Melodramma in un prologo e tre atti di Giuseppe Verdi
Libretto di Francesco Maria Piave e Arrigo Boito
Simon Boccanegra Luca Salsi
Jacopo Fiesco Ain Anger
Paolo Albiani Roberto de Candia
Pietro Andrea Pellegrini
Amelia (Maria) Irina Lungu
Gabriele Adorno Matteo Lippi
Capitano dei balestrieri Haiyang Guo
Ancella di Amelia Laura Lolita Perešivana
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala | Maestro del coro Alberto Malazzi
Direttore Lorenzo Viotti
Regia Daniele Abbado | Scene Daniele Abbado, Angelo Linzalata | Costumi Nanà Cecchi | Movimenti coreografici Simona Bucci | Luci Alessandro Carletti
Nuova Produzione Teatro alla Scala
Milano, Teatro alla Scala, 21 febbraio 2024
Recuperare titoli lirici che sono entrati nell’immaginario collettivo, inscindibili ai nomi di coloro che li hanno portati sulle scene in tempi moderni, fa correre il rischio di evocare fantasmi e di creare una sorta di confronto tra passato e presente nella scena lirica italiana. Ma c’è l’esigenza di capire che non si vive solo di ricordi ma anche di aprire finestre sugli aggiornamenti interpretativi e musicali, rinfrescare un repertorio che altrimenti risulterebbe stantio. Certamente senza il contributo del Teatro alla Scala di Milano, Simon Boccanegra, la cupa e suggestiva epopea verdiana ambientata nella Genova del XIV secolo, potrebbe essere oggi meno conosciuta. E la memoria corre subito alla produzione diretta da Claudio Abbado negli anni Settanta e Ottanta, con la regia di Giorgio Strehler che ha permesso di radicare questa opera nel consolidato repertorio verdiano. Trama complessa per questa composizione riveduta e corretta da Verdi in tempi e modalità diverse, tratta da un dramma dello spagnolo Antonio Gutierrez, lo stesso che fornì materia per il Trovatore, come se storie intricate e fosche quasi fossero una sua caratteristica, quella di figli smarriti e ritrovati ma troppo tardi. Qui è la Genova medievale, che svela rapidamente una storia d’amore, tradimento e intrighi politici. Simone Boccanegra, corsaro al servizio della Repubblica, di ritorno nella sua città natale, riceve la tragica notizia della morte della sua amata Maria, in seguito alla scomparsa della loro figlia, anch'essa di nome Maria. In pochi istanti, si ritrova a ricoprire la carica di Doge, il capo dello Stato, in un turbine di eventi. La complessità della narrazione si infittisce man mano che Boccanegra naviga nella complessità delle lotte di potere tra patrizi e plebei. La sua incessante ricerca della pace e della riconciliazione in mezzo alle turbolenze politiche plasma i destini dei personaggi centrali dell'opera. La storia di politica, amore e senso del dovere coinvolge un doge che perde e riconquista una figlia e seda una rivolta mentre affronta la mortalità, il tutto in un contesto di identità sbagliate e amore proibito. Nella sua nuova produzione per il Teatro alla Scala, il regista Daniele Abbado adotta un approccio minimalista, optando per scenografie tendenzialmente spoglie, ornate da pannelli simili al cemento, che inquadrano lo spazio in varie forme. Elementi diversi, come un veliero o un albero per la scena del giardino nel secondo atto, sono introdotti strategicamente per identificare i vari luoghi. Le luci di Alessandro Carletti giocano un ruolo fondamentale, rimodulando lo spirito delle scene, con tagli tenui per evocare immagini come il riflesso della luna sul mare. Grande cura dei movimenti nelle scene di folla, meno dettagliati i movimenti dei ruoli principali, spesso affidati a gesti generici. Tuttavia, la regia complessiva rimane piacevole dal punto di vista estetico. Sul podio, Lorenzo Viotti, talentuoso direttore svizzero alla guida del suo primo Boccanegra. Viotti spreme fino all’ultimo a partitura, ricavandone l'intensità e il dramma insieme all'eccezionale orchestra scaligera. La lettura scorre con fluidità e al tempo stesso è carica di tensione, e attento a ogni dettaglio. Attenzione alla musica che causa qui e là, il respiro tra buca e cantanti, che a volte sembrano faticare ad emergere dalla trama orchestrale. Ciononostante, il risultato entusiasma, specialmente nella tetra scena conclusiva dell’opera che ha visto una perfetta sintonia tra orchestra e cantanti. L'interpretazione di Luca Salsi nel ruolo del titolo, trasmette magnificamente l’umanità di Boccanegra, cogliendo il suo profondo affetto per la figlia e persino l'empatia verso i suoi avversari. Particolarmente toccante il suo appassionato appello alla pace e all'amore in mezzo al caos della scena della Sala del Consiglio. Il canto di Salsi tende sempre ad una linea di drammatica declamata ma gli fa aggio l’ampia escursione della sua gamma vocale che gli permette di sostenere filati e momenti di ampia cantabilità. Gabriele Adorno, l'amante di Amelia, è interpretato da Matteo Lippi, tenore che sprigiona una natura eroica e tenebrosa, forse eccessivamente intensa nella sua prima aria, che nasce come una serenata. Diversamente, brilla nell’aria del secondo atto, dove il suo entusiasmo giovanile colpisce la platea. A sostituire Anita Harting, che doveva essere titolare del secondo cast, Irina Lungu, che porta in scena una genuina Amelia, ma non ha il carisma sufficiente per penetrare nell’esecuzione. Alcuni acuti risultano senza colore e i gravi non passano. Il pungente Paolo Albiani di Roberto de Candia, spicca per la sua naturale cattiveria, musicalità impeccabile e legato elegante. Molto meno efficace l’interpretazione di Ain Anger nel ruolo di Fiesco, il timbro scuro c’è ma risulta poco espressivo e manca di raffinatezza e solennità. Buone le prestazioni di Haiyang Guo (capitano dei balestrieri) e Laura Lolita Perešivana (ancella di Amelia), allievi dell’Accademia di perfezionamento per cantanti lirici del Teatro alla Scala. Ottima, altamente caratterizzata, equilibrata e fondamentale la prestazione del coro. A fine spettacolo, un pubblico particolarmente entusiasta e caloroso, tributa i dovuti applausi agli artisti Federica Fanizza