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MAOMETTO II - regia Michael Hampe

Maometto II Maometto II Regia Michael Hampe

musica: Gioachino Rossini
direttore: Gustav Kuhn
regia: Michael Hampe, scene: Alberto Andreis, costumi: Chiara Donato, progetto luci: Franco Marri
con Francesco Meli, Marina Rebeka, Daniela Barcellona / Haldar Halevy, Enrico Iviglia, Michele Pertusi, Cosimo Panozzo
Coro da Camera di Praga, Orchestra Haydn di Bolzano e Trento
Rossini Opera Festival
Pesaro, Adriatic Arena, dal 12 al 23 agosto 2008

Il Mattino, 26 agosto 2008
«Maometto II» titanico Rossini in stile cinema
Pregevole allestimento di un'opera dal tema ancora attuale: lo scontro tra cristiani e musulmani

Pesaro. Due cruente tragedie della passione amorosa, non corrisposta in «Ermione», reciproca ma impossibile in «Maometto II», entrambe rifiutate da un pubblico disorientato dalla loro violenza e complessità di dettato musicale. Due storici fiaschi e due straordinari capolavori coraggiosamente programmati dal 29esimo Rossini Opera Festival di Pesaro, ricompensato da uno dei suoi più meritati successi, in un operazione culturale per la quale l'abusato termine di evento una volta tanto si addice in assoluto. E un omaggio indiretto a quel San Carlo dove le due opere videro la luce, creazioni ripudiate allora come troppo difficili e troppo diverse, ma consegnate a un futuro che vi riconoscerà il prodotto più alto del settennio napoletano del loro autore. Se «Ermione» è riaffiorata in tutta la sua concisa, aspra violenza, altra è la «tinta» (come avrebbe detto Verdi) del «Maometto II», che rievoca accadimenti seguiti alla caduta di Costantinopoli ad opera del terribile sultano le cui delicate fattezze appaiono ritratte da Gentile Bellini. Ne sarà vittima la guarnigione veneta di Negroponte con Anna, figlia del provveditore, che ama, corrisposta, Maometto, ma che sceglie la morte per non tradire i suoi. Come Beethoven nella «Sinfonia Eroica», così in quest'opera la creatività rossiniana esplode in una grandiosità inventiva senza precedenti. Vediamo qui l'artefice delle forme che stavano già diventando patrimonio dell'opera italiana del primo Ottocento, assillato da un'ansia tutta moderna di «verità» drammatica che lo spinge a forzar la mano, sorpassando il librettista nelle sue proposte più audaci. Quanto la straordinaria partitura sembra rinunciare al fascino edonistico di pagine che avevano fatto il successo delle opere precedenti, tanto reinventa in ricchezza, novità e profondità di sentire musicale e drammatico. Tratti come quello che collega in un'ideale unità morfologica ed espressiva il primo e l'ultimo coro dell'introduzione al primo atto (manca la sinfonia, non ultima tra le innovazioni maturate nel settennio napoletano), collegamento che avviene tramite una palese affinità tematica, discendono dalle alte sfere di un far musica di cui Vienna non è stata esclusiva autrice. Già intrapreso in «Ermione» e poi nella «Donna del lago», questo orientarsi di Rossini verso strutture sempre più grandiose, congeste e audaci, raggiunge qui un titanismo che investe le forme tradizionali e le ingigantisce dall'interno; così un terzetto diverrà (parola del compositore) un «terzettone» inglobando una quantità di episodi drammatici che un altro operista avrebbe distribuito in varie scene e che Rossini collega audacemente con una tecnica che oggi si direbbe cinematografica. A differenza dell'allestimento di «Ermione», concepito nei termini di un moderno atemporale dai ritmi aspri e violenti, quello di «Maometto» proponeva una verosimiglianza storica di scene e di costumi, dovuti ad Alberto Andreis e a Chiara Donato, in sintonia con la regia realistica e qualche poco decorativa di Michael Hampe. Un ritorno a una tradizionale spettacolarità, dopo la crudezza della precedente tragedia greca, non senza qualche concessione al «politically uncorrect», con quella croce monumentale del campo veneziano, divelta e calpestata dai fieri Musulmani vincitori. Decisamente eccezionale la qualità della compagnia di canto, costituita nelle prime parti da Marina Rebeka, Daniela Barcellona, Michele Pertusi e Francesco Meli. Sul podio, Gustav Kuhn ha onorato le peculiarità di una partitura rossiniana atipica con una lettura fervida e vigorosa, sensibile, nella scelta dei colori e delle sonorità orchestrali e nel loro rapporto con le voci, alle non ordinarie soluzioni strutturali dell'opera, nella quale era lodevolmente impegnato il coro da camera di Praga.

Giovanni Carli Ballola

Ultima modifica il Lunedì, 22 Luglio 2013 11:08
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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