, ed applaudito, è risultato l' insieme della concezione direttoriale di Donato Renzetti (foto Musacchio), specialmente nella misura in cui sono stati resi i colori vivaci e ricchi di questa variegata partitura. Con la conseguente, senz' altro encomiabile performance dell' orchestra che ha trovato il suo clou nella raffinata realizzazione dell' Intermezzo. Renzetti ha governato egualmente bene il senso del gioco teatrale, articolando con sicurezza i rapporti interni della compagnia di canto. Nella parte della protagonista Adina Nitescu ha vocalmente privilegiato l' impostazione lirica, calibrando più l' accento che la declamazione. Un pò carente di sensualità nell' aria «In quelle trine morbide» e nel duetto del secondo atto, il soprano rumeno è riuscito ad imprimere al suo personaggio nel terzo e nel quarto atto un' intensità ardente e appassionata, culminata nell' eccellente «Sola, perduta, abbandonata». All' inizio non sembrava in serata Dario Volonté nella tessitura molto scomoda di Des Grieux ed un pò ispirato a certi luoghi comuni del verismo. Progressivamente però il tenore argentino è cresciuto nella qualità dell' espressione, non solo nella corda patetica, trovando poi slancio e qualche fraseggio apprezzabile nel finale. Piuttosto grezzo il Lescaut di Franco Giovine mentre gli altri ruoli sono apparsi decorosi senza brillare, l' Edmondo di Francesco Piccoli, il Geronte di Franco Capuano, l' Oste di Orazio Mori, il Maestro di ballo di Mario Bolognesi, il Musico di Annunziata Vestri, nonché Antonio Taschini (Sergente) e Gianluca Sorrentino (il Lampionaio). Buona la prova del coro addestrato da Andrea Giorgi. La riproposta dell' allestimento «datatissimo» (con scene di Camillo Parravicini, costumi di Salvatore Russo) era scontata nell' effetto di gusto «rétro» e si è accompagnata alla regia alquanto incolore e anonima di Giuseppe Giuliano e alla coreografia di routine di Flavio Bennati. Consensi moderati del pubblico dopo i primi atti, più convinti al termine.

Luigi Bellingardi

La Manon Lescaut, seppur ricca di intuizioni e felici spunti, non è certo l'opera più compiuta di Puccini, eppure è una tra le sue più popolari. Uscito dalla penna di un maestro giovane ancora in cerca di affermazione, il dramma lirico tratto da Prévost ha tutti gli ingredienti del gran melò, del melodramma d’ambientazione storica con esasperazione di sentimenti, dal colpo di fulmine al rapimento, dalla fuga d’amore sino al finale sacrificio in desolate terre d’oltre Oceano, il tutto intriso (anche musicalmente, s'intende) di ricordi e malinconie. Donde la sua intramontabile fortuna proprio quasi come di un evergreening romanzo popolare. Al Teatro dell’Opera, il gioiello musicale che ha rivelato il nascere dell’astro del giovane Puccini è giunto a fine stagione (ma l’apertura della stagione estiva di Caracalla è ormai alle porte) grazie ad un’edizione tutto sommato apprezzabile sotto la direzione di Donato Renzetti con la rodata regia di Giuseppe Giuliano e le storiche scenografie di Camillo Parravicini. Per una scrittura vocale così raffinata e sensuale occorrono però almeno un soprano e un tenore di grande valore, reperiti questa volta nella rumena Adina Nitescu e dell’argentino Dario Volontè. Nei panni della vispa Manon, instabile psicologicamente, la Nitescu ha dimostrato una salda vocalità (forse un po’ troppo verista nel quarto atto), ma ha difettato della sensualità e vis amorosa necessarie al ruolo. Non solo goffo ed enfatico scenicamente, ma anche inadeguato vocalmente invece il tenore Volontè, dal diafano registro centrale, più in vena di strilli che di acuti, poco congeniale al ruolo di uno studente innamorato sino alla follia. Meglio nei ruoli di Lescaut, l’ambiguo fratello Franco Giovine, dall’accettabile presenza scenica e in quello del vecchio Geronte, Enzo Capuano. Nel complesso tuttavia questo allestimento è parso privo di smalto, nonostante le belle scenografie dipinte e i costumi di Salvatore Russo. Apprezzabile la lettura di Renzetti, attenta a cogliere ogni dettaglio del timbro orchestrale facendo di Manon un’opera più di inizio che di chiusura epocale come si addice ad un prodotto fin de siècle (l’opera è del 1893). Applausi finali non certo roventi. Si replica sino a sabato 23 giugno.

Lorenzo Tozzi

Ultima modifica il Lunedì, 22 Luglio 2013 11:08
La Redazione

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