di Giuseppe Verdi
regia: Marco Carniti, scene: Carlo Centolavigna, costumi: Maria Filippi
direttore: Carlo Palleschi
con Emiliya Ivancheva Ivanovai, Giulio Boschetti, Alejandro Escobar
Orchestra e Coro del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto
Spoleto, Teatro Nuovo, dal 12 al 14 settembre 2008
Rigoletto
Una voce nel branco
SPOLETO - Renata Scotto sottolineava pochi giorni fa su queste pagine l'importanza della formazione degli interpreti lirici in Italia, patria del belcanto. Tra le nostre istituzioni che svolgono tale compito una delle più illustri è il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, fondato 62 anni fa, che ha lanciato artisti come Franco Corelli e Renato Bruson. L'altra sera al Teatro Nuovo in un'anteprima a inviti il pubblico ha accolto cordialmente il Rigoletto di Verdi, inaugurazione della stagione, interpretato nel ruolo di Gilda dal soprano Emiliya Ivancheva Ivanova, una delle vincitrici dell'ultimo concorso dello Sperimentale, e da altri giovani cantanti.
Tutte voci generose, anche se, chi più chi meno, ancora acerbe tecnicamente: ma spettacoli come questi servono, appunto, a sperimentarsi nella consapevolezza di dover migliorare. La Ivanova, voce poco corposa ma garbata, è una Gilda sicura nelle agilità e nei sovracuti; col tempo potrà acquistare maggiore intensità espressiva. Di Rigoletto, il baritono Giulio Boschetti tende a privilegiare gli aspetti rabbiosi un po' a scapito di quelli patetici e accorati; la sua prestazione è andata tuttavia in crescendo. La passione non manca al tenore Alejandro Escobar, il Duca, che però deve sistemare l'intonazione, spesso non limpida. Non male Ilia Popov (Monterone), Alexandar Stefanoski (Sparafucile) e Sabrina Bessi (Maddalena). Animata, garibaldina la direzione di Carlo Palleschi; per l'orchestra, da ricordare l'assolo di violoncello e contrabbasso nel duetto Rigoletto-Sparafucile; lodevole il coro.
La regia di Marco Carniti (scene di Carlo Centolavigna e costumi di Maria Filippi) ruota intorno alla maledizione lanciata a Rigoletto da Monterone facendo di quest'ultimo un deus ex machina che incombe sul protagonista, con una maschera che lo fa sembrare il "fantasma dell'opera" di Lloyd Webber. Soprattutto, il baricentro del Rigoletto viene spostato dalle passioni individuali a una dimensione sociale: protagonista diventa il branco, il gruppo selvaggio in cerca di una vittima. Già sul preludio, in uno squallido stanzone-dormitorio, un individuo viene preso di mira da una marmaglia di giovinastri. E' il destino che sarà di Rigoletto: infatti i teppisti, poi, si trasformano nei cortigiani del Duca (i costumi, sul grottesco, mescolano elementi tradizionali e moderni). L'idea ha un suo impatto ma spinge in secondo piano i sentimenti e i tormenti dei singoli, a cui Verdi teneva più che a ogni altra cosa. E lo sbigottimento per tanta ferocia prevale sulla commozione. Nel dettaglio, efficace la grata che chiude Gilda in casa come in prigione ma discutibili alcune trovate come il coro che fa mossette da musical su "Zitti, zitti" e il Duca che scrive "La donna è mobile" sulla schiena nuda di Maddalena. Si replica fino a domenica con Desirée Migliaccio, altra vincitrice del concorso, che si alterna alla Ivanova.
Un Rigoletto collegato a un'iniziativa insolita: i programmi di sala sono stati realizzati, dopo un'adeguata preparazione da parte dello staff dello Sperimentale, da detenuti del carcere di Spoleto, dove ieri mattina lo spettacolo è stato eseguito in forma di concerto e ridotta. Un modo intelligente di aiutare queste persone a valorizzare il tempo in cui pagano il proprio debito.
Alfredo Gasponi
Spoleto, trionfa il "Rigoletto" dei carcerati
Applausi mercoledì per la messa in scena del Lirico Sperimentale, nata dalla collaborazione con i detenuti della casa di reclusione della città umbra. Il cast il giorno successivo ha replicato l'opera in carcere
Quando compose il Rigoletto, Giuseppe Verdi stava uscendo dai suoi suoi "anni di galera", quelli in cui si era sentito "imprigionato continuamente a scribacchiare note" (tanto lavoro per magri risultati).
Finalmente vedeva la luce il primo, in ordine di tempo, dei suoi capolavori. E singolarmente proprio il Rigoletto, adesso, è finito in una galera autentica. Una sintesi dell'opera, si potrebbe dire in forma di concerto, è stata offerta dal vivo giovedì ai detenuti della casa di reclusione Maiano di Spoleto a una notte di distanza dall'anteprima dell'evento clou della 62° stagione del Lirico Sperimentale. Gli interpreti erano gli stessi, ma gli spettatori che affollavano un salone del penitenziario hanno potuto anche rivedere per intero l'opera nella registrazione eseguita la sera prima al Teatro Nuovo. L'iniziativa può essere sintetizzata dalle parole pronunciate o scritte da alcuni carcerati, e cioè che "una fonte d'arte ci puaiutare a cambiare" e addirittura, usando un termine non privo di suggestioni "ad evadere".
Quello fra il carcere e l'istituzione lirica spoletina è un rapporto anche più profondo e operativo. S è iriproposto infatti con questo Rigoletto il coinvolgimento dei detenuti già sperimentato l'anno scorso per una edizione della Bohème.
Allora ci si limitò ad usare i carcerati come fornitori di mano d'opera per realizzare scene o costumi: questa volta, sia pure confermando tutto ciò (e in particolare la collaborazione con la costumista Maria Filippi e con il responsabile della sartoria), essi sono stati fornitori anche di idee per la messa in scena. A giudizio del regista Marco Carniti proprio i carcerati offrono una chiave di lettura contemporanea all'opera, con una metafora della violenza in cui il protagonista, un debole, un diverso, è oggetto di mille umiliazioni da parte del "branco" che appare fisicamente in scena all'inizio e alla fine. Molto atteso per questa innovazione registica, il Rigoletto del Lirico va apprezzato anche nella sua componente musicale.
Dopo un avvio un po' sofferto, l'orchestra ha avuto un crescendo notevole, ben guidata da Carlo Palleschi, attento sia ai colori che agli slanci.
Vocalmente prevale il giudizio positivo sia per quanto riguarda la performance del coro diretto da Andrea Amarante che per i solisti. Tra essi spiccavano la Gilda di Emiliya Ivancheva Ivanova, timbro dolce e musicalità nel fraseggio e il Rigoletto di Giulio Boschetti.
Fisicamente fuori ruolo, perché atletico e porta la gobba come uno zainetto, egli è però gia a posto vocalmente, vigoroso nell'invettiva ed elegante nell'accento. Apprezzabile anche il Duca di Mantova di Alejandro Escobar, a parte qualche durezza negli acuti.
Virgilio Celletti