Dramma in quattro atti e otto quadri
Libretto di Salvadore Cammarano e Leone Emanuele Bardare da El Trovador di Antonio García Gutiérrez
Musica di Giuseppe Verdi
Direttore Fabio Luisi
Regia Francesco Micheli
Regista collaboratore Paola Rota, Assistente regista Erika Natati
Scene Federica Parolini, Assistente scenografo Eleonora De Leo
Costumi Alessio Rosati,
Assistente costumista Giulia Giannino
Light designer Daniele Naldi,
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Leonora Jennifer Rowley, Manrico Piero Pretti, Conte di Luna Massimo Cavalletti,
Ferrando Gabriele Sagona, Ines Alessandra Della Croce,
Ruiz Gyuseok Jo, Un vecchio zingaro Nicolò Ayroldi
Firenze, Maggio Musicale Fiorentino dal 13 al 22 Settembre 2018
Visione, visionarietà. Insiemistica della mistica lirica. Passaggio di tempi spesso onirici. E' fondamento quindi dell'opera rispondere a tali azioni, a tali mosse per essere poi coerente con il pensiero lirico? Ebbene Giuseppe Verdi in scena a mò di Mimmo Cuticchio, narra il suo Trovatore come un'opera disperata, senza un tempo determinato ma con un'anima ben che profonda. E' Francesco Micheli che disegna la sua anima interiore del Trovatore. Una luce insperata nel torbido profondo inconscio dei topoi. Eroici personaggi di un'epoca già vissuta. Marionette tirate da un destino che spesso non si comprende. E l'amore su tutto. L'amore sentimento talmente profondo, viscerale e infero che forse, solo forse l'animo verdiano in qualche modo poteva portarlo ad una sorte di luce. Ed è così che si dipana il dramma di Manrico, di Leonora, di Conte di Luna di Azucena. Madre, madonna, Wanda Osiris. Gira su un altare votivo quasi, con tanto di candele o di luci giustiziere. Non si sa Micheli cosa ci vuol narrare. Ma è certo che come le marionette sono le bambole. Fili pendenti di una geografia curiosa, scarna, quasi donchisciottesca. E chissà quando Verdi pensò il Trovatore, opera fra le 3 cosiddette popolari, la più cruente e vicina al grand gougniol cosa pensava. Cosa sperava. Tanto da portarla in Francia e non solo. Certo è un'opera del destino, atroce, mistica quasi. Fabio Luisi sa dirigere con fermezza e romanticismo disperato il dramma verdiano. L'Orchestra del Maggio è una delle migliori ascoltate in questi tempi di messe in scena liriche. I colori, la tempra, le luci dei suoni. Dinamiche per poter portare alla luce quell'infero desiderio di futuro. Diviso fra maschile e femminile. Materno. Ed è così che Jennifer Rowley è anch'essa Medea, uccisa dalla sua folle disperazione d'amore. Piero Pretti spinge la sua passione nel rendere Manrico inossidabile davanti a tanta folle passione. Massimo Cavalletti è il Conte di Luna, l'unico che non capisce e lui canta cercando di comunicare il disagio di un personaggio difficile, molto difficile. Madre e padre di se stesso. Incatenato quindi. Olesya Petrova è la madonna Azucena, perfetta nel livore del tempo, dell'archeologia del dolore conservato sotto spirito. Ed è così fra balli, martelli, zampate di leoni, sospiri d'amori mai sopiti che anche quest'altra intrusione di Micheli riesce a spaccare l'auditorio, come Freddie Mercury a volte eccessivo a volte molto concreto. E' questo Trovatore incredibilmente giovane a dispetto di tanta memoria spesso infelice e mai diversa dal narrare la solita canzone d'amore.
Marco Ranaldi