di Giacomo Puccini
opera in forma di concerto
Orchestra, Coro e Voci Bianche
dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
direttore Daniel Harding
maestro del coro Andrea Secchi
maestra del coro di voci bianche Claudia Morelli
Floria Tosca, celebre cantante (soprano) Eleonora Buratto
Mario Cavaradossi, pittore (tenore) Jonathan Tetelman
Il barone Vitellio Scarpia, capo della polizia (baritono) Ludovic Tézier*
Cesare Angelotti, un prigioniero politico evaso (basso) Giorgi Manoshvili
Il Sagrestano (basso) Davide Giangregorio
Spoletta, agente di polizia (tenore) Matteo Macchioni
Sciarrone, gendarme (basso) Nicolò Ceriani
Un carceriere (basso) Costantino Finucci
Pastorello (voce bianca) Alice Fiorelli prima esecuzione
Pastorello (voce bianca) Vito Bondanese seconda esecuzione
prima esecuzione nei concerti dell’Accademia di Santa Cecilia
dal 21 al 26 ottobre 2024
Tante volte si è scritto, detto, indagato sul fatto che Puccini fosse un sinfonista. Un vero sinfonista che avesse come suoi riferimenti compositori come Jules Massenet innanzitutto e Giuseppe Verdi. E poi nel tempo Gustav Mahler e Richard Strauss. Ma spesso è lecito chiedersi se Puccini avesse preso la strada del sinfonista puro, ovvero scevro dalla scena lirica, cosa avrebbe potuto lasciare alla memoria della cassa dei suoni infiniti. Ebbene un esempio di come la musica di Giacomo Puccini possa essere “sinfonica” lo ha dato Daniel Harding al suo debutto a Santa Cecilia a Roma come direttore della migliore compagine orchestrale italiana. Succede ad Antonio Pappano che ha creato il “sound Pappano” dei ceciliani. E proprio in virtù di quello che Pappano ha fatto, il segno più concreto è quello di iniziare la stagione del complesso di Santa Cecilia con la versione scenica di Tosca di Giacomo Puccini. Impresa alquanto coraggiosa. E’ vero che nel recente passato anche Pappano aveva portato sul palco dell’Auditorium di Santa Cecilia nel 2022 la Turandot dopo l’incisione discografica per la Warner. Ma è altra cosa portare Tosca senza l’ausilio delle scene e di tutto l’apparato teatrale ad esso connesso. Dunque Harding in qualche modo osa li dove neanche Pappano aveva osato. Portare l’opera più intensa, spettacolare, popolare di Puccini in forma di concerto. Ecco questo è il segno della continuità. E Harding non ha smentito l’impegno presentando un capolavoro come è Tosca in una visione acustica assolutamente inedita. Perfetta. Anche se in giro si sono lette critiche e critiche come sempre atte non tanto a comprendere l’azione musicologica fatta da Harding ma sono lettere scritte senza avere chiarezza dello spettro sonoro pucciniano mai sentito come nella versione di Harding. Ergo come sempre in Italia la critica musicale, soprattutto quella lirica, dimentica l’afflato musicologico di esecuzioni che cercano proprio di far ascoltare il nuovo di Puccini. Dunque cosa è la Tosca di Harding? Un capolavoro. Un piacere enorme. La sua esecuzione romana ha messo talmente tanto in evidenza come Puccini fosse non solo sinfonico d’idee e formazione ma mortalmente romantico in quella che è l’opera più dissacrante del suo operato. Già perché non si era mai visto che un compositore italiano prendesse da un drammaturgo francese, Victorienne Sardou, un testo che fosse aspramente critico contro la chiesa romana innanzitutto e che mettesse in luce i limiti morali degli italiani. All’ombra di una pagina reale della storia risorgimentale della nazione. Puccini scava nella fossa del delirio inscenato da Sardou a favore della Bernhardt e scova come l’ancestrale desiderio distruttivo umano possa essere spettacolare. Lo fa da grande indagatore dello spirito. Lo fa usando una musica mai sentita prima talmente erotica nel senso più profondo del termini. Tosca è un trattato della perversione umana, del delirio dei sensi e delle passioni. Scarpia è sia il diavolo che il redentore di se stesso. Tosca non è la vittima e non è neanche la carnefice, è la Giovanna d’Arco del tempo romantico. Una eroina che diventa talmente oggetto erotico da indurre Puccini ad usare una scrittura che travalica tanto addirittura quello che farà Strauss con Salome. Insomma un vero capolavoro. Dopo un’opera di sicura presa e dramma condito d’umana morte come la Boheme. E dopo ci sarà la tragica Madama Butterfly sorella maggiore di Turandot e di Minnie. Insomma un mondo incredibile che Puccini mette in scena per il popolo romano. Alla prima del Costanzi del nuovo secolo XX. Orbene sappiamo che nel corso del tempo cosa ha prodotto questa opera. Nel mondo. Ma cosa produce ora la versione di Harding è da manuale. Da far rimanere nella memoria della applicazione sonora. Senza scena appunto. Già che Harding ridimensiona proprio il senso del tempo, cercando non tanto di rallentare ma spingendo sul suono. Dando così l’idea di trattenere il suono. La sua operazione è brillante e drammatica al contempo. Egli legge Puccini come se fosse Beethoven affetto da Verdi. Insomma una sintesi bionica di anime musicali. Ebbene il vero miracolo sta nel fatto che finalmente le voci si sentono come voci d’orchestra e non come il contrario. Finalmente si comprende come ogni personaggio di questa opera sia infine una voce dell’orchestra Tosca. E già perché Puccini ha ben presente che se vuole apportare all’opera lirica una sostanziale modifica, deve farlo come se fosse egli stesso spettatore di una sinestesia. Appunto sinestesia. Ebbene nell’esecuzione di Harding è ben evidente tutto ciò. Il cast allineato all’idea di Harding regge molto bene. A volte però il tenore Tetelman calca un pochino sul suo Cavaradossi che però non è Scarpia e non è neanche Marcello. Il suo cantare serve a far capire come forse si cantava all’epoca di Puccini ma alcune perdite acustiche non sempre hanno reso chiaro il suo intento. Lo stesso dicasi per Tezier, francese come Sardou. Lui sa comprendere che quella di Roma non è una messinscena ma un concerto e quindi interpreta il suo ruolo come se stesse cantando i Gurre Iieder di Schoenberg. Mentre la Buratto sa di essere in una scena concertistica e quindi la sua interpretazione di Floria Tosca è sublime. Dramma per voci e orchestra quindi. Certamente. Finalmente è possibile cogliere come Puccini usasse l’orchestra non a sostegno dei cantanti ma come entità di sonorità ben concepite e condotte in un senso alto della musica. Non è casuale che Tosca porta in se il germe del nuovo secolo e nasce nel nuovo secolo, quello breve , quello delle guerre. Insomma pensiamo che l’operazione di Harding sia stata più che importante. Fatta non bene, benissimo. Ci dispiace per coloro che si sono annoiati ma forse sarebbe ora che come succede nel nord Europa anche in Italia si possa sentire l’opera senza scena e con l’importanza della sinfonica scrittura di molti compositori. Che dire dell’orchestra e del coro. Null’altro se non che sono stati ottimi nel far comprendere alle persone cosa scriveva Puccini e come il suo mistero di incredibile innovatore proprio in Tosca è talmente evidente da diventare popolare. Nel senso migliore del termine. Nel contesto anche gli altri cantanti sono ben rientrati nella visione di Harding. Siamo convinti molto che questo direttore inglese possa fare molto bene alla musica italiana. Egli sa cosa significa il rispetto dei testi, sa cosa significa arrivare ai significanti della musica. Come se fosse un direttore d’orchestra musicologicamente essenziale e sapiente. Anzi non come se fosse, lo è! Marco Ranaldi